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Crisi migranti a Calais: 14 ragioni che spingono queste persone a rischiare le loro vite per richiedere asilo in Gran Bretagna

Louise Ridley, The Huffington Post UK del 29 luglio 2015

I tentativi effettuati da migranti disperati che cercano di raggiungere la Gran Bretagna attraverso il porto francese di Calais hanno raggiunto un nuovo picco, con i caotici scenari di centinaia di persone che questa settimana si sono ripetutamente precipitate nel Tunnel della Manica.
Oltre 1.500 persone hanno cercato di salire su treni e camion martedì notte, e mercoledì un uomo è stato schiacciato ed ucciso da un camion nella calca mentre cercava di salire sotto un treno, secondo quanto riportato dalla polizia francese.

E’ la nona vittima di quest’anno a Calais, dopo che lunedì 2.000 persone hanno cercato di accedere al Canale, solo una settimana dopo il ritrovamento del corpo di un adolescente sulla cima di un treno dell’Eurotunnel.

Per raggiungere il Tunnel della Manica, i migranti devono attraversare a piedi un’autostrada, arrampicarsi sulle barricate o aprirsi un varco attraverso di queste, e infine saltare su camion o vagoni merci. Eurotunnel riporta di avere bloccato più di 37.000 di questi tentativi a partire da Gennaio.
Questi mortali tentativi di raggiungere l’Inghilterra non sono certo una novità – è da anni che vengono effettuati.
Tuttavia gli esperti indicano una serie di fattori che hanno causato negli ultimi dodici mesi un aumento globale dei migranti “senza precedenti dall’epoca della II Guerra Mondiale”, che ha causato una vera e propria “tempesta perfetta” alle porte dell’Inghilterra.

1. Non è per l’Inghilterra in sé

Secondo gli esperti intervistati dall’Huffington Post UK, i fattori che spingono queste persone a nascondersi sui camion per raggiungere la Gran Bretagna hanno poco o nulla a che fare con l’Inghilterra in sé. Con i conflitti che stanno nascendo nel mondo, i migranti possono certo essere tanto disperati da voler raggiungere il nostro paese, ma la situazione della Gran Bretagna non è in alcun modo speciale – infatti, spiega Jan Brulc, portavoce di Migrants’ Rights Network, sono molte di più le persone che cercano asilo in altri Paesi. Quella manciata di migranti che in una giornata riesce a raggiungere la Gran Bretagna attraverso il Tunnel della Manica non è che una parte di un problema globale, molto più ampio.
“Dobbiamo tenere ben presente che ogni anno la Germania accoglie oltre 100.000 richiedenti asilo mentre la Gran Bretagna soltanto 20.000” dice “Non tutti i richiedenti asilo cercano di fare domanda in Gran Bretagna. Quelli che lo fanno, di solito è perché o hanno già parenti lì e credono quindi che sarà più facile per loro ricostruirvi le loro vite, o perché sanno parlare inglese”.

2. Calais è soltanto un sintomo

Negli ultimi anni, fuggire da situazioni di guerra è diventato la causa principale della migrazione diretta in Europa, come dice Brulc: “Il conflitto in Siria va ormai avanti da anni, la situazione in Afghanistan e in Iraq non è ancora sicura: la gente si sente in pericolo. E non dimentichiamoci della situazione in Eritrea.”
Cosa sta accadendo in questo momento a Calais è soltanto una manifestazione di queste crisi in Medio Oriente e Africa, dice Andrej Mahecic, portavoce dell’UNHCR, l’agenzia delle Nazioni Unite per I rifugiati. Attualmente 59,5 milioni di persone sono dislocate nel mondo, un fenomeno che lui descrive come “il più grande dislocamento dalla II Guerra Mondiale”.
I migranti di Calais non sono più alla ricerca di una “vita migliore” in Gran Bretagna, ma stanno solo cercando di fuggire da abusi e violenze, dice Mahecic.
La quota di rifugiati siriani è schizzata alle stelle lo scorso anno: ben il 33% degli arrivi in Europa l’anno scorso erano siriani. Un altro 18% erano eritrei, di cui molti fuggivano dai lavori forzati e dalla tortura in vigore in quel Paese.
“Negli anni scorsi, il flusso migratorio si caratterizzava per essere causato da altre ragioni, come ad esempio il desiderio di migliorare la propria qualità di vita e la ricerca di nuove opportunità. E’ evidente però che i migranti provengono da Paesi in situazione di conflitto, dove quindi la spinta (ad emigrare) è incredibilmente forte. Non è questa una crisi causata dai trafficanti, ma da fattori di larga scala in Medio Oriente e Africa.”
Dei 100.000 rifugiati che sono arrivati in Grecia quest’anno, il 61% è siriano e il 21% afghano, dice Mahecic. “Solo queste due nazionalità costituiscono l’82% di tutti gli arrivi, e ciò dice molto della nuova natura del movimento migratorio.”

