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Da Schio alla rotta balcanica: racconto dell’esperienza della staffetta solidale

Per un canale umanitario dignitoso

Alcuni la chiamano Fortezza Europa. A noi invece è sembrata una massa informe che continuamente cambia le sue regole ed i comportamenti in merito all’emergenza migratoria. Quando, con la staffetta #overthefortress, siamo partiti da Schio verso la rotta dei Balcani non pensavamo di trovare una situazione così caotica, sebbene le notizie arrivate fino ad allora non fossero entusiasmanti.
Il flusso continuo di Persone e il dato epocale che questa migrazione porta con sé è stato fin da subito chiaro. Meno chiara, invece, la gestione di tale flusso. Ciò che abbiamo appurato, infatti, è stata la disorganizzazione delle istituzioni ufficiali, degli Stati Nazionali (che sempre più, si stanno ricollocando nel loro vecchio ruolo “egemone” di difesa dei propri confini) e del Vecchio Continente nell’approccio ad un’Accoglienza Degna. Il caos la fa da padrone.

Partiamo proprio dalla Dignità, che, secondo noi è un carattere fondamentale che riconosciamo e che appartiene alle migliaia di Persone in transito lungo i paesi balcanici, che però non viene assunta ne messa in pratica nell’organizzazione e gestione della prima accoglienza.
Dalla Serbia alla Slovenia, passando per la Croazia, fino ad arrivare in Austria lungo le linee di confine, si sono allestiti svariati campi di smistamento e identificazione, in cui i migranti vengono convogliati quasi fossero pura merce economica. A colpirci, l’immagine delle file interminabili di Donne e Uomini. Giovani ed anziani. Donne e Uomini con bambini in braccio o per mano. Donne incinte. Bambini ignari, sorridenti, in lacrime o con lo sguardo perso, a chiedersi forse il perché di quei militari con le armi. In attesa di schedatura, quando un nome già gli appartiene. File che non abbiamo avuto il permesso di raggiungere, perché vietato parlare con loro sebbene siano persone libere e non prigionieri.

Proprio da questi campi giungono le notizie degli episodi più duri e inaccettabili che quotidianamente avvengono lungo la rotta dei Balcani.
Da queste strutture, per la maggiore gestite da esercito e polizia, non si lasciano trapelare notizie e non è per nulla facile accedervi. Basti pensare che persino ai volontari registrati, e quindi autorizzati ad entrare, non è consentito parlare con i migranti che arrivano e pochi riescono a dare qualche informazione in più.
Questa militarizzazione, questo clima di chiusura da parte di quasi tutti gli enti gestori e “responsabili ” può solo far supporre che le condizioni interne ai luoghi di smistamento e di alloggio siano in molti casi fin troppo gravi e inadeguate. Un ultimo esempio di questa inadeguatezza sono i video che ci giungono dal confine sloveno-austriaco dove migliaia di persone continuano ad arrivare e ad essere trattenute nel campo di Sentilj. Qui, nella notte dell’11 Novembre sono state scavalcate le recinzioni di contenimento, atte a bloccare il transito al confine. Altri disordini avvengono con una costanza molto preoccupante, in tutti i territori attraversati dalla rotta dei migranti e questa tensione viene alimentata, almeno ai nostri occhi, dalla becera politica di non gestione dell’emergenza.
Come scrivevamo in un nostro report, tutti gli scenari con questo clima sono possibili: da quelli più immediati di un ulteriore innalzamento della tensione, alla deviazione forzata della rotta dei migranti, anche, e forse questo è il dato che ci riguarderà di più, verso l’Italia (basti pensare al filo spinato degli ultimi giorni, eretto al confine sloveno con la Croazia e ai primi arrivi nel triestino).

Osservando le dinamiche dei trasferimenti dei rifugiati, risulta evidente che la mancanza di canali umanitari, sicuri e organizzati secondo dei criteri capaci di agevolare il loro cammino, sta rendendo questi spostamenti difficili ed umilianti.
La situazione che abbiamo potuto osservare, ci lascia pensare ad un flusso ininterrotto di migliaia e migliaia di esseri umani, con continue partenze, ma anche arrivi.
Dopo quattro giornate trascorse lungo la Balkan Route (confine croato, confine sloveno e austriaco), siamo riusciti, una volta giunti a Gornja Radgona a visitare uno dei Campi attraversato dalle migliaia di Persone in viaggio.
La differenza che balza subito agli occhi, rispetto ai campi visti nei giorni precedenti dove la gestione era totalmente in mano all’esercito e alla polizia , è la scarsa militarizzazione dell’area.
A dirigere quello di Gornja Radgona è la Protezione Civile slovena e anche per questo non è stato difficile accedervi a edificio vuoto, una volta che tutti i migranti sono stati condotti fuori e fatti ripartire verso il confine. Si evidenzia sempre più quindi, come le condizioni siano variabili in base a chi ha la gestione effettiva dei vari campi.
Sid, Tovarnik, il nuovo campo di Slavonski Brod, Sentilj e Spilfield ed infine Gornja Radgona e Bad Radkersburg, sono solo alcune delle tappe obbligatorie che fanno parte di un percorso fortemente sorvegliato ed ormai obbligatorio per tutti i migranti. Il transito di queste Persone assomiglia molto, purtroppo, ad uno spostamento merci che fa si che i luoghi di “accoglienza” diventino vere e proprie basi logistiche con la conseguente accelerazione delle procedure burocratiche e di identificazione. Qui, gli uomini diventano numeri, cifre sempre più alte, da smaltire sempre più velocemente.

Anche se con tutti i suoi limiti e con una connotazione negativa a causa dei controlli troppo rigidi ed una militarizzazione opprimente, possiamo dire che esiste un percorso che permette il transito dei migranti lungo la rotta balcanica. Rispetto a quando le destinazioni dei migranti erano nebulose e incerte, abbiamo verificato che viene loro garantita la possibilità di attraversare i paesi balcanici per ora.
Ma le domande che ci sorgono spontaneamente sono: in che modo e in quali condizioni viene garantito il transito?
Questo tipo di “canale umanitario” ci sembra essere l’unico possibile?
Vogliamo davvero che queste siano le condizioni alle quali, chi decide di emigrare, debba attenersi senza alternativa alcuna?
Siamo convinti che questo transito, questa via di passaggio, non possa sottrarsi dal garantire dignità e diritti e che debba quindi ridefinirne il proprio apparato organizzativo, trovando la capacità di collaborare anche con tutte le realtà di mutuo soccorso e di volontariato che sono presenti e che operano al di fuori degli ambiti istituzionali.

Crediamo infine che ora più che mai ci si prospetti davanti la possibilità di scardinare, con la complicità di questo flusso epocale di Persone in movimento, il concetto di diversità che purtroppo è ancora forte in molti stati europei e che vede la classificazione di persone di serie A e persone di serie B, persone con diritti e persone che si vedono negare invece tutto “a causa” della provenienza geografica. Un concetto questo, da abbattere partendo proprio da un’Accoglienza Degna.

Zan, Martina, Matteo, Jacopo staffetta #overthefortress
Csa Arcadia – Schio

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