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Decreto flussi – Cosa succede se in data anteriore sono presenti nel passaporto timbri di uscita dall’Italia?

Casi simili accadono frequentemente, soprattutto quando si proviene da paesi che beneficiano dall’esenzione del visto per turismo; e ciò nonostante gli interessati si premurino di raccogliere informazioni prima della partenza. A questa signora fonti autorevoli avevano assicurato che poteva trattenersi tranquillamente in Italia per 3 mesi, ma nessuno l’aveva informata che avrebbe dovuto presentarsi in questura entro 8 giorni lavorativi dal suo ingresso in Italia, come espressamente previsto all’art. 5, comma 2, del Testo Unico sull’Immigrazione (D.Lgls. 25 luglio 1998, n. 286). L’interessata si trova ora con un passaporto in cui vi è un timbro di ingresso in Italia ed uno in uscita, senza però essere in possesso di un permesso di soggiorno e si chiede se il fatto di aver soggiornato in Italia in condizioni irregolari, possa comportare qualche problema nel momento in cui la stessa dovesse presentarsi all’ambasciata italiana per chiedere il rilascio del visto di ingresso per lavoro, munita di passaporto e del famoso nulla – osta rilasciato dalla DPL.
Dobbiamo certo affermare che questa persona si è trovata in Italia in condizioni irregolari e che, quindi, ha effettivamente rischiato durante tutto il suo periodo di soggiorno in Italia di essere colpita da un provvedimento di espulsione, che costituisce un atto dovuto che avrebbe potuto essere adottato solo a seguito di un normale controllo di polizia. L’interessata ha corso questo rischio anche nel momento in cui è tornata nel proprio paese; è infatti capitato di vedere provvedimenti di espulsione notificati agli interessati dalla polizia di frontiera aerea ma non solo (una volta verificata la precedente presenza irregolare sul territorio italiano) proprio quando stavano uscendo spontaneamente dal territorio italiano.
L’interessata ha soggiornato irregolarmente in Italia ed ha concretamente rischiato l’espulsione, ma questo per sua fortuna non è accaduto. Quindi nei sui confronti non esiste un provvedimento che secondo la legge si definisce ostativo, ovvero impeditivo all’ingresso nel nostro paese, anche in presenza di tutti i requisiti e quindi dell’eventuale nulla-osta. Se vi fosse un provvedimento di espulsione, l’interessata potrebbe avere una serie di requisiti validissimi, ma non potrebbe entrare ugualmente perché segnalata ai fini della non ammissione nel Sistema Informativo Schengen (SIS). Conviene precisare che il S.I.S. che è stato istituito dall’art. 92 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (si veda l’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 e la relativa Convenzione di applicazione del 19 giugno 1990), è una sorta di archivio comune a tutti gli Stati membri dello spazio Schengen, costituito da banche dati nazionali collegate ad una database centrale, con sede a Strasburgo, ove confluiscono i dati inseriti da ogni Stato membro nel S.I.S. nazionale, conformemente al disposto dell’art. 96 della Convenzione di Applicazione dell’Accordo di Schengen.
Tuttavia nel caso specifico l’interessata non è stata sottoposta a controllo e ad un provvedimento di espulsione, e, quindi, dal punto di vista dei dati inseriti nel terminale, non vi è nessuna segnalazione nei suoi confronti.
L’interessata ci chiede se, potendosi verificare il suo soggiorno irregolare in Italia anche a posteriori, potrebbe esserle impedito comunque il rilascio di un visto di ingresso.
Direi di no, perché il provvedimento amministrativo di espulsione, che è una sanzione amministrativa che viene applicata in relazione ad una situazione irregolare prevista dalla legge, può essere emesso solo mentre la violazione è in atto. L’art.13 del T.U., infatti, presuppone per tutte le ipotesi di espulsione la presenza sul territorio dello straniero mentre viene adottato il provvedimento. Quando la violazione cessa e, quindi, quando l’interessata, come nel nostro caso, è tornata spontaneamente nel proprio paese di origine, questo provvedimento non può più essere adottato, anche se ci fossero prove schiaccianti e incontrovertibili sulla trascorsa permanenza irregolare per un certo periodo di questa persona nel territorio italiano. La legge inoltre non prevede nessun altro tipo di sanzione, né la competenza di autorità diverse, sicché le autorità consolari italiane non potrebbero, pur considerando questa trascorsa presenza irregolare, applicare una qualsivoglia sanzione nei confronti della persona; ciò semplicemente perché non è prevista dalla legge.

Quindi riteniamo di poter rassicurare la persona interessata, che peraltro rappresenta una casistica assai numerosa: il semplice fatto che si possa a posteriori constatare la sua presenza irregolare in Italia non può comportare di per sé alcuna ostativa al rilascio del visto d’ingresso per lavoro, sempre se verrà rilasciato preventivamente il nulla osta della DPL in base al decreto flussi.