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E’ sposato con una italiana, il giudice lo dichiara inespellibile ma finisce lo stesso in un centro espulsioni

L'incredibile vicenda di Diego Ndoudi

Capita anche questo. Va in questura a ritirare il permesso di soggiorno, la polizia lo “impacchetta” e lo spedisce in un centro espulsioni. E pazienza se è sposato con una donna italiana ed è stato dichiarato inespellibile dal giudice. E’ successo lo scorso giugno ad un cittadino congolese, Diego Dieumerci Ndoudi. La moglie ha contattato la redazione di Melting Pot ma ci ha chiesto di mantenere il silenzio sino a che il marito non fosse uscito dal centro, per evitargli guai peggiori. Oggi, Diego, è stato finalmente rimesso in libertà. E’ tornato dalla moglie, ci ha lasciato una intervista video e possiamo raccontare la sua vicenda.

E partiamo da quel giorno in questura quando, invece di vedersi consegnare il permesso di soggiorno, si trova chiuso in una stanza, pronto per essere spedito nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) di Potenza. La moglie, toscana di Grosseto, viene avvisata con un sms e corre in questura solo per scoprire che non può neppure avvicinarsi al marito.

Il giudice ha detto che non può essere espulso, mica che ha diritto al permesso di soggiorno“, le dice un poliziotto. Va in scena insomma, il solito teatrino del poliziotto buono e poliziotto cattivo.

Sì, te lo portiamo al centro di espulsione di Potenza, ma vedrai che te lo rimandano a casa in un paio di giorni. Stai tranquilla” la tranquillizza il primo. “Gente così deve tornarsene a casa sua. Vi va bene che tu sei sua moglie e soltanto per questo gli abbiamo concesso il permesso di mandarti un sms e non lo abbiamo imbarcato immediatamente a Fiumicino – le dice il secondo, che puntualizza – Della sentenza del giudice, a noi, non ce ne frega nulla“.

Dieumerci Ndoudi ha 28 anni. E’ congolese e lo chiamano tutti Diego perché il padre è un tifoso di Maradona. Nel 2010 è convolato a nozze con una ragazza toscana che che lavorava in un progetto di cooperazione sociale locale in Congo. Finito il periodo di lavoro all’estero, la moglie è tornata in Italia e Diego è andato con lei. Ma il loro, più che un matrimonio, è una odissea barcamenata tra soprusi e assurdità burocratiche.

La moglie ce l’ha raccontata quando Diego era ancora rinchiuso nel centro espulsioni di Potenza. Comunicavano con un cellulare del quale doveva gestire con parsimonia la carica, in quanto non gli era concesso di collegarlo ad una presa di corrente. Un cellulare con la telecamera rotta. “Pare che sia la prassi, altrimenti la polizia non potrebbe riconsegnare il telefono ai migranti. Non è consentito scattare foto delle strutture” ci ha spiegato la moglie quando ci ha chiesto di allertare la rete di legale di LasciateCIEntrare.

Come sia potuto succedere che un cittadino straniero regolarmente sposato con una italiana, possa essere espulso, ce lo ha spiegato così: “All’inizio del nostro matrimonio tutto era filato alla perfezione. Diego aveva imparato l’italiano, preso la patente e anche trovato lavoro come operaio nel settore degli infissi. Lui, nel suo Paese, lavorava il legno. Era uno scultore. Poi l’azienda è andata in crisi e lui è rimasto a casa. Ha avuto dei problemi con la giustizia: in questo periodo, si è preso qualche denuncia perché ogni volta che i carabinieri lo fermavano per un controllo, lui reagiva“.

In questo periodo accade poi un episodio fondamentale. Una signora viene scippata da due neri e la polizia ferma Diego che era nelle vicinanze. La signora lo scagiona subito, spiegando che non era lui uno dei due ladri, ma Diego viene ugualmente portato in caserma per accertamenti. Ammanettato mani e piedi le prende di santa ragione.
Ne esce con otto punti di sutura alla testa e una denuncia per resistenza – racconta la moglie -. L’accusa di scippo cade subito perché tutti i testimoni concordano nell’affermare che non era stato lui. La stessa signora scippata lo scagiona. Ma gli rimane comunque una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale. Diego era su una bicicletta senza lucchetto e non voleva abbandonarla per seguire in questura i poliziotti“.

Così Diego Dieumerci Ndoudi va a processo e, come recidivo, si becca 4 anni “esemplari” tra carcere e comunità.

Pensavamo che fosse tutto a posto ed invece è cominciato il calvario“. Diego va su e giù decine di volte per gli uffici della questura di Grosseto a chiedere quello che è solo un suo diritto: restare a vivere nel Paese della moglie. Ed invece ogni volta il personale dell’ufficio tira fuori una novità: prima deve avere un avvocato, poi torna con l’avvocato e non lo ricevono. Ad un certo punto lo mandano dai sindacati, non si è capito a far cosa. In un giorno solo lo fanno tornare ben cinque volte, sempre per una carta che manca. Lo mandano anche a Roma, alla sua ambasciata, a farsi rinnovare il passaporto. La cosa va avanti per mesi. Alla fine gli dicono che è tutto a posto, che gli daranno il permesso di soggiorno, e che torni domani (venerdì 15 giugno ndr.) alle ore 9 che gli consegneranno le carte. Lui ci va e lo tengono, senza dirgli nulla, sino alle tre del pomeriggio, quando improvvisamente gli sequestrano cellulare e documenti e gli dicono che sarà immediatamente portato al centro espulsioni di Potenza per essere successivamente rispedito in Congo. Diego credeva che stessero preparando il suo permesso di soggiorno ed invece stavano scrivendo il decreto di espulsione.

Solo, alla sera, mentre lo portano al pronto soccorso per la visita di prassi, la polizia gli consente di mandare un sms alla moglie che lo raggiunge là con l’avvocato. “Non me lo hanno fatto neppure vedere, mio marito. I poliziotti ci hanno dato risposte assurde e il nostro avvocato è rimasto scioccato di fronte a tanta arroganza. Una sentenza del giudice non vale dunque più niente? E come possono arrogarsi il diritto di separare una famiglia? Ho potuto vederlo solo all’uscita, mio marito, mentre lo caricavano nella volante. Ho fatto appena in tempo a porgergli un panino perché neppure da mangiare gli hanno dato“.

Oggi, quattro mesi dopo, possiamo scrivere che la vicenda è finita bene. Diego è stato liberato ed è potuto tornare dalla sua compagna. Non tutto però è risolto, c’è ancora un ricorso in Cassazione depositato perché la Questura ancora non rilascia il permesso di soggiorno. Diego sta anche avviando una attività come falegname ed artigiano del legno nella sua Grosseto. Ma dentro, gli rimangono ancora le ferite dei tanti soprusi subiti e una domanda che non ha trovato risposta. Perché tutto questo?
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Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.