3. La catastrofe Siriana

Se volessimo riassumere la crisi mondiale dei migranti in una sola parola, questa sarebbe “Siria”. “La combinazione di fattori che hanno causato questa ‘tempesta perfetta’ coincide prima di tutto con l’ininterrotto conflitto siriano, che ha ucciso oltre 220.000 persone”, dice Mahecic.
Secondo Mahecic, il devastante conflitto che dura in Siria da ormai quattro anni ha fatto sì che oltre metà della sua popolazione – 11 milioni di persone su 20 – sia ora o un rifugiato o sia comunque stato trasferito lontano da casa. “Questo significa che in Siria una persona su due è in una situazione di dislocamento”, aggiunge.
Nel momento in cui i rifugiati giungono in Europa alla ricerca di una nuova casa, è quindi naturale che si spingano fino a Calais, porta d’accesso alla Gran Bretagna, per quanto paesi come Germania e Francia siano preferiti.

4. I Paesi confinanti con la Siria non riescono a fare fronte all’emergenza

L’immenso numero di persone che stanno lasciando la Siria – quattro milioni, e il flusso non si arresta ancora – sta creando un’intensa pressione sui Paesi vicini come Turchia, Libano, Giordania e Iraq. “Ciò sta portando i paesi confinanti, che ne avevano sostenuto l’impatto, ad un punto di rottura. Non riescono più ad offrire infrastrutture, servizi e lo spazio di protezione per i rifugiati siriani”, dice Mahecic.
La Turchia ospita il più alto numero di rifugiati del mondo: almeno 1,59 milioni di persone, secondo l’UNHCR. Questo crea un’eccedenza di persone che non riescono più ad essere assistite nei Paesi immediatamente confinanti con la Siria, e che quindi si spostano verso altri Paesi, tra cui la Gran Bretagna.

5. Il crollo della Libia

“(Altro fattore), il crollo della legge e dell’ordine che è avvenuto in Libia l’anno scorso”, dice Mahecic.
Il paese che vacilla sull’orlo della crisi economica e dell’illegalità, un calo delle entrate derivanti dal petrolio ed anni di lotte per il potere politico, sono tutti fattori che hanno causato un aumento di migranti in fuga da una situazione di terribile violenza e che hanno riportato in Siria per la seconda volta persone che erano già riuscite a raggiungere la Libia, spesso passando per l’Europa via Grecia o Italia e affrontando pericolosi viaggi nel Mediterraneo.

6. Nessuna accoglienza per i rifugiati siriani in Egitto

La situazione dei siriani che fuggono dal conflitto è inoltre “stata soggetta a profonde trasformazioni in Egitto” dice Mahecic, dopo l’introduzione l’anno scorso di un regime molto meno bendisposto nei loro confronti. Dopo l’elezione del presidente egiziano Abdel-Fattah el-Sissi, molti rifugiati siriani stabiliti in Libia si sono sentiti obbligati a fuggire. “Non possono più stare qui dato il modo in cui vengono percepiti, perseguitati e imprigionati”.

7. La Grecia è al limite

La Grecia – tormentata dai propri problemi finanziari e di occupazione – è ora l’epicentro per i migranti che attraversano il Mediterraneo da Paesi come la Siria. Oltre 100.000 persone sono arrivate in Grecia quest’anno.
Molti adesso scelgono di procedere fino a Paesi quali la Gran Bretagna proprio perché la Grecia e gli altri paesi confinanti del Mediterraneo non riescono più a fare fronte a questi numeri. Dice Brulc: “Nel momento in cui entrano in Europa, i migranti devono richiedere asilo politico nel primo Paese (in cui entrano), che sarà responsabile della loro richiesta. Alcuni di questi, però, scelgono di (non dichiararsi alle autorità e) proseguire il loro viaggio perché il sistema non funziona e Grecia e Italia non riescono a gestire tutte le domande che ricevono.”
La pressione sta continuando ad aumentare: il 2014 ha visto l’arrivo di 219.000 migranti che hanno raggiunto l’Europa via mare, il più alto numero di sempre. Il 2015, secondo l’UNHCR, ha visto un ulteriore aumento.

