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Decreto legge sulle espulsioni dei comunitari. L’Europa non è più “sicura”

Intervista con Enrica Rigo, Università di Roma Tre

Ci troviamo a parlare con Enrica Rigo (Università di Roma Tre) delle frontiere orientali dell’Unione Europea e del processo di allargamento ad est, in questi giorni nei quali la presenza dei nuovi cittadini comunitari sul suolo italiano sta facendo molto discutere.
Ricordiamo che il 31 ottobre, una seduta straordinaria del Consiglio dei Ministri convocato d’urgenza in serata, ha approvato un decreto legge che norma la possibilità di espellere anche i cittadini comunitari in base a considerazioni relative alla pubblica sicurezza, nozione sempre più arbitraria ed estensiva. La decisione di procedere tanto rapidamente è seguita al fatto di cronaca che ha visto un cittadino rumeno violentare e ridurre in fin di vita una signora italiana.

D. Può un fatto di cronoca del genere giustificare l’emanazione di un simile decreto? Non dovrebbe trattarsi piuttosto di un reato penale perseguito dalla legge dello Stato italiano in maniera “normale”?

R. Per quanto riguarda le modalità di emanazione di questo decreto penso che il fatto di cronaca sia caduto un po’ come “la ciliegina sulla torta”. La campagna anti-rumeni, è il caso di dirlo esplicitamente perché di questo poi si tratta, va avanti in Italia ormai da alcuni mesi.
Proprio nel momento in cui si parlava del “pacchetto sicurezza” ed uno dei punti controversi di tale pacchetto era quello relativo all’espulsione dei neocomunitari, è accaduto questo fatto di cronaca che quindi non ritengo sia l’elemento determinante, ma che potremmo considerare come un “regalo” fatto alla destra e a tutta questa retorica anti-immigrati e anti-rumeni. Ho detto un regalo alla destra anche se, rispetto all’ingresso in Italia dei neocomunitari è successa in realtà una cosa abbastanza strana. Negli ultimi anni e negli ultimi mesi si era preparati ad una forte campagna anti-islamica, su cui particolramente puntava la destra, e ci si è trovati invece davanti a quello che è in effetti un fenomeno nuovo per l’Italia.
La comunità rumena, infatti, è diventata in breve tempo dall’allargamemto quella più rappresentata in Italia. Si tratta di un’immigrazione consistente di fronte alla quale c’è stata un’impreparazione anche da parte delle retoriche sicuritarie. La bandiera del “pericolo rumeni” è diventata così una bandiera più della sinistra che della destra, o comunque una bandiera che entrambe sventolano in maniera abbastanza indegna.

D. Mentre parli mi vengono in mente le tesi di Naomi Klein riguardo la Shock economy, pensando a quel fenomeno per il quale si fanno passare, attraverso uno shock evocato, uno shock più o meno collettivo, in questo caso uno shock portato da un singolo evento di cronaca, dei mutamenti che poi rimangono stabili all’interno dell’ordinamento giuridico di un territorio…

R. Si, anche se la Klein faceva riferimento ad eventi un po’ diversi, sul tipo dell’uragano Katrina. Questo ultimo fatto di cronaca è in realtà un fatto di cronaca come ne succedono tanti, seppur di una certa gravità. Vorrei poi ricordare che il fatto è stato scoperto grazie alla denuncia di una ragazza rumena… in realtà si ricorda solo che rumeno era l’eggressore.
Rispetto alle modifiche che poi rimangono all’interno dell’ordinamento, la possibilità di espellere cittadini comunitari e di limitarne la libertà di circolazione è una possibilità che esiste solo finchè dura il cosiddetto “regime transitorio” che l’allargamento europeo ha concesso per quanto riguarda la libertà di circolazione delle persone e in particolare dei lavoratori.
Rispetto ai 10 paesi che hanno fatto ingresso nel 2004, il 2009 è la data a partire dalla quale non sarà più possibile imporre alcuna limitazione. Due anni dopo, nel 2011, avverrà lo stesso per Romania e Bulgaria. Già ora, per quanto riguarda questo decreto, la possibilità di espellere cittadini comunitari è a mio parere alquanto dubbia. È una possibilità che anche il regime transitorio riconosce solo per motivi individualizzati.
Non è possibile espellere un cittadino comunitario genericamente per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Tali motivi devono essere giustificati non certo sulla base dell’appartenenza etnica o razziale o sul fatto che alcuni vivano in un campo nomadi, ma sulla base di una valutazione caso per caso.
Soprattutto, la direttiva europea è abbastanza chiara sul fatto che questa possibilità di espulsione non debba essere poi utilizzata come arma per impedire il reingresso.
Già quindi, per come stanno le cose adesso, la coerenza di questo decreto con le norme europee, sia le direttive che il Trattato europeo che prevede la libertà di circolazione per i cittadini europei, è abbastanza dubbia. Dal 2011, dalla fine del regime transitorio, sicuramente non sarà più possibile una cosa di questo genere.

