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Dove i migranti in Europa restano in attesa

Sara Prestianni - 25 ottobre 2016

Photo credit: © Sara Prestianni Una donna siriana seduta insieme al figlio al Porto del Pireo, marzo 2016

In tutta Europa stanno spuntando accampamenti informali per migranti in transito, dagli avamposti di Calais, Idomeni, Chio e Lesbo alle capitali come Roma, Atene e Parigi. Questi accampamenti, che si presentano come un patchwork di tendopoli e ricoveri di fortuna in edifici riadattati all’occorrenza, mettono in evidenza le conseguenze delle politiche europee in materia di gestione dell’accoglienza e dei confini.

La cosiddetta “giungla di Calais” francese ne è forse l’esempio più lampante. Si tratta di un accampamento in continua espansione vicino Calais comparso per la prima volta nel 2002 e raso al suolo decine di volte dalle autorità francesi e britanniche. Questa settimana sono state avviate nuovamente le evacuazioni di massa, in cui migliaia di migranti sono stati trasportati su pullman che li smisteranno in centri di accoglienza temporanei in varie parti della Francia.

Questa scena si ripete ogni volta: il campo viene ricostruito per poi essere sgomberato per l’ennesima volta.

Questi accampamenti crescono e poi svaniscono in tutta Europa ogni volta che i migranti vengono sfollati. L’accampamento di Idomeni, al confine tra la Grecia e la Macedonia, è cresciuto a vista d’occhio fino a diventare il più grande accampamento in Europa dopo che le autorità hanno tentato di bloccare la rotta verso la Germania.

A marzo, gli accampamenti di Suda e di Dipethe nell’isola greca di Chio hanno accolto 2000 migranti dopo l’accordo tra l’Unione Europea e la Turchia, che li aveva lasciati in un limbo.

Per molti migranti la vita si è fermata in questi accampamenti, dove restano in attesa di un altro carico di aiuti umanitari, del prossimo tentativo di valicare i confini o dell’ennesimo cambio della politica migratoria. La galleria fotografica qui sotto mostra questi posti e le vite persone che ci vivono: l’ospitalità, il calore e la dignità nonostante le circostanze più precarie.

Photo credit: © Sara Prestianni
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