Dovrebbe già essere pronto il testo decreto flussi stagionale per l’anno 2009. Il provvedimento, che dovrebbe prevedere 80.000 quote di ingresso per lavoratori stagionali, quindi con permessi di durata dai tre ai nove mesi, sembra sia già stato firmato dai ministri competenti.
Ma al ritardo, che crea gravi danni all’economia agricola che sulla base del decreto stagionale organizza i tempi della raccolta, si aggiunge l’ipotesi paventata dal Ministro del Lavoro.
Il concetto è semplice: la crisi economica provoca mancanza di lavoro, quindi, prima gli italiani e poi tutti gli altri.
Come se questi anni di epocali trasformazioni non fossero mai esistiti, come se la crisi potesse in qualche agire sul tempo riportandoci semplicemente indietro.
Ciò che è stato, questo trentennio di uscita dalla fabbrica fordista, dal lavoro in catena, il trentennio della delocalizzazione, del lavoro autonomo, dell’informatizzazione, ha cambiato profondamente gli stili di vita, le ambizioni.
I lavoratori che raccolgono pomodori nelle campagne del Sud o le mele nei monti del Nord sono per la quasi totali stranieri. Possibile invertire la rotta in nome della crisi, della povertà e della presunta scarsità che recessione globale dovrebbe provocare? O forse è sufficiente continuare a dar forma all’idea che noi e loro è qualcosa di incompatibile e in permanente competizione?
– Una stagione all’inferno – La denuncia di Medici Senza Frontiere
– Rapporto di MSF sul lavoro stagionale al Sud – Intervista ad Alessandra Oglino
– Il consueto e l’inaccettabile. Il movimento antimafia degli africani
– Viaggio tra i braccianti immigrati nelle campagne di Foggia
– Basta ipocrisia! Rapporto di Medici senza Frontiere sul lavoro stagionale dei migranti