Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Diritto di residenza. Decine di cause contro il comune di Ancona

Quando il PD giustifica la linea salviniana

Nonostante il Comune di Ancona abbia già perso una causa in tribunale per aver negato la residenza ad un richiedente asilo (vedi qui), l’ufficio anagrafe persiste nel vietare l’iscrizione anagrafica ai titolari di soggiorno per protezione internazionale.
Questa mattina abbiamo presentato più di dieci richieste d’iscrizione anagrafica al comune che già come anticipato inspiegabilmente dal dirigente verranno negate, questo ci costringe a fare decine di ricorsi in tribunale per impugnarle tutte, con un inutile dispendio di soldi per la comunità. Pur essendoci il parere di un giudice a dar torto all’ufficio anagrafe il dirigente continua a sostenere la legittimità delle proprie scelte basandosi su un principio di legalità improprio.

Che sia invece una scelta politica è del tutto evidente, nemmeno sorprende il fatto che il municipio a guida PD sia di fatto allineato su posizioni salviniane. La sindaca dorica ha spesso condiviso i provvedimenti dell’ex ministro Minniti che poi hanno avuto come naturale epilogo le due leggi discriminatorie a firma del capo della Lega.

Se ci fosse stata la volontà politica il Comune di Ancona aveva tutte le opportunità per schierarsi contro una parte della legge Salvini così come hanno fatto molti altri comuni italiani.

Infatti la sentenza di Ancona non è solo una sentenza come tante altre (vedi qui), ma è stata la prima in Italia ad interpellare la Corte Costituzionale che si dovrà esprimere sulla legittimità della legge. A riprova di quanto appena detto basta dare un occhiata alla rassegna stampa dei quotidiani italiani che hanno dato un grande risalto al ricorso vinto dall’avvocato Cognini contro il comune dorico (ne hanno parlato Avvenire, Il Fatto Quotidiano, Il giornale, il Maifesto, Il resto del Carlino ed il Corriere Adriatico solo per citare le testate più conosciute).

Tutto questo succedeva proprio mentre a livello nazionale si consumava la crisi di governo ed il PD sostituiva la Lega al comando. Quindi le opportunità c’erano tutte per cambiare la linea dell’ufficio anagrafe, c’era la visibilità, c’era la possibilità di dare un segno di cambiamento e sopratutto c’era una sentenza che dava ragione al richiedente. Ma nonostante tutte le opportunità, la linea, che tende sempre ad essere punitiva, del PD anconetano non è cambiata, addirittura hanno fatto finta di non sapere della sentenza, mascherandosi dietro un richiamo alla legalità generico e nel caso specifico del tutto fuori luogo. La letteratura giuridica sul diritto alla residenza da parte dei richiedenti asilo diviene di giorno in giorno sempre più voluminosa ed è oramai assodato che la legge Salvini quanto meno è scritta male e non intacca (come avrebbe voluto) il diritto di un richiedente protezione internazionale ad avere la residenza nel comune dove risiede da almeno tre mesi.

Fin qui il discorso sembrerebbe essere incernierato su interpretazioni legali astratte, in realtà le ricadute sulle “vittime” di questo diritto negato sono profondamente gravi. L’impossibilità di prendere la patente o il fatto di non poter iniziare ad accumulare gli anni di residenza per ottenere la cittadinanza sono solo due aspetti di una serie di limitazioni e vincoli assolutamente discriminanti. Coloro che proclamano la correttezza della legge Salvini sulla residenza, a sostegno delle proprie tesi producono un lungo elenco di cose che si possono ottenere anche senza l’iscrizione anagrafica, come l’apertura di un conto corrente, l’iscrizione all’Inps, la possibilità di fare un contratto di lavoro etc. ed è vero ma non nella realtà. Ovvero spiegando meglio, in Italia c’è un apartheid di fatto ed i diritti non sono per tutti uguali. Anche se un richiedente asilo ha diritto ad aprire un conto corrente in nove casi su dieci gli viene negato motivando il rifiuto per la mancanza di residenza o del passaporto. Sebbene entrambi i titoli non siano richiesti sono queste le risposte che si ottengono agli sportelli.

Nello stesso comune di Ancona, l’ufficio anagrafe aveva negato di rilasciare la carta di identità ad un migrante in possesso del famoso cedolino rilasciato dalla questura, che come tutti dovrebbero sapere, ed in particolar modo dovrebbero sapere gli impiegati dell’anagrafe, è del tutto equivalente al permesso di soggiorno. Solo l’intervento di un legale ha sbloccato la situazione ed ha permesso al richiedente di ottenere il documento richiesto. E’ chiaro, girando per uffici, come le richieste da parte di migranti chiaramente identificabili per il colore della pelle, produce in alcuni impiegati una sorta di fastidio nel concedere quello che normalmente si è deputati ad assolvere.

Un ufficio dedicato al rilascio delle tessere sanitarie ha addirittura istituito un percorso diverso per i richiedenti asilo, cosa del tutto ingiustificata e profondamente discriminatoria. Quindi il fatto di negare la residenza implica tutta una serie di discriminazioni e limitazioni che vanno oltre il puro aspetto normativo, ed è per questo motivo che opporsi a questo oltre che un diritto è un dovere di tutti.

Danilo Burattini

Membro della redazione di Melting Pot Europa e dell'Ambasciata dei Diritti delle Marche.

Ambasciata dei Diritti Marche

L’Ambasciata dei Diritti Marche è un’associazione Onlus che opera nel territorio marchigiano.
Lo sportello legale dell'Ambasciata dei Diritti e l'osservatorio contro le discriminazioni sono attivi presso la sede di via Urbino, 18 ad Ancona.