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Diritto alla protezione internazionale, ancora miraggio per chi non ha casa. La denuncia dello Sportello Migranti

Da Bologna la denuncia di una situazione che produce clandestinità e nega l'accesso alla procedura d'asilo

Domicilio e rinnovo del permesso di soggiorno, revoca dell’accoglienza e iter della domanda di asilo, richiesta di protezione internazionale e casa…

Dall’introduzione della cosiddetta legge Bossi-Fini il legame tra la casa e il permesso di soggiorno è divenuto un vero e proprio vincolo di legalità per i cittadini migranti, al punto che il cittadino straniero che esibisce la documentazione riguardante il lavoro e il pagamento delle tasse ma non quella relativa all’abitazione si vede rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno.
Da tempo la stessa sorte investe invece chi presenta la domanda di protezione internazionale, in aperta violazione della normativa in materia, che all’art 5 del Decreto Legislativo 142/2015 prevede una semplice auto-dichiarazione dell’interessato del luogo di domicilio o residenza.

A Bologna il richiedente asilo che si presenta agli uffici Immigrazione e Asilo della Questura per avviare la richiesta di protezione internazionale, o per rinnovare il permesso di soggiorno per richiesta asilo nell’attesa dell’audizione presso la Commissione Territoriale, si vede consegnare per iscritto la richiesta di presentare la documentazione sulla disponibilità dell’alloggio, ossia la dichiarazione di ospitalità da parte della persona che lo accoglie, il contratto di locazione con il consenso del proprietario della casa e la fotocopia del documento di identità sia del locatario che del locatore. Senza questi documenti non parte nessuna procedura. No casa? No richiesta protezione

Le conseguenze visibili di tale richiesta sono di almeno due tipi: il primo è l’archiviazione della domanda di protezione internazionale e l’ingresso nella clandestinità per chi non dispone di questi documenti; il secondo è il fiorire di un mercato delle documentazioni fasulle quotate tra i 400 e i 600 euro, rilasciate da locatori e locatari a richiedenti asilo senza risorse, costretti a ripagare il debito con ogni genere di “servigi”. Ci sono senza dubbio nazionalità leader del settore, ma la compra-vendita del contratto dell’appartamento e del benestare del proprietario sono una necessità a cui tutte le comunità migranti hanno in qualche modo dovuto fornire una risposta autorganizzata.

Non può nemmeno sfuggire che questo business illegittimo produce uno scarto notevole tra realtà e sua rappresentazione, perché tantissime persone secondo i data-base del Ministero dell’Interno risultano domiciliate in un luogo del tutto diverso (e piuttosto distante) da quello in cui realmente abitano, che resta invece misterioso poiché impossibile da dichiarare. Sono decine e decine i richiedenti asilo che si rivolgono a noi perché amici o parenti che li stanno temporaneamente ospitando non possono chiedere al proprietario di firmare un’autorizzazione.

Altrettanti sono coloro che, dopo aver presentato domanda di protezione internazionale, per ragioni differenti si ritrovano a non avere un luogo di dimora e di conseguenza un domicilio dichiarabile, costretti a vivere in strada o in edifici abbandonati e fatiscenti poiché sprovvisti di mezzi. Ecco allora che il disturbo di firmare dichiarazioni, sottoporre le proprie generalità alla Questura, esibire rogiti e contratti di locazione ha un costo, che oscilla anche in base alle richieste ulteriori avanzate dalla Questura nel tentativo dichiarato di arginare il fenomeno e tutelare i proprietari.

Quanto osserviamo da almeno due anni, denunciato già nel 2016 con un appello contro il requisito della disponibilità alloggiativa come condizione per il rinnovo del permesso di soggiorno sottoscritto da decine e decine di realtà, assume oggi una dimensione ancor più vasta. L’aumento dei richiedenti asilo senza fissa dimora in seguito alla revoca prefettizia delle misure di accoglienza – segnalato anche dall’inchiesta della rivista Altra Economia (marzo 2018) – si combina alla politica di respingimento alle frontiere interne europee e ai trasferimenti verso l’Italia ai sensi del regolamento di Dublino, oggi a pieno regime. Non conosciamo i dati ufficiali, ma siamo certi di non essere i soli testimoni della precaria e incerta condizione dei richiedenti protezione internazionale senza dimora, esposti nella loro fragilità economica ed abitativa ai ricatti di chi lucra sui loro bisogni.

Ci sembra allora necessario sollecitare il rispetto delle previsioni normative, da un lato garantendo alle autorità l’effettiva reperibilità dei richiedenti protezione internazionale ai fini di controlli e comunicazioni, dall’altro assicurando a ciascun individuo il diritto soggettivo e inviolabile a veder esaminata la propria istanza di protezione senza dover ricorrere a strumenti illegali. Nell’interesse pubblico e cittadino chiediamo che la Questura di Bologna accetti la domiciliazione dei richiedenti protezione internazionale presso la sede della nostra associazione, che da oltre un decennio è soggetto di tutela dei richiedenti/titolari della protezione internazionale così come delle persone a rischio di vulnerabilità.

Ci sembra non solo necessario, ma anche urgente e doveroso per affrontare in maniera responsabile ed efficace un fenomeno di speculazione e sfruttamento delle difficoltà che nelle sue dimensioni crescenti alimenta la cultura dell’illegalità.

Sportello Migranti Associazione Ya Basta! Bologna