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Emergenza centri di detenzione: che succede a Trapani?

Comunicato dell’on. Lillo Miccichè ( Verdi) dopo la visita al "Serraino Vulpitta"

La situazione siciliana è un emergenza continua che non deriva dagli sbarchi dei clandestini ma dalla logica di chiusura con cui il governo nazionale e quello regionale affrontano questi problemi, ormai strutturali, e persino stazionari, nella loro consistenza numerica.

Si ritiene che l’unico contrasto all’immigrazione clandestina sia costituito dall’aumento dei controlli di frontiera, in base a nuovi accordi di riammissione e magari dall’istituzione di un nuovo corpo di polizia ( a partecipazione europea). Ma la proposta del governo italiano è già rimasta isolata. Anche le proposte di formare corpi di polizia misti, in collaborazione con i paesi rivieraschi sono già fallite in partenza, a fronte della scarsa collaborazione delle autorità tunisine e libiche.

L’unico bilancio che si può ricavare, in questo clima di confusione è costituito dalle decine di vittime frutto delle nuove politiche di contrasto in mare dell’immigrazione clandestina, politiche concordate a livello intergovernativo che producono ritardi inammissibile nel soccorso delle vite in mare.
In questo quadro la situazione nei centri di detenzione amministrativa va diventando insostenibile, anche per effetto della promiscuità delle persone che vengono internate e del raddoppio della durata del trattenimento: la violenza dilaga sia tra gli stessi immigrati, che, ed è questo l’aspetto più preoccupante, nei rapporti tra gli agenti di custodia e la eterogenea moltitudine di persone che finisce in queste strutture.

A Trapani, nel centro di detenzione amministrativa Vulpitta, si sono registrati in diverse occasioni tentativi di fuga e gesti di ribellione, che sono stati “sanzionati” non in base a quanto prescritto dalla legge, con una denuncia penale, nel rispetto comunque della dignità e della integrità fisica delle persone, ma con veri e propri “pestaggi” personalizzati che hanno solo determinato un clima ancora più difficile di tensione. Anche l’ingresso delle associazioni indipendenti che portano assistenza umanitaria è diventato più difficile, e in qualche caso agenti della Digos hanno imposto la loro presenza ai colloqui che venivano effettuati con gli immigrati trattenuti nel centro, tentando di strumentalizzare la stessa presenza degli operatori umanitari.

Di fronte alla volontà espressa da alcuni immigrati che intendevano sporgere denuncia, si è prospettata la possibilità di una controdenuncia degli stessi, da parte delle forze di polizia, che poi però, una volta sortito l’effetto di far scomparire la volontà di denuncia ( ma non i lividi o la memoria dei fatti), si sono ben guardate dallo sporgere la denuncia che avevano minacciato.
In questo modo non si tutela neppure la sicurezza degli operatori della struttura.

In altre occasioni la presenza degli agenti di polizia al tavolo del colloquio è stata reclamata per “controbattere” alle accuse rivolte agli agenti dagli immigrati vittima dei pestaggi. Come se il compito della forze di polizia fosse quello di impedire qualunque possibilità di denuncia e non invece quello di mantenere l’ordine applicando la legge ed i regolamenti, che impongono il rispetto della dignità e dell’integrità fisica delle persone trattenute ( come dei detenuti), ferma restando la possibilità di perseguire penalmente chi compie reati in trovandosi in stato di detenzione all’interno di un centro che alcuni continuano a chiamare come un centro di “accoglienza”.

Nel corso dell’ultima visita effettuata da una delegazione composta dall’On Lillo Miccichè, da rappresentanti del Forum sociale siciliano, con il Coordinamento trapanese per la pace, alcuni immigrati presenti all’interno della struttura lamentavano ancora segni di percosse, uno in particolare aveva un braccio ingessato perché all’interno della struttura, a suo dire, sarebbe stato scagliato con forza da alcuni agenti contro una rete di recinzione.
Chiediamo il rilascio della cartella medica di questo immigrato per conoscere la effettiva consistenza delle sue ferite e per approfondirne le ragioni.

