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dal Sydney Morning Herald

Detenuto dimenticato sogna la fuga verso la libertá

Mamdouh Habib, cittadino australiano sospettato di terrorismo, é tornato a casa, a Sydney, il 28 gennaio, dopo tre anni di prigionia a Guantanamo Bay. Forse per mancanza di coraggio o forse per mancanza di prove per metterlo sotto processo, il Governo americano ha deciso di lasciarlo libero.
Quello che é successo ad Habib é orrendo, e va contro quello che una societá civilizzata dovrebbe rappresentare.
Trattenendo Habib, dando per scontata la sua colpevolezza e negandogli il diritto a regolare udienza, gli Stati Uniti hanno calpestato 800 anni di diritti umani.
Dalla Magna Carta del 1215 alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, i paesi civilizzati hanno tentato di proteggere la libertà individuale, esattamente da quella sorta di imprigionamento arbitrario che il Governo americano ha inflitto ad Habib, e agli altri detenuti della prigione Cubana.
Tuttavia a scapito delle cicatrici che per sempre Habib si porterá dentro, ora e libero. Puó vedere sua moglie e i suoi figli, ed ha l’opportunita di ricostruirsi una vita.
Vi é invece un altro detenuto che ha davanti a sé un futuro piú buio e incerto, non a Guantanamo Bay, bensí nel Sud Australia, nel centro di detenzione per immigrati di Baxter.
Il suo nome e Peter Qasim, ed é detenuto da ormai 6 anni, sebbene non abbia commesso alcun reato, e non sia considerato un terrorista, un “nemico da combattere” o un pericolo per l’Australia.
Questo detenuto, virtualmente sconosciuto al di fuori di un piccolo circolo, rischia la detenzione a vita.
Fuggito dal Kashimir occupato dall’India, Qasim é giunto in Australia come richiedente asilo. Suo padre un attivista separatista, é stato ucciso, e Qasim stesso torturato dalle forze di sicurezza indiana.. la sua domanda d’asilo è stata rifiutata. Il Governo australiano avrebbe voluto deportarlo in India. Alla fine anche Qasim stesso ha chiesto di essere rimpatriato, qualsiasi cosa sarebbe stata preferibile ad una lenta morte in detenzione.

Tuttavia Qasim non ha documenti, non ha prova di essere indiano, e l’India non lo vuole riprendere. Ė un apolide. Cosí rimane chiuso, anno dopo anno, vivendo in un infernale purgatorio. L’Australia non lo vuole. Eppure poiché nessun altro paese lo vuole, il Governo si rifiuta di lasciarlo libero.
Qasim ha passato in prigione due volte tanto il tempo speso da Habib e David Hicks, l’altro cittadino australiano detenuto a Guantanamo Bay. E questo senza esser sospettato di essere coinvolto in attivitá terrorista. Ė il Governo australiano che l’ha posto in una situazione simile a quella dei detenuti a Cuba, una situazione di assoluta disperazione senza apparente via d’uscita.
Qasim non é stato torturato, anche se a causa della severa depressione è stato ricoverato in ospedale per mesi, e a differenza di Habib, puó contare su visitatori e telefonate..
Per altri versi, tuttavia, la sua situazione é ancor piú difficile.
Mentre la suprema corte americana ha aperto la porta alle sfide legali dei detenuti di Guantanamo Bay detainees, l’Alta Corte d’Australia ha dichiarato le azioni del governo legali.
Lo scorso agosto, con una stretta maggioranza (4-3) é stato stabilito che i richidenti asilo, la cui domanda sia stata rifiutata, pur non avendo alcun posto dove andare e pur non rappresentado un pericolo per la comunità possono essere rinchiusi in un centro di detenzione per immigrati a tempo indefinito.
Tuttavia, anche uno dei giudici della maggiornaza ha definito la situazione tragica, esprimendo l’urgente bigogno che l’Asutralia adotti una “Carta dei Diritti”.
La detenzione a tempo indeterminato può esser legale, per come stanno le cose, ma non certo morale.
Nel mese di gennaio, la Corte Suprema Americana, in un caso differente da quello di Guantanamo Bay, ha preso in considerazione la questione della detenzione a tempo indeterminato di immigrati irregolari, per la maggior parte cubani, stabilendo (con una maggioranza di 7 a 2) che il governo Bush non puó trattenere immigrati non documentati a tempo indefinito, ponendo ad un massimo di 6 mesi, il periodo “ragionevole” di detenzione.

I cubani in questione erano parte di un gruppo giunto dopo che Fidel Castro aprí i cancelli dell’emigrazione nel 1980. Molti erano criminali rilasciati dalle prigioni cubane, incarcerati per aver commesso crimini prima ancora di aver ottenuto i documenti per una regolare residenza. Scontato la loro pena, sono rimamgono in prigione. Gli Stati Uniti non li vogliono e nemmeno Cuba desidera riprenderli.
Come l’avvocato della difesa ha affermato, é stato “indigeribile e insostenibile” aver condannato delle persone alla prigionia a vita poiché il loro paese natale si rifiuta di riaccettarli. La Corte suprema ha avuto il buon senso di concordare.
Vi era un tempo in cui i Liberali d’Australia credeva nelle libertà civili. La libertà individuale era considerata un bene prezioso, ed il suo nucleo era costituito proprio dal fatto che i cittadini non potessero essere trattenuti a tempo indefinito, secondo la volontà del governo.
Qasim, che ora ha 30 anni, ha passato molta parte della sua vita adulta in detenzione, perso in un pantano burocratico. Non viene fatta pressione sui funzionari del dipartimento dell’immigrazione – certamente non da parte del partito laburista – per risolvere la questione con velocità.

E Qasim ha perso la speranza che il ministro per l’immigrazione, Amanda Vanstone, decida di usare la sua discrezione per concedergli la libertà.
Sì viviamo in un’epoca di terrorismo. Ma queste parole di Winston Churchill sono tutt’oggi di grande rilevanza.
All’apice della seconda guerra mondiale, aniticipando l’opposizione al rilascio del fascista britannico Sir Oswald Mosley, Churchill affermò: “Nulla puó essere più aberrante in una democrazie di imprigionare una persona e tenervela poiché è impopolare.”
“La base di tutti i regimi totalitari sia nazisti che comunisti”, aggiunse, stava proprio nell’arbitrario imprigionamente senza processo. Solo in periodi di estremo pericolo per la nazione puó una tale azione essere giustificata, ed una volta che il periocolo sia passato la persona deve essere rilasciata.

La lunga detenzione di Peter Qasim è completamente fuori misura. Liberarlo certo, non comprometterà la dura immagine che l’Asutalia, a livello internazionale, si è gaudagnata nei confronti di profughi e richiedenti asilo.

Foto di copertina tratta dal sito http://baxter05.info/