8. L’Europa ha altre priorità in materia d’immigrazione

L’Unione Europea ha da sempre visto le problematiche di Calais come “un problema che devono risolvere Gran Bretagna e Francia” e che avrebbe potuto accrescere la crisi, dice Brulc.
I migranti nel Mediterraneo sono il focus principale dell’Unione Europea, dice, nel cercare risposte alla crisi umanitaria, come i tentativi di spezzare la rete di trafficanti e il programma di ridistribuzione delle “quote migranti” nei Paesi membri. Effettivamente, questi tentativi di spostare i migranti lontano da questi punti caldi può avere aumentato la pressione su Calais, nota Brulc, il quale aggiunge anche che “l’Unione Europa deve farsi avanti e dedicarsi a quanto sta accadendo ai suoi confini.”
“C’è il rifiuto di dividere le responsabilità tra i vari Paesi membri, in modo che anche i Paesi che non sono nelle zone di confine accolgano un maggior numero di richiedenti asilo alleviando quindi la pressione che si sta accumulando in Grecia e Italia” dice “Questa sarebbe un’ottima soluzione, e potremmo vedere qualche svolta.”

9. Calais è una ‘zona calda’

“Perché Calais?” chiede Brulc. “Calais è una ‘zona calda’, è il sintomo del fallimento dell’Unione Europea nel gestire la crisi nelle sue zone di confine. “Questo porto è una via di accesso naturale alla Gran Bretagna, che offre trasporti affidabili e il tragitto più breve.”
Calais, tuttavia, non è altro che una delle tante mete di migrazione nel mondo. “Calais non è assolutamente l’unico luogo in cui troviamo così tanti migranti” sottolinea Brulc. “Ci sono la Grecia, sulle isole e ad Atene, e in Sicilia c’è Lampedusa. Questi sono i punti dove arrivano i migranti.”

10. Gli accampamenti dei migranti sono in fase di sgombero

La polizia francese ha effettuato numerosi raid negli accampamenti dei migranti a Calais, che costituiscono parte della battaglia che la Francia sta combattendo per gestire il costante aumento di persone provenienti dal Mediterraneo, tra cui le 140 che erano state già allontanate a Giugno. Queste misure di polizia potrebbero determinare “un’ulteriore motivo di urgenza per coloro che (a Calais) sono convinti della necessità di provare a entrare in Gran Bretagna prima possibile”, dice Brulc.

11. Con parte dell’Europa in frantumi, la Gran Bretagna offre speranza

Per quanto gli esperti sottolineino che la Gran Bretagna sia una prospettiva meno allettante rispetto a molti altri Paesi, Brulc sostiene che la graduale ripresa della nostra economia dalla recessione sia un motivo d’attrazione: “L’economia inglese sta andando alla grande, e quindi i migranti pensano possa essere più facile per loro trovare lavoro. Londra è un motore, una forza trainante, mentre in Grecia e in Italia, semplicemente, non c’è lavoro per nessuno.”

12. La Gran Bretagna pattuglia i propri confini

Uno dei motivi che spingono i migranti ad affrontare questi tremendi rischi a Calais è il fatto che la Gran Bretagna non fa parte della cosiddetta area Schengen – 26 Paesi Europei che condividono il trattato sulle frontiere. I migranti possono spostarsi tra questi Paesi e richiedere asilo senza essere fermati dalla polizia di frontiera, mentre quella della Gran Bretagna è presente a Calais controllando i documenti e impedendo a migranti clandestini di raggiungere il Paese – col risultato che molti accettano soluzioni disperate come saltare sui camion e aggrapparsi ai treni.

13. Ed è davvero difficile riuscire ad entrare

Le migliaia di persone che assaltano treni e camion a rischio della propria vita sono in qualche modo il riflesso di quanto sia difficile riuscire a entrare in Gran Bretagna.
Dice Brulc: “Le misure di sicurezza a Calais sono veramente severe. Credo che le persone dovrebbero avere ben chiaro di che cosa si tratta. Ci sono recinzioni dovunque, sono stati fatti grandi investimenti per la sicurezza.”
Le misure includono tra l’altro il nuovo cosiddetto “National Barrier Asset”, una recinzione ad alta sicurezza lunga due miglia e mezzo, e avanzati sistemi di rilevamento che riescono a percepire l’atto del respirare sui camion, entrambi parte del pacchetto di sicurezza da 15 milioni di Euro.
“Non si tratta semplicemente di persone che camminano su un binario e saltano su un treno. E’ molto difficile raggiungere la Gran Bretagna, attraverso tutti questi controlli di sicurezza che con cani e raggi-x ispezionano i veicoli. E’ un’operazione estremamente sofisticata con cui si cerca di impedire a queste persone di entrare in Gran Bretagna.”

14. Ma la sicurezza non è abbastanza

Non importa quante recinzioni e quanti sistemi di sicurezza vengano usati, la situazione a Calais non migliorerà comunque fino a quando i governi non si occuperanno del problema generale del dislocamento dei migranti, dice Brulc.
“Credo che nessuno a questo punto sia convinto che le misure di sorveglianza e controllo delle frontiere possano risolvere le problematiche a causa delle quali queste persone si trovano a Calais, e che sono il punto su cui i governi avrebbero davvero bisogno di focalizzarsi.”