Quasi tutti gli immigrati intervistati hanno lamentato la scarsissima possibilità di uscire all’aperto, nel campetto di calcio interno al Centro.
Riteniamo contrario alla dignità umana degli immigrati trattenuti al Serraino Vulpitta, oltre che fattore riproduttivo di continue tensioni, la circostanza che agli immigrati venga riconosciuto soltanto un tempo di trenta minuti di “aria” e che dopo gli ultimi episodi di ribellione sia stata preclusa l’uscita dal corridoio delle celle, in alcuni casi per otto giorni.
Preoccupa anche la lamentata assenza di un medico e le difficoltà che incontrano gli immigrati che richiedono controlli ospedalieri. La massiccia somministrazione di psicofarmaci non risulta controllata e si teme che possa diventare uno strumento ordinario di gestione della struttura con grave danno per gli internati, specie se di giovane età, che, a quanto sembra, ne fanno una elevata richiesta anche in casi che non sembrano specificamente meritevoli di tale trattamento.

Quanto avviene all’interno del Serraino Vulpitta di Trapani getta una luce sinistra sulle prospettive che si profilano oggi alla vigilia dell’apertura di una nuova struttura detentiva per migranti ( compresi i richiedenti asilo, anche loro costretti di fatto alla detenzione amministrativa dall’ultimo decreto governativo), in località Salina Grande, sempre in provincia di Trapani. I lavori stanno procedendo con appalti conferiti in base alla “somma urgenza” ed alle procedure accelerate degli interventi della protezione civile ( quindi al di fuori di procedure a rilevanza pubblica), e si può dubitare già adesso che la struttura, da tempo destinata ad attività sociali, riesca ad essere attrezzata in poche settimane come un centro di permanenza temporanea. Anche se si chiamerà sulla carta centro di “accoglienza” o di “identificazione”, appare già chiaro che sarà una vera e propria struttura chiusa di carattere detentivo. La tragica esperienza del rogo del 1999, sempre al Vulpitta di Trapani, per la quale c’è ancora un processo in corso a carico del Prefetto di allora, rischia di ripetersi ancora.

L’assemblea regionale siciliana ha attivato una commissione di indagine sui centri di detenzione aperti nell’isola, e numerosi parlamentari nazionali hanno effettuato periodiche visite, riscontrando situazioni di totale negazione della dignità umana, dei diritti fondamentali della persona ( a partire dal diritto di difesa e di comprensione linguistica), delle minime condizioni igieniche e sanitarie.
La Commissione parlamentare regionale deve essere formata al più presto ed effettuare visite periodiche nelle strutture detentive per migranti, sempre più numerose, aperte nell’isola.

Sarebbe tempo che anche il Parlamento nazionale avvertisse l’esigenza di una indagine complessiva per stabilire cosa avviene dentro i centri di detenzione per stranieri e quale sorte è riservata ai richiedenti asilo. E che le risorse destinate agli immigrati non finiscano soltanto per finanziare gli accompagnamenti coatti in frontiera, o la costruzione di nuove strutture detentive, ma vengano destinate piuttosto a favorire percorsi di integrazione, di emersione dalla irregolarità e di effettivo riconoscimento normativo ed assistenziale del diritto di asilo riconosciuto dall’art. 10 della nostra Costituzione. Occorre una nuova politica dell’asilo, e l’apertura dei flussi d’ingresso legali per ricerca di lavoro. Solo in questo modo sarà possibile sconfiggere chi specula sulla pelle dei disperati in fuga da guerre e da miserie indescrivibili.
E garantire anche la sicurezza dei migranti e dei cittadini, che non potrà venire certo dal continuo inasprimento delle misure repressive.

Palermo 30 giugno 2003