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Diritto all’unità familiare – Con quale grado di parentela è possibile ottenere un pds?

L’art. 28, comma 2, del Testo Unico sull’Immigrazione (Diritto all’unità familiare) recita: “Ai familiari stranieri di cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione Europea, continuano ad applicarsi le disposizioni del Decreto del Presidente della Repubblica del 30 dicembre 1965, numero 1656, fatte salve quelle più favorevoli del presente testo unico o del regolamento di attuazione”.
Ai cittadini stranieri, che sono familiari di cittadini italiani, continuano ad applicarsi le norme sullo stato giuridico dei cittadini comunitari e quindi della libertà di circolazione delle persone.
Infatti il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di circolazione e soggiorno dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea (DPR 18 gennaio 2002 n. 54) prevede che ai familiari stranieri di cittadini italiani si applichino le norme sulla circolazione delle persone previste nella Comunità Europea, ossia sono equiparati ai cittadini comunitari e pertanto godono della piena libertà di circolazione e di stabilimento (artt. 39 ss. Del Trattato istitutivo della Comunità europea).
Per gli stessi motivi, tali soggetti sono inespellibili e, quindi, hanno diritto (art. 19 del Testo Unico sull’Immigrazione), anche in deroga a tutte le norme in materia di ingresso per soggiorno, ad un pds per motivi di famiglia valido anche per lavoro.

Nel caso primo caso prospettato del fratello che vive in Germania con valido permesso di soggiorno per lavoro, si precisa che lo stesso può dalla Germania spostarsi in Italia senza dover chiedere un visto di ingresso, in quanto è in possesso di un valido permesso di soggiorno per lavoro in Germania che, in base alla norma previste dal Trattato di Schengen (Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985, del 19 giugno 1990), vale come se fosse un visto di ingresso per breve soggiorno in tutti i paesi dello spazio Schengen. Dalla Germania, munito di quel permesso di soggiorno, può spostarsi direttamente in Italia. Questo lo potrebbe fare in via generale solo per brevi soggiorni, quindi per fare il turista in Italia per un massimo di tre mesi, dovendo comunque chiedere entro 8 giorni dall’ingresso il permesso di soggiorno per turismo (v. art.5, comma 7, T.U.). In questo caso –poiché si tratta del fratello di un cittadino italiano, parente di secondo grado– se si stabilisce presso il fratello può invocare l’applicazione dell’art 19 del Testo Unico sull’Immigrazione e, quindi, chiedere direttamente un permesso di soggiorno per famiglia valido anche per lavoro, in quanto convivente con parente entro il quarto grado di cittadinanza italiana.
La legge a questo riguardo parla di nazionalità e non di cittadinanza. Tuttavia è vero che, secondo la Costituzione italiana (art. 3) tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Non vi potrebbe essere nessuna legge in Italia che tratta diversamente dei cittadini rispetto ad altri per il fatto che gli uni sono cittadini per nascita e gli altri lo sono diventati successivamente per naturalizzazione.

Nel secondo caso, di un bambino di extracomunitario adottato da genitori italiani (che ha quindi ottenuto la cittadinanza italiana) non è possibile applicare la stessa regola perchè i parenti della famiglia di origine del bambino adottato non sono più considerati parenti a seguito dell’adozione. L’art 27 della legge 4 maggio 1983, n. 184 disciplinante l’adozione e l’affidamento dei minori prevede infatti che con l’adozione cessano i rapporti giuridici dell’adottato verso la famiglia di origine, salvo che per i divieti matrimoniali.