D. Possiamo allora dire che il decreto legge del 31 ottobre è in qualche modo in contrapposizione con la direttiva europea del 2004? Vediamo esponenti politici come Veltroni appellarsi proprio all’Europa per far fronte a quella che lui chiama “la questione rumena” mentre forse potremmo invece auspicare che prorio l’Europa con le sue normative e con il suo legiferare possa fare da limite a queste modifiche delle leggi interne che vanno poi a colpire i non cittadini degli Stati nazionali

R. A mio parere questo decreto legge è già in contrasto con il diritto comunitario. Esiste quindi un limite imposto da tale diritto all’applicabilità di questo decreto. Il problema serio è che fino a quando vige questo regime transitorio che purtroppo l’Ue ha concesso, la situazione è ancora incerta dal punto di vista giuridico.
Per fare un esempio: quando la Germania negli anni ’70 e ’80 ha tentato di espellere gli italiani che lavoravano lì sulla base del semplice fatto che erano italiani, la Corte di Giustizia non lo ha permesso. In questo caso la stessa Corte non ha basi concrete per intervenire fino a quando non finirà questo regime transitorio. Le basi sulle quali la Corte può intervenire saranno fino a quel momento più fragili…

D. Abbiamo visto il premier della Romania a colloquio con Romano Prodi sostanzialmente chiedere scusa dei fatti avvenuti e rendersi disponibile ad un’assoluta collaborazione con l’Italia. Ancora non si è parlato di limitare in qualche modo la fuoriuscita dei rumeni dal paese, ma il governo rumeno non sembra essersi appellato all’esistenza di una comune cittadinanza europea e di una comune appartenenza all’Unione, mantenendo invece un atteggiamento che potremmo definire di soggezione.
La sensanzione è che all’interno del territorio europeo persista nei fatti una forte gerarchia tra i 27 paesi dell’Ue, una gerarchia che forse si evinceva già dai criteri stabiliti per aderire all’Unione. Su quali basi hanno aderito i nuovi Stati mebri? Riscontri effettivamente un ordine gerarchico all’interno dell’Ue e soprattutto, quale ruolo hanno avuto le politiche migratorie nella fase di adesione all’Unione?

R. Per quanto riguarda il ruolo e le posizioni gerarchiche o sottordinate dei paesi dell’Est, è una cosa di cui mi da quasi fastidio parlare perché vorrei poter parlare non dei paesi dell’est ma dei cittadini dell’est… bisogna ricordare come tutto il processo di allargamento ha richiesto al contempo a questi nuovi paesi anche un processo interno che viene definito di nation building, di “farsi Stato”. Non è stato chiesto ai rumeni in quanto cittadini rumeni di aderire all’Unione europea, ma alla Romania di entrare in quanto Stato- nazione. Ogni processo di nation building richiede la costruzione di un nemico interno o esterno, e in Romani esiste un frotissimo razzismo contro i rom. Pertanto, tutta la campagna anti rumena italiana, che è stata soprattutto una campagna anti rom è stata anche assolutamente funzionale alle politiche discriminatorie interne rumene. Non mi stupisce, quindi, l’accordo del premier rumeno e le scusa a Prodi.
Per quanto riguarda le politiche migratorie di cui mi chiedevi nello specifico, c’è stata certamente una impossibilità di negoziare su nessuna base quello che viene definito l’acquis Schengen. I nuovi paesi aderenti, sia i dieci che hanno fatto ingresso nel 2004 sia la Romania e la Bulgaria, non hanno potuto negoziare nulla rispetto alla gestione dei propri confini. Ma questo rigurda più che altro l’immigrazione verso la Romania.

D. Rispetto al discorso che facevi prima, alla necessità di parlare dell’adesione dei cittadini all’Ue piuttosto che degli Stati, ma anche alla luce del decreto legge che stiamo commentando, delle dsicussioni anti rumene, di tutte le retoriche che stanno investendo in questo momento l’Italia per questo specifico caso, ma in realtà l’intera Europa, come potremmo definire in questo momento la ‘cittadinanza europea’, quali contenuti reali ha questo tipo di cittadinanza che si dice nuova ma che stenta a trovare una definizione?

R. Certamente se un semplice decreto legge e un semplice fatto di cronaca sono in grado di ridurre così fortemente l’unico diritto tangibile conferito dalla cittadinanza europea, ovvero il diritto alla libera circolazione, tutto questo non ci fa ben sperare.
Per quanto riguarda il discorso in generale della potenzialità della cittadinanza europea, è anche questo un discorso ambivalente: se ci affidiamo alla definizione istituzionale di tale cittadinanza ci cambia ben poco, perché è una cittadinanza che continua sempre a passare per la cittadinanza nazionale. Credo invece che la cittadinanza europea vada assunta come un processo da costruire anche da parte nostra. Rispetto a questo punto anche pezzi dei movimenti si sono un po’ disinteressati sia rispetto a quanto accade a d est che rispetto all’ovest. Da quando c’è stato il voto negativo al referendum sul trattato costituzionale europeo il dibattito sull’europa è un po’ caduto. Io ritengo assolutamente che sia un dibattito da riprendere e che sia da riprendere proprio a partire da Est, dal confine orientale dell’Europa.

