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Diteci dove sono

Dove sono finiti i giovani tunisini sbarcati nel 2011?

E’ partita un’iniziativa rivolta al Presidente della Repubblica affinché, dopo un’incomprensibile attesa di cinque anni, le famiglie tunisine dei ragazzi scomparsi dopo la traversata del Mediterraneo possano conoscere la verità. Condividi, scrivi, invia una cartolina come quella qua sotto (o invia una mail).
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Le sempre più numerose e frequenti morti e scomparse dei migranti in mare e in terra macchiano in modo indelebile le coscienze dell’Europa e dell’Italia, prime responsabili delle cause che determinano le migrazioni e dell’assenza di canali sicuri e legali nelle rotte migratorie.

L’impegno del governo italiano nel recupero e nell’identificazione dei corpi del naufragio del 18 aprile 2015 è sicuramente una lodevole iniziativa in quanto fornisce delle risposte, le prime ad oggi, ai familiari delle vittime, ma sicuramente non è abbastanza, non deresponsabilizza nè compensa le criminose mancanze delle istituzioni in merito alla gestione dei flussi migratori.

Ci chiediamo dunque se questo gesto isolato, umano ma innanzitutto doveroso, sia davvero sentito dal momento che l’impegno rimane parziale, circoscritto alle vittime di un unico naufragio e non risolutivo. L’atteggiamento infatti appare dissonante rispetto alla ricorrente noncuranza italiana ed europea nell’evitamento delle stragi in mare e nella ricerca dei migranti dispersi, al punto da instillare il dubbio che il fine ultimo sia l’esigenza di un ritorno mediatico nell’operato del governo.

Perché altrimenti adottare due pesi e due misure quasi a stilare classifiche con naufraghi di serie A e B?

Le famiglie tunisine, insieme alle quali da anni cerchiamo delle risposte, non possono accettare che le vite o le morti dei loro figli meritino meno importanza di quelle di qualunque altro giovane essere umano.

Dove sono finiti i giovani partiti a bordo di tre imbarcazioni dalle coste tunisine nel 2011 e il cui arrivo in Italia è attestato dalle registrazioni di emittenti europee, in particolare francesi e italiane?

Di fronte a queste evidenze riteniamo vergognoso che, a distanza di cinque anni, non si sia dato riscontro alcuno alle loro famiglie pur essendosi intrapreso un percorso giuridico formale che ad oggi non ha portato né a un rinvio a giudizio né ad archiviazione risultando pertanto paralizzato.

Le risposte date dalle autorità italiane non giurisdizionali sono state lente, superficiali e non sufficienti.

Si sta chiedendo insistentemente di dar la possibilità a tutte le famiglie di consultare gli archivi fotografici sia dei foto-segnalamenti sia degli sbarchi, al fine di dar loro la possibilità di riconoscere l’eventuale presenza dei loro figli.

Non è questo l’unico irrisolto che ci induce a credere in un trattamento diversificato nei confronti dei migranti tunisini. È stata recentemente portata avanti richiesta d’identificazione dei corpi senza nome sepolti a Lampedusa. I corpi sono moltissimi, tuttavia, almeno cinque di essi, abbiamo buoni motivi per ritenere che appartengano ai tunisini naufragati a Lampione il 6 settembre 2012.

Di fronte alla richiesta di attribuire un nome e un’identità a questi cinque corpi, per una questione d’umanità prima ancora che per dovere istituzionale, ci è stato risposto che se ne stanno occupando le autorità tunisine. È dunque cambiato qualcosa rispetto alla giurisdizione di Lampedusa? Ma soprattutto, se non sono stati identificati, come è stato possibile attribuire loro un’appartenenza nazionale tale da scaricare la responsabilità sul governo tunisino? Se invece le autorità italiane si dichiarano sicure della nazionalità delle vittime, perché non è stato reso noto il processo di accertamento e la conseguente identificazione dei cadaveri?

Paragonato ai risultati recentemente raggiunti nelle operazioni di recupero dei corpi del naufragio di aprile 2015, risulta difficile credere nell’impossibilità tecnica di affrontare la questione tanto più che l’identificazione sarebbe ancora più semplice non dovendo andare a rinvenire corpi in mare.

Disinteresse mediatico? Mancanza di volontà? Scelta di comodo?
Qualunque sia la motivazione alla base di tale parzialità e irresponsabilità giuridica, noi ad oggi non troviamo alcun motivo per cui ritenerci orgogliosi dell’operato del nostro governo nella politica di accoglienza e gestione dei flussi migratori.

CarovaneMigranti

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Marta Peradotto, Carovane Migranti

Attivista di CarovaneMigranti, vive a Torino e insegna in una scuola primaria. Ha partecipato alla carovana #Overthefortress a Idomeni a marzo 2016 e ha visitato vari campi profughi governativi e spontanei ad Atene, Salonicco e sulle isole greche (Lesvos). In Italia ha avuto modo di conoscere e partecipare da indipendente ai presidi di Ventimiglia e Como.