Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Decreto Flussi – Per i cittadini dei Paesi che entreranno nell’U.E. valgono norme diverse?

Si premette che il 16 aprile 2003 è stato firmato ad Atene il Trattato di adesione che porterà 10 paesi (Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia e Repubblica Slovacca) a diventare membri dell’Unione europea a partire dal 1 maggio 2004.
Il Trattato definisce i termini, e le modifiche che dovranno essere apportate al fine di rendere effettiva la partecipazione dei nuovi Stati e diversi e importanti sono stati i capitoli oggetto di negoziati. In particolare il capitolo relativo alla “Libera circolazione delle persone” deve considerarsi come uno dei più importanti considerato l’ impatto immediato dello stesso sulla vita dei cittadini ed è articolato in quattro aree che sono: la libera circolazione dei lavoratori, i diritti dei cittadini, il mutuo riconoscimento dei titoli di studio e il coordinamento della sicurezza sociale.
L’evidenziata delicatezza dell’argomento ha richiesto l’adozione di misure speciali e di provvedimenti transitori in vista dell’allargamento. In particolare per quanto concerne la libera circolazione dei lavoratori subordinati (artt. 39 – 42 TCE) si è previsto che, per un periodo transitorio minimo di due anni successivi all’allargamento, ognuno degli Stati membri potrà non applicare nei confronti dei cittadini dei Paesi attualmente candidati le norme europee sulla libera circolazione dei lavoratori ed applicarne invece di nazionali eventualmente (ma non necessariamente) più restrittive.
Al termine dei primi due anni successivi all’adesione, la Commissione dell’Unione europea presenterà una relazione sulla base della quale il Consiglio verificherà il funzionamento delle disposizioni transitorie. Inoltre, ciascuno degli attuali Stati membri dovrà comunicare formalmente alla Commissione se intende continuare ad applicare le misure legislative nazionali per un periodo massimo di altri tre anni ovvero se intende applicare il regime comunitario della libera circolazione dei lavoratori. Le disposizioni transitorie dovrebbero decadere nei cinque anni successivi all’adesione, ed eventualmente protrarsi per un periodo massimo di sette anni.
Si evidenzia che sono previste delle eccezioni per Malta e Cipro: per i cittadini ciprioti infatti le norme europee troveranno un’immediata applicazione mentre Malta potrà a sua volta applicare norme provvisorie (eventualmente restrittive) nei confronti di tutti gli altri cittadini dell’Ue.
Di conseguenza, nel periodo successivo all’adesione (1 maggio 2004) che, per quanto sopra esposto, potrà variare a seconda dello Stato membro dai due ai sette anni, i cittadini di questi paesi saranno a tutti gli effetti cittadini extracomunitari, come tali soggetti alla normativa espressamente prevista per i lavoratori extracomunitari. Ne discende che se vorranno far ingresso in Italia per svolgere un’attività di lavoro subordinato, dovranno percorrere la nota trafila della domanda di autorizzazione all’ingresso per lavoro presentata da un datore di lavoro e, successivamente, del rilascio del visto d’ingresso da parte della rappresentanza consolare italiana competente per territorio. Gli stessi saranno quindi soggetti al sistema delle quote (decreto flussi) che potrà essere meno pesante per i cittadini provenienti dai nuovi paesi membri proprio perché, come si è visto in occasione dell’ultimo decreto flussi, nei loro confronti sono previste delle quote riservate.

Si precisa comunque che per i cittadini dei nuovi paesi membri sono previste alcune agevolazioni ovvero l’applicazione del “principio di preferenza” in base al quale i cittadini degli stessi potranno avere la precedenza sui lavoratori dei paesi terzi e la clausola di “standstill” per cui gli attuali diritti di accesso al mercato del lavoro di un determinato Stato membro non potranno essere soggetti a misure più restrittive rispetto a quelle vigenti al momento della firma del Trattato di adesione.
In conclusione si dovrà attendere ancora prima che ai cittadini dei nuovi paesi membri dell’UE possa essere applicata in toto la normativa comunitaria disciplinante la libera circolazione dei lavoratori.
Relativamente invece alla libertà di circolazione delle imprese, alla prestazione di servizi e anche allo svolgimento di attività professionali, si prevede una operatività immediata della normativa comunitaria sin dal 1 maggio 2004. E’ però necessario intendere che questa libertà di circolazione delle imprese dei nuovi paesi candidati nell’ambito UE, o dei professionisti operanti in questi paesi, non consente di stabilirsi in maniera definitiva presso un paese membro dell’U.E., ma permette di svolgere temporaneamente attività in un paese dell’ Unione Europea.

Esempio pratico – Un’impresa ungherese avrà la possibilità di inviare temporaneamente in Italia dei propri dipendenti per la realizzazione di un appalto assunto da un committente italiano. Si tratterebbe quindi di un ingresso provvisorio che per definizione è già fuori dal sistema delle quote, come ci ricorda l’art. 27, lett. i, del Testo Unico sull’immigrazione, con l’unica differenza che non sarebbe necessario richiedere autorizzazioni preventive. In linea teorica quindi un professionista ungherese potrebbe venire temporaneamente in Italia senza essere soggetto all’obbligo di richiedere il visto di ingresso e senza dover intraprendere una procedura di autorizzazione preventiva all’ingresso. Non potrebbe però stabilirsi in Italia, ma solo svolgere temporaneamente la propria attività come fosse una propaggine dell’attività che normalmente svolge nel suo paese d’origine. Ecco che quindi potrà richiedere direttamente in Italia un permesso di soggiorno temporaneo per affari, ma non potrà comunque ottenerne uno stabile, né per lavoro subordinato né per qualsiasi attività di lavoro autonomo.
Per le attività di lavoro subordinato a carattere stabile o per le attività di lavoro autonomo stabile, vale ancora la regola del decreto flussi e delle quote, salvo poi verificare se nell’ambito delle quote per lavoro autonomo ci sia spazio per svolgere l’attività specifica che interessa. Infatti, come abbiamo visto nel recentissimo decreto flussi, non tutte le attività di lavoro autonomo sono ammesse all’utilizzo delle quote e quindi per chi fosse interessato rinviamo a quanto già specificato nella scheda apposita contenuto nel sito internet.