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Diritti in rotta. Le navi quarantena come dispositivo di privazione della libertà personale

Il quarto di sei articoli di approfondimento del progetto In Limine di ASGI

Nel corso degli ultimi anni i luoghi utilizzati per la detenzione dei cittadini stranieri sono aumentati e si è assistito a un’espansione nell’utilizzo di forme di trattenimento informale. L’implementazione di misure di isolamento sanitario presso le navi quarantena, sebbene ancorate a ragioni di tutela della salute, deve essere analizzata accanto ad altre diffuse pratiche di detenzione e di isolamento dei migranti in arrivo sul territorio e alle situazioni di incertezza giuridica che caratterizzano le politiche di gestione e contenimento dei flussi migratori. La situazione di emergenza sanitaria è stata occasione di diffusione di misure e prassi che incidono anche gravemente sulla libertà personale dei cittadini stranieri.

Le norme emergenziali di contrasto alla diffusione del Covid-19 hanno previsto la possibilità di applicare la misura della quarantena precauzionale, su ordine dell’autorità sanitaria, ai soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che entrano nel territorio nazionale da aree ubicate all’estero (art. 1 D.L. 25 marzo 2020, n. 19). Infatti, già con il DPCM del 17 maggio 2020, è stata disposta la quarantena per quattordici giorni con sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario per chi fa ingresso in Italia dall’estero tramite trasporto di linea aereo, marittimo, lacuale, ferroviario o terrestre, con alcune eccezioni tra cui i cittadini e i residenti nell’UE e negli stati parte dell’accordo di Schengen1. In caso di positività al COVID 19 si prevede il divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora sempre su ordine dell’autorità sanitaria e fino all’accertamento della guarigione o al ricovero in una struttura sanitaria o altra struttura allo scopo destinata.

Non sono previste forme di esecuzione “forzata” di queste misure. Al contrario, l’obbligo di isolamento precauzionale comporta quello di essere reperibili, di evitare contatti sociali e spostamenti e viaggi. a sua violazione configura un illecito amministrativo punito con una sanzione pecuniaria. Nel caso di positività al COVID 19, la violazione delle misure integra un’ipotesi di reato.

Può essere utile soffermarsi sulla definizione di misure incidenti sulla libertà personale, così come individuata dalla Corte Costituzionale nella nota sentenza n. 105 del 2001, in materia di accompagnamento coattivo alla frontiera di cittadini stranieri espulsi. In questa pronuncia la Corte ha evidenziato che la restrizione della libertà fisica dell’individuo incide sulla libertà personale quando non sia di lieve entità e ha affermato che la libertà personale deve considerarsi limitata “in ogni evenienza di assoggettamento fisico dell’altrui potere” e quando si verifica “quella mortificazione della dignità dell’uomo […] che è indice sicuro dell’attinenza della misura alla sfera della libertà personale”.

Inoltre, la Consulta, nella sentenza n. 194 del 1996, relativamente all’accompagnamento del conducente di un veicolo per accertamenti tossicologici, ha ritenuto fondamentale, per ascrivere o meno tale accompagnamento all’area della libertà personale “la considerazione che il destinatario della misura può rifiutarsi di seguire gli agenti, pur esponendosi in tal caso al rischio di un giudizio e di una sanzione penale, senza però che l’autorità di polizia possa esercitare alcuna forma di coazione fisica”. Quindi, mentre nel caso di accompagnamento alla frontiera di persone destinatarie di provvedimenti di allontanamento si determina l’assoggettamento all’altrui potere che concretizza una condizione di privazione della libertà personale, nel caso di accompagnamento per accertamenti tossicologici la Corte esclude la sussistenza di una privazione della libertà. La violazione di tale obbligo integra un illecito ma tale misura non è soggetta ad una esecuzione forzata da parte delle autorità competenti.

In questo senso, la condizione di fatto che vivono i cittadini stranieri durante la permanenza presso le navi quarantena sembrerebbe avere tutte le caratteristiche della privazione della libertà personale, così come riconosciuto dalla giurisprudenza citata, ricadente nella disciplina dell’art. 13 della Costituzione.

