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Decreto flussi bis – Verifiche sulla presenza di cittadini stranieri al momento della richiesta

Abbiamo già dato conto dell’imminente perfezionamento del decreto flussi bis. Non si sa più nulla però dell’ipotesi avanzata attraverso un appello lanciato tramite il sito www.meltingpot.org, circa la possibilità di una semplificazione amministrativa della procedura di gestione del decreto flussi. Una procedura che elimini la fase cosiddetta consolare del percorso burocratico, consentendo, a chi ottiene il nulla osta da parte del competente Sportello Unico, di perfezionare il pds direttamente in Italia, senza dover uscire dal territorio italiano per poi dovervi rientrare. Come è noto, si tratta di un procedimento che allunga ulteriormente i già lunghi tempi di attesa e che espone gli interessati al rischio di essere espulsi, proprio nel mentre si allontanano dal territorio nazionale per recarsi nel proprio paese d’origine a richiedere il rilascio del visto d’ingresso.

Un caso emblematico
A titolo d’esempio portiamo un caso emblematico – che non è certo unico – per far conoscere come questo rocambolesco ritorno in patria, per il rilascio del visto d’ingresso per motivi di lavoro, sia pieno di rischi e di incidenti di percorso. Ci sembra, appunto, emblematico il caso che abbiamo rilevato pochi giorni fa di una cittadina molava che è riuscita, con sforzi che si possono ben comprendere, ad ottenere finalmente il nulla osta all’assunzione, su richiesta del suo datore di lavoro, come badante, in base ancora al decreto flussi per l’anno 2005. La domanda era stata fatta per il decreto flussi relativo all’anno 2005 e solo nel febbraio 2006 questa persona è riuscita ad ottenere il nulla osta. Si è recata presso il consolato italiano competente di Bucarest per richiedere il visto d’ingresso ed è riuscita ad ottenere il visto d’ingresso – bisogna dire che è stata persino fortunata e lo diciamo con una punta d’ironia – soltanto nel giugno del 2006. Dopodiché, è entrata in Italia dalla porta principale e munita di questo visto d’ingresso, si è presentata alla competente questura per richiedere il pds. Ma, pochi giorni fa, quindi a qualche mese di distanza, si è vista notificare un avviso di procedimento di rifiuto di concessione del pds ed ha potuto constatare qual è il motivo in base al quale il pds viene rifiutato: in base ai controlli effettuati, è stato rilevato che questa persona sarebbe uscita dal territorio italiano mediante un volo della compagnia di bandiera del suo paese, in partenza da Verona il tal giorno e nel tal orario (verifica minuziosa fatta in base ai controlli che, a partire dall’11 settembre, sono molto efficienti sul traffico aeroportuale). Quindi si è potuto verificare che la persona interessata all’assunzione, all’autorizzazione dall’estero, era presente in Italia nel momento in cui è stata chiesta l’autorizzazione ed anche successivamente. Pertanto, venendo a mancare il presupposto necessario per il rilascio di questa autorizzazione, l’autorizzazione si considera non valida e viene rifiutato il rilascio del pds.
Questo è il caso di una persona che era riuscita, o credeva di essere riuscita, a completare questo percorso rocambolesco indenne da provvedimenti di espulsione ma sul più bello, come si dice, il suo percorso si è dovuto arenare di fronte a questa verifica della questura. Questa cosa potrebbe capitare – capiterà ed è già capitata – a moltissime altre persone: pur essendo uscita senza che vi fossero timbri sul passaporto e senza quindi che fosse rilevata, da parte del consolato italiano, la mancanza dei requisiti previsti dalla legge per il rilascio dell’autorizzazione, la mancanza di questi requisiti è stata rilevata successivamente, nel momento in cui pensava ormai di avercela fatta.
Questo è un caso emblematico ma, ripetiamo, non sarà certo l’unico, anzi situazioni di questo genere sono destinate verosimilmente ad essere sempre più frequenti, specialmente se si considera che ora verifiche di questo tipo saranno effettuate nei confronti di una quantità di lavoratori interessati di molto superiore, se si considera che alle 170 mila quote, per le quali sono state presentate le domande il 14 marzo scorso, si aggiungeranno – ed è in corso di perfezionamento il relativo decreto – altre 350 mila quote.
Una regolarizzazione o, quanto meno, una semplificazione della procedura amministrativa per il rilascio del nulla osta e del relativo permesso di soggiorno sarebbe – sosteniamo da tempo – “l’uovo di Colombo”; tuttavia, sembra che questa proposta non abbia, al momento, raccolto significative adesioni nell’ambiente politico.