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La Redazione di Siciliamigranti denuncia indegne operazioni di sbarco a Palermo

Foto tratte da Siciliamigranti

Domenica, 28 maggio 2017, sono stati di scena a Palermo la Morte e la Disperazione, a seguito dell’attracco del rimorchiatore italiano Vos Thalassa, sul quale si trovavano 1.040 persone, uomini, donne e bambini, ammassati come animali. I migranti soccorsi sono rimasti sulla nave per 4 giorni, con un solo servizio igienico a loro disposizione, senza scorte di cibo sufficienti, dormendo all’addiaccio bagnati fradici, viaggiando fianco a fianco con le sette salme recuperate, visto che la nave non è attrezzata per il recupero dei morti in mare.

I cadaveri recuperati in mare

Le vittime arrivate a Palermo sono 5 donne adulte e 2 giovani ragazzi; dopo essere state trasferite in delle casse di compensato sono state trasbordate con una gru sospese sulle teste dei sopravvissuti bloccati al porto sulla nave.

I superstiti

L’Italia ci ha abbandonato, siamo stati riempiti di persone a cui non abbiamo potuto dare niente, questa è l’Italia, ci ha sfruttato e abbandonato“. A parlare è uno dei giovani dell’equipaggio della Vos Thalassa che ha avuto tantissime difficoltà, dato che tutti i porti siciliani sono stati chiusi per 5 giorni in occasione del vertice G7 tenutosi a Taormina la scorsa settimana.

Come era scontato, lasciare scoperto il mare dai soccorsi nei 5 giorni del vertice dei (pre)potenti ha contribuito a determinare tante morti, così come l’ordine di sbarcare i migranti soccorsi in quel periodo nei porti italiani più lontani dalla Sicilia ha ridotto le possibilità di essere salvati a tante persone che non ce l’anno fatta.

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Le indegne operazioni di sbarco

Domenica scorsa, mentre assistevamo alle operazioni di sbarco dei migranti dalla Vos Thalassa, abbiamo provato vergogna nel constatare che non c’era una cabina di regia fra le istituzioni, non c’era un progetto di accoglienza serio e tutto è stato lasciato al caso. Come è stato casuale che non ci sia scappato il morto.

Abbiamo raccolto diverse denunce fra gli operatori presenti al porto, come per esempio quella di un mediatore che racconta: “È stato indegno, e quando dico indegno mi riferisco al suo significato letterale ovvero che è, o è divenuto o è stato dichiarato, immeritevole o ingiustificabile sulla base di norme morali insopprimibili“.

Noi stessi siamo stati testimoni oculari di quanto accaduto. Non conosciamo a fondo le dinamiche di gestione delle navi di soccorso, ma troviamo inaccettabile che delle persone, per 4 giorni, siano state private del cibo e dell’acqua, meno che mai se si pensa che si tratta di sopravvissuti a naufragi, di vittime di tratta, di profughi. Anche ammesso che il rimorchiatore non fosse preparato ad accogliere più di 1.000 persone a bordo, il governo italiano avrebbe a maggior ragione dovuto approntare un intervento immediato di assistenza e presa in carico dei migranti e non lasciarli in mare per 4 giorni in quelle indegne condizioni! Pertanto per quanto accaduto non possono trovarsi giustificazioni che tengano.

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Le testimonianze delle vergogne istituzionali

Un volontario, dopo avere assistito a tanta vergogna, ci fa pervenire alcune sue considerazioni che condividiamo con i nostri lettori: “Questa riflessione non riguarda solo me ma tutti i volontari delle varie associazioni presenti, persone senza le quali sarebbe difficile distinguere lo sbarco da una macelleria, persone che contribuiscono a garantire la famosa ‘dignità’…però mi chiedo: è giusto essere testimoni impotenti di questo scempio? A volte penso che sarebbe meglio non esserci, creare il disagio per porre l’attenzione e cercare soluzioni efficaci, ma ho delle riserve. Ho paura intanto per le persone che vivrebbero il disagio creato (e per me anche una sola persona è troppa) e ho paura che la soluzione possa essere di tipo militare… e questa sarebbe la sconfitta più grande. Mi detesto per non essere in grado di trovare una soluzione, per aver elencato solo cose negative, ma per ora senso di impotenza e frustrazione hanno la meglio. Io non voglio arrendermi, voglio continuare a sperare ma è difficile. Qualche tempo fa avevo letto una frase di Paul Valéry, e non ne avevo capito il senso, oggi più che mai lo capisco: la speranza fa vivere, ma come su una corda tesa“.

Siamo stati tutti testimoni dell’inefficienza delle istituzioni e dell’inadeguatezza del loro intervento: il comune di Palermo, presente allo sbarco per qualche ora, non ha “smosso mari e monti per dare degna accoglienza“; la prefettura non aveva idea di quale sarebbe stata la destinazione di collocamento delle persone al loro arrivo; la questura, giustificandosi con la mancanza di personale sufficiente, non è stata in grado di coordinare le operazioni di sbarco.

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L’insostituibile lavoro dei volontari e delle ONG

Di fatto se non fosse stato per i mediatori di Medici Senza Frontiere che sono arrivati a Palermo dopo giorni di lavoro incessante per sostenere i tanti superstiti che hanno perso i familiari, sarebbe stato un disastro. Anche perché il comandante della Vos Thalassa e l’equipaggio ad un certo punto hanno abbandonato la nave sfiniti, chiudendo l’unico servizio igienico a bordo. Le uniche persone immediatamente evacuate, con non poche difficoltà, sono state le donne, i bambini e gli ammalati.

I medici presenti sul rimorchiatore hanno abbandonato la nave immediatamente dopo, per paura di rimanere schiacciati dalla calca delle persone in preda al panico e alla stanchezza. La Questura non è riuscita a mantenere l’ordine fra i migranti rimasti a bordo, i quali si ammassavano sulla scala nel tentativo di scendere dalla nave, in modo confuso e violento. Tante persone hanno accusato malori a causa del caos che si è creato.

Con l’aiuto dei volontari ed il sostegno fondamentale dei mediatori di Medici Senza Frontiere, sono stati i migranti ad auto organizzarsi, escogitando un sistema che ha reso possibile lo sbarco, sani e salvi. I mediatori hanno parlato con i migranti per riuscire a creare le condizioni per poter operare in tutta sicurezza; è stato fatto un lavoro encomiabile anche dalle operatrici dell’Unhcr e di Save the Children, che hanno mostrato tanta caparbietà lavorando in condizioni difficili, sostenendo i mediatori e i volontari; persone che hanno salvato la faccia a Palermo, persone che gratuitamente si adoperano e che hanno un’attenzione verso la vita che fa la differenza in questo caos più totale.

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Le conseguenze del caos e la forza di Big Man

Tante le persone rimaste al porto o in questura per due giorni, famiglie separate, centri di emergenza aperti ad hoc presso le Caritas di Monreale e Palermo, persone trasferite presso l’hotspot di Trapani, marocchini respinti in strada, migranti collocati nei nuovi CAS aperti di fretta e furia per l’occasione.

Big Man, ragazzino di 19 anni, è sceso per ultimo dalla nave: ha condotto lo sbarco di 1.039 persone, si è sgolato per non far creare il caos, ha mantenuto la calma e quando ha terminato il compito che sarebbe toccato alle istituzioni, ci ha sorriso ed è sceso dalla “sua” nave, la nave che altri hanno abbandonato. “Perfetto adesso posso scendere, abbiamo finito“. E ha aggiunto “Prego Dio che mi dia nuovamente la capacità di sognare“. Te lo auguriamo Big Man!

Redazione Siciliamigranti