Durante lo svolgimento della misura della sorveglianza sanitaria a bordo delle navi, ai cittadini stranieri è fisicamente impedito di allontanarsi: le navi infatti si trovano per la maggior parte del tempo in rada e non attraccate all’interno dei porti. Inoltre a bordo sono presenti anche agenti di sicurezza che svolgono attività di controllo e sorveglianza: si configura quindi una situazione di assoggettamento di chi si trova sulla nave rispetto alle autorità preposte al controllo. Si ritiene che questa condizione sia pertanto strutturalmente differente da quella di chi è sottoposto a isolamento fiduciario in altri luoghi o nella propria abitazione. Sono infatti radicalmente diverse le modalità di svolgimento della misura e il livello di coercizione attuato da parte dell’autorità. E’ evidente in tal senso il trattamento discriminatorio a cui sono sottoposti i cittadini stranieri sulle navi quarantena. Tale differente trattamento, come visto, è anche idoneo a configurare ulteriori violazioni dei diritti, con particolare riferimento all’accesso all’assistenza sanitaria, alle informazioni e alle procedure di riconoscimento della protezione internazionale.

Se la misura della sorveglianza sanitaria a bordo di navi costantemente in navigazione o in rada ad alcune miglia dalla costa incide sulla sfera della libertà personale di chi vi è sottoposto, si rende necessaria una valutazione sulla compatibilità di tale misura e della sua base giuridica con l’art. 13 della Costituzione. Ciò appare tanto più necessario alla luce della normalizzazione dell’utilizzo di questa misura e del prolungamento del periodo dell’emergenza sanitaria nazionale.

È utile ricordare che, ai sensi dell’art. 13 Cost., ogni forma di privazione della libertà personale può avvenire solo sulla base di norme che ne disciplinino tassativamente casi e modi e che deve essere convalidata dall’autorità giudiziaria entro termini temporali ben precisi. La normativa vigente sopra menzionata consente l’applicazione della misura della “quarantena precauzionale”, senza tuttavia prevedere forme di coercizione volte al ripristino della misura in caso di sua violazione, la quale comporta esclusivamente l’imposizione di una sanzione amministrativa.

Nel caso dei migranti, l’applicazione delle misure di sorveglianza sanitaria con le caratteristiche fin qui descritte per le navi ha riguardato nel corso dei mesi anche altri luoghi come hotspot e centri di accoglienza, senza che però sia stato chiarito quale sia la base legale che legittimerebbe tale compressione della libertà personale. I cittadini sottoposti a queste restrizioni non hanno inoltre a disposizione rimedi giurisdizionali effettivi e né la garanzia del controllo dell’autorità giudiziaria. Inoltre, non sembrerebbe che la misura della quarantena precauzionale dei cittadini stranieri sia disposta sulla base di un provvedimento individuale e formale da parte dell’autorità sanitaria, nonostante questo profilo sia chiaramente previsto dalla legge, rischiando di dare luogo a forme di detenzione arbitraria e senza alcuna garanzia rispetto alla considerazione delle situazioni individuali, all’esatta durata della misura, alle informazioni fornite alla persona.

Nei fatti l’applicazione di misure legate alla prevenzione del Covid-19 nei confronti dei cittadini stranieri arrivati via mare o già sul territorio nelle strutture di accoglienza, ha comportato il loro sistematico confinamento in luoghi chiusi situati in frontiera, spesso in violazione dei diritti in materia di informazione e accesso all’asilo e incidendo senza garanzie sulla libertà personale. Forme di detenzione e confinamento in frontiera rispondono del resto alle esigenze legate alle procedure di selezione e incanalamento che costituiscono la ratio dell’approccio hotspot. Del resto, con riferimento allo scenario europeo, il Nuovo patto europeo su migrazione e asilo, prevede una procedura di prescreening da svolgersi in frontiera prima di avere formalmente accesso al territorio anche al fine di effettuare controlli sanitari nei confronti dei cittadini in ingresso in maniera irregolare.

I primi tre contributi di approfondimento:
L’esperimento delle navi quarantena e le procedure di determinazione della condizione giuridica: una radicalizzazione dell’approccio hotspot
Le condizioni materiali di permanenza, i servizi e l’accesso alle cure
L’esperimento delle navi quarantena e i principali profili di criticità

  1. Allo stato attuale la quarantena precauzionale ha una durata di 10 giorni come da Circolare del Ministero della Salute del 12 ottobre 2020.