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El Salvador – Protezione umanitaria alla richiedente: nel Paese dilaga una condizione di instabilità e di generale degrado e povertà

Corte d’Appello di Milano, sentenza n. 3776 del 17 settembre 2019

La Corte d’Appello di Milano ha riconosciuto ad una cittadina salvadoregna il diritto di ottenere il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari in considerazione della situazione socio – politica nel Paese di origine e della situazione personale della richiedente.

In riferimento alla difesa svolta dal Ministero dell’Interno avverso la domanda di protezione umanitaria, sulla base delle modifiche apportate dal DL 113/2018 al T.U.I. ed in particolare all’art 5 del medesimo, la Corte ne ha accertato la infondatezza, in adesione al seguente principio di diritto fissato dalla Corte di Cassazione – Prima Sezione Civile – con la recente sentenza n. 4890/2019 del 23.01.2019: “La normativa introdotta con il d.l. n.113/2018, convertito nella L. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari dettata dall’art 5, co.6, del d.lgs. n.286/1998 e dalle altre disposizioni conseguenziali, sostituendola con la previsione di casi speciali di permessi di soggiorno, non trova applicazione in relazione alle domande di riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore (5.10.2018) della nuova legge, le quali saranno pertanto scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione“.

Accertata la sussistenza per l’appellante di vedersi esaminata la domanda di protezione umanitaria, la Corte d’Appello di Milano ha richiamato l’importante pronunzia della Suprema Corte n. 4455/2018 nella parte in cui ha affermato che “I “seri motivi” di carattere umanitario oppure risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano (art. 5 comma 6 cit), alla ricorrenza dei quali lo straniero risulta titolare di un diritto soggettivo al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (Cass. sez. un. n. 19393/2009 e Cass. sez. un. n. 5059/2017), non vengono tipizzati o predeterminati, neppure in via esemplificativa, dal legislatore, cosicché costituiscono un catalogo aperto (Cass. n. 26566/2013), pur essendo tutti accomunati dal fine di tutelare situazioni di vulnerabilità attuali o accertate, con giudizio prognostico, come conseguenza discendente dal rimpatrio dello straniero, in presenza di un’esigenza qualificabile come umanitaria, cioè concernente diritti umani fondamentali protetti a livello costituzionale e internazionale”.

Con riferimento alla necessità di una comparazione tra diversi aspetti del caso concreto, al fine del riconoscimento dei presupposti della protezione umanitaria, la Suprema Corte ha evidenziato che “…il parametro dell’inserimento sociale e lavorativo dello straniero in Italia può essere valorizzato come presupposto della protezione umanitaria non come fattore esclusivo, bensì come circostanza che può concorrere a determinare una situazione di vulnerabilità personale che merita di essere tutelata attraverso il riconoscimento di un titolo di soggiorno che protegga il soggetto dal rischio di essere immesso nuovamente, in conseguenza del rimpatrio, in un contesto sociale, politico o ambientale, quale quello eventualmente presente nel paese di origine, idoneo a costituire una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali inviolabili…La condizione di ‘vulnerabilità’ può…avere ad oggetto anche la mancanza delle condizioni minime per condurre un’esistenza nella quale non sia radicalmente compromessa la possibilità di soddisfare i bisogni e le esigenze ineludibili della vita personale, quali quelli strettamente connessi al proprio sostentamento e al raggiungimento degli standards minimi per un’esistenza dignitosa…”.

La “vulnerabilità” può essere conseguente “ad una situazione politico-economica molto grave con effetti d’impoverimento radicale riguardanti la carenza di beni di prima necessità, di natura anche non strettamente contingente, o anche discendere da una situazione geo-politica che non offre alcuna garanzia di vita all’interno del paese di origine (siccità, carestie, situazioni di povertà ineliminabili) …”.

E’ necessaria, pertanto, una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza e cui egli si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio. I seri motivi di carattere umanitario possono positivamente riscontrarsi nel caso in cui, all’esito di tale giudizio comparativo, risulti una effettiva ed incolmabile sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di vita dignitosa (art. 2 Cost.).

Nella fattispecie concreta i giudici di appello hanno evidenziato, sulla scorta delle informazioni ricavabili dalle fonti qualificate, che l’attuale situazione socio – politica del El Salvador, “se va ad escludere la richiesta di protezione sussidiaria, va, invece, valorizzata al fine di accertare la fondatezza della domanda di protezione umanitaria, in combinazione con la valutazione della situazione personale soggettiva della parte istante”.

La Corte ha accertato che l’appellante ha concretizzato un buon inserimento sociale e lavorativo sul territorio Italiano, dovendosi valorizzare il percorso attuato dalla medesima al suo ingresso in Italia volto a frequentare la scuola, acquisendo una padronanza della lingua italiana, come comprovato dall’aver reso l’audizione senza l’assistenza di interprete e lavorando stabilmente per il medesimo datore di lavoro a tempo indeterminato. Il Collegio, ha ravvisato in capo all’appellante una condizione di vulnerabilità meritevole di tutela, “tenuto conto del tempo trascorso da quando ha lasciato il El Salvador, comparato alla sua delicata condizione familiare, dovendo provvedere al mantenimento di una giovane figlia ed avendo avuto un altro figlio, tanto da far ritenere concretamente difficile per l’istante un rientro in patria ove dilaga una condizione di instabilità e di generale degrado e povertà, ritenendo che sussistano i presupposti per il rilascio di un permesso per ragioni umanitarie”.

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Corte d’Appello di Milano, sentenza n. 3776 del 17 settembre 2019