D. Quale scenario possiamo immginare a partire da questi ultimi eventi all’interno del nostro paese? Come conciliarli con i dati forniti dal dossier Caritas che ci informano della presenza di 4 milioni di cittadini migranti regolarmente residenti sul nostro territorio e ci raccontano, al di là di tutte le retoriche razziste e xenofobe, di come la realtà migrante sia invece una realtà esistente e strutturata e stabile? Come conciliare questi dati con le nuove ondate apertamente razziste che investono l’Italia? Oggi si arriva a parlare sui media del pericolo di una “etnia rumena” che evidentemente non esiste…

R. L’Italia ha conosciuto varie ondate di razzismo. Prima abbiamo urlato all’invasione degli albanesi che messi tutti insieme sono meno della popolazione del Veneto e pertanto è difficle che possano invadere qualcosa…
Rispetto ai rumeni credo che l’Italia si stia però trovando di fronte ad un fenomeno nuovo, forse paragonabile alla migrazione turca in Germania.
In effetti ci rapportiamo con un paese, la Romania, nel quale la maggior parte della popolazione che sceglie di emigrare sceglie anche l’Italia come paese di destinazione. Un simile fenomeno si era verificato nel nostro paese solo rispetto alle migrazioni interne.
Probabilmente passerà lo spauracchio rumeno e si troverà un altro pericolo contro il quale prendersela.
Al momentro ritengo veramente molto grave questo rigurgito razzista che l’Italia sta vivendo in una maniera molto forte e peraltro istituzionale. Non si tratta di una discussione da bar, ma del fatto che ministri della repubblica e segretari di partiti nascenti o non nascenti fanno a gara a chi la dice più grossa sui rumeni e la Romania. Questo lo ritengo gravissimo perché è anche legittimante di tutti quegli episodi di violenza razzista che si verificano quotidianamente e di cui i giornali parlano purtroppo molto meno.

D. Un’ultima domanda che riguarda un po’ più noi cittadini degli Stati nazionali: guardando i punti enunciati dal pacchetto sicurezza ma anche tutti i discorsi dei sindaci-sceriffo che si stanno avvicendando negli ultimi mesi in Italia, ci accorgiamo che comunque dietro questi spauracchi di retoriche razziste e sicuritarie si nascondono spesso proposte e articoli di legge che riguardano in generale il controllo dell’intera popolaizone sul territoiro. Basti pensare alla proposta di elevare a reato perseguibile addirittura con 4 anni di carcere la semplice mendicanza per le strade che evidentemente può essere condotta da chiunque. Si ha cioè la sensazione che, come spesso è avvenuto negli ultimi anni in Italia ma anche in tutta Europa, attraverso la criminalizzazione di determinati gruppi di popolazione che abitano il territorio e attraverso leggi all’inizio semplicemente rivolte ai migranti e non verso i cittadini, passino invece delle modalità di controllo del territorio e delle persone che possono poi irradiarsi all’intera popolazione. Potremmo dire che si stia creando una nuova modalità di gestione della popolaizone attarverso leggi e decreti che vengono sempre dettati, a parole, dall’emergenza?

R. Si, assolutamente. La questione dei poteri ai sindaci è poi una delle questioni più delicate del disegno di legge. Per dare una definizione più rigorosa occorrerà leggere l’articolato, ma in generale pare che ci sia un’assoluta vaghezza nella formualzione dei poteri da assegnare questi soggetti, il che risulta molto grave dal punto di vista giuridico perché conferisce una forte discezionalità. Per quanto riguarda la seconda parte della tua domanda io sono convinta che la questione delle migrazioni, come abbiamo avuto riprova in passato e potremmo portare tanti altri esempi, sia in realtà un laboratorio di governo del territorio e dei cittadini in generale. Diventa poi sempre più difficile distinguere cittadini e migranti e la questione dei rumeni ne è un esempio. I rumeni sono cittadini europei contro cui l’Italia non potrebbe fare alcuna discriminaizone come pervisto dal trattato europeo. Parliamo quindi di misure prese nei confronti di cittadini.
Sono assolutamente convinta del fatto che il razzismo sia un male che, pur utilizzando la razza come capro espiatorio, è un male della società in generale rivolto contro la società in generale e quindi contro tutti i cittadini.

Enrica Rigo sarà a Parma domenica 11 dicembre al dibattito Spazi della cittadinanza ed esclusione. Migranti e controllo dei confini
con Sandro Chignola e Elisabetta Ferri