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Emergenza nord africa – Prorogata di soli due mesi l’accoglienza. E dopo?

Intervento della redazione di meltingpot.org

Il governo italiano, a poche ore dalla scadenza fissata in un primo momento al 31 dicembre, ha deciso di prorogare l’accoglienza per i profughi della cosiddetta emergenza nord africa fino al 28 febbraio. Bene, ma è questa la soluzione tanto sbandierata per il superamento dell’emergenza?

Tenere col fiato sospeso migliaia di persone è un comportamento irresponsabile, che indica chiaramente lo stato confusionale in cui versa la politica nel nostro paese, attenta alle proprie sorti parlamentari ma lontana anni luce dai problemi veri, quelli che toccano la vita delle persone. Se poi parliamo degli stranieri, beh, questi sicuramente non costituiscono bacini elettorali a cui attingere, anzi, nella guerra tra poveri frutto della crisi, occuparsi degli ultimi non suscita evidentemente particolare interesse.

Quella del governo è una soluzione tampone, evidentemente dovuta più al pensiero dei problemi di ordine pubblico creato da migliaia di disperati (a cui il nostro paese ha sganciato bombe in testa, giusto per non dimenticare), pronti ad ingrossare le fila dei senza dimora. Persino il New York Times ha acceso i riflettori sul “paradosso italiano“. Abbiamo visto nelle scorse settimane qual è stata la risposta alle mobilitazioni che, in molte città italiane, chiedevano a gran voce una soluzione vera, fondata sul rispetto dei diritti e della dignità di chi è stato costretto a scappare da guerre e violenze: polizia in assetto antisommossa, manganelli, botte. Benvenuti in Italia.

La proroga, in buona sostanza, è solo un modo per superare l’inverno. Prima c’era stata, con il solito, colpevole ritardo, nonostante la pressione esercitata sul governo da parte di migliaia di cittadini, come dimostrano le tantissime adesioni all’appello della campagna #dirittodiscelta, la decisione di rilasciare a tutti i profughi un permesso di soggiorno umanitario, con la speranza che, una volta ottenuto il documento, il numero più alto possibile lasciasse le strutture per cercare fortuna altrove. Ovviamente, senza un percorso vero di inserimento e accompagnamento, che non era stato attivato nell’anno e mezzo trascorso dall’arrivo di questa massa di disperati, l’autonomia e l’autosufficienza dei profughi è rimasta una chimera. La nota del Viminale con cui si annuncia la proroga del regime di accoglienza afferma che “il Ministero dell’Interno, attraverso i Prefetti, che subentreranno dal 1° gennaio nella gestione ordinaria, garantirà agli stranieri ancora presenti una accoglienza finalizzata ad una progressiva loro uscita dal sistema anche attraverso programmi di rimpatrio volontario e assistito.”

Viene da chiedersi cosa significhi e come si intenda procedere per la “progressiva uscita” dei profughi dalle strutture di accoglienza, e in cosa consistono materialmente quegli “ulteriori interventi per favorire percorsi di integrazione e di inclusione nel territorio”, se ad oggi poco o nulla è stato fatto per arrivare ad un concreto superamento, cosa auspicata da tutti, della fase emergenziale. Quella dell’accoglienza è stata una manna dal cielo per imprenditori e personaggi poco raccomandabili, che sulla disperazione hanno ingrassato i loro conti bancari (vedi inchiesta de l’Espresso) e se questo è stato possibile lo si deve alla, definiamola così, poca attenzione del governo. Centinaia di milioni di euro, che anziché costruire nell’anno e mezzo trascorso dagli sbarchi a Lampedusa effettive possibilità di autonomia e autosufficienza, conditio sine qua non per arrivare ad un reale superamento dell’emergenza, sono stati buttati in un enorme buco nero.

Ora si spera che una situazione così complessa, che riguarda la vita di migliaia di persone, fino ad oggi in larga parte abbandonate in un limbo, si risolva in 60 giorni. Non c’è bisogno di un genio per capire che questo è solo un modo per spostare avanti nel tempo (poco, tra l’altro) la gestione di un problema di cui non si vede la soluzione. A meno che la soluzione, per il Viminale, non consista nella replica in larga scala di quanto avvenuto nelle ultime settimane in giro per l’Italia: una questione umanitaria trasformata in problema di ordine pubblico. E cosa prevede questo? Polizia in assetto antisommossa, manganelli, botte. Déjà vu. Ovviamente speriamo di sbagliarci, di venire smentiti dai fatti. Sicuramente, per quanto visto sino ad oggi, non possiamo dirci tranquilli e fiduciosi. Il 28 febbraio è dietro l’angolo, come una spada di Damocle collocata sulle teste di migliaia di donne e uomini, una situazione di incertezza che rischia di esplodere. Nessuno potrà dire che non si poteva immaginare. Il nostro auspicio, ovviamente, è che lo slogan lanciato nelle manifestazioni a sostegno dei diritti dei migranti dell’emergenza nord africa, quel “non più profughi ma cittadini” si realizzi concretamente. Staremo a vedere.