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Espulsione e la “speciale autorizzazione” di cui all’ art. 13, comma 13, T.U. sull’Immigrazione

Come sappiamo, la coesistenza di una condanna penale e di un provvedimento di espulsione, a prescindere dalla minima gravità del reato per cui è stato condannato, secondo la norma di regolarizzazione esclude la possibilità di concedere il permesso di soggiorno (art. 1, comma 8, lett. a), d.l. 9 settembre 2002, n. 195 convertito dalla l. 9 ottobre 2002, n. 222). La domanda di regolarizzazione è stata infatti respinta.
Al di là delle considerazioni che si possono fare sulla giustizia di queste scelte operate dal legislatore per escludere taluni soggetti dalla regolarizzazione senza nemmeno consentire una valutazione caso per caso, ci viene richiesto:
– quali sono le possibilità di rientro in Italia in un futuro prossimo;
– se è vero che esiste la preclusione per dieci anni ad un nuovo ingresso;
– a partire da quando inizierebbe a decorrere tale periodo di interdizione (che, peraltro non si riflette soltanto sulla possibilità di ingresso in Italia, ma, in base al Trattato di Schengen, anche sulla possibilità di ingresso in tutti i paesi dell’Unione europea).

Relativamente all’ultima questione prospettataci si precisa che il periodo di interdizione all’ingresso in Italia comincia a decorrere nel momento in cui l’interessato lascia il territorio e la data relativa può essere individuata in base al timbro d’uscita apposto sul passaporto.
Per quanto riguarda poi la possibilità di rientro prima della scadenza del termine previsto dalla legge, bisognerebbe vedere se l’espulsione è stata adottata successivamente l’entrata in vigore della legge Bossi-Fini – che ha prolungato da 5 a 10 anni il periodo di interdizione (art. 13, comma 14, T.U. sull’Immigrazione) – o se invece è stata adottata prima.
Se fosse stata adottata prima, dovremmo ritenere che il periodo di interdizione sia quello di 5 anni poiché la nuova legge non è stata formulata in termini retroattivi a questo riguardo; in altre parole la più corretta interpretazione della legge Bossi-Fini fa ritenere che il provvedimento di espulsione comporti un’interdizione di 10 anni solo se adottato in base alla stessa.
Al contrario i provvedimenti di espulsione adottati in base alla vecchia legge dovrebbero continuare a mantenere l’interdizione per la durata inferiore di cinque anni, come prevista nel testo originario del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

Si precisa che la possibilità di ingresso anticipato rispetto alla durata di cinque o dieci anni, è rimessa unicamente alla valutazione discrezionale del Ministro dell’Interno. L’art. 13, comma 13 del T.U. sull’Immigrazione prevede infatti la possibilità di una richiesta di speciale autorizzazione al Ministro dell’Interno affinché venga consentito l’ingresso in deroga al periodo di interdizione previsto dalla legge.
Si tratta evidentemente di un provvedimento altamente discrezionale e, quindi, la risposta ad una domanda del genere non costituisce un atto dovuto e soprattutto un atto a contenuto vincolato, nel senso che l’amministratore competente può benissimo rispondere in senso negativo senza dover fornire particolari giustificazioni, dovendo effettuare una valutazione unicamente di opportunità.
Dal punto di vista pratico, la possibilità di valutazione a questo riguardo è comunque condizionata alla non presenza in Italia dell’interessato. In altre parole la domanda di speciale autorizzazione dovrà essere inoltrata presso la rappresentanza consolare italiana nel paese di provenienza, proprio perché la presentazione personale dell’interessato presso l’ambasciata con l’inoltro della domanda conferma che l’interessato ha ottemperato, sia pure tardivamente, al decreto di espulsione. La domanda presentata presso la rappresentanza consolare italiana viene poi trasmessa dal Ministero degli Esteri al Ministero dell’Interno che provvede a valutarla discrezionalmente.
La domanda, giova ripeterlo, può essere presa in considerazione soltanto se lo straniero si trova già all’estero e non quando lo straniero si trova in Italia e verosimilmente dovrebbe essere colpito dall’esecuzione del provvedimento di espulsione.

Precisiamo che nella pratica le probabilità di accoglimento di una domanda del genere – ossia l’autorizzazione all’ingresso anticipato in Italia – non ha moltissime probabilità di successo nel caso in cui non vi siano ulteriori agganci con la realtà italiana.
Nella pratica abbiamo invece riscontrato più probabilità di successo, quando domande di questo tipo (vedi allegato 1 e allegato 2) vengono fatte in presenza di una situazione in cui membri della famiglia dell’interessato sono già regolarmente soggiornanti in Italia. Il caso più tipico è appunto quello dello straniero che chiede di essere autorizzato all’ingresso in Italia con istanza di speciale autorizzazione rappresentando di avere ivi già regolarmente soggiornanti la moglie e i figli con la disponibilità di un idoneo alloggio e tutti i requisiti previsti per procedere alla ricongiunzione famigliare (art. 29 T.U. sull’Immigrazione).
In casi di questo genere consigliamo agli interessati di incrociare le due pratiche: quella relativa all’autorizzazione alla ricongiunzione familiare e quella per la speciale autorizzazione al rientro in Italia da inoltrare presso l’ambasciata italiana. L’interessato potrà dunque inoltrare all’ambasciata una domanda di speciale autorizzazione al rientro in Italia, facendo contestualmente presente che presso la competente questura è già stata inoltrata da parte del coniuge la domanda alla ricongiunzione familiare. A sua volta il coniuge che inoltra la domanda di autorizzazione alla ricongiunzione familiare presso la competente questura, potrà evidenziare all’Ufficio Immigrazione che è all’esame del Ministero dell’Interno la domanda di speciale autorizzazione del coniuge, allegando a tal fine copia della domanda già presentata alla rappresentanza consolare italiana.

Ecco che così le due pratiche vengono in qualche modo ad incrociarsi e la decisione sull’una influisce anche sulla decisione dell’altra. E’ chiaro che la domanda di ricongiunzione familiare dovrebbe normalmente essere rifiutata di fronte alla semplice verifica che nei confronti del familiare interessato alla ricongiunzione esiste un provvedimento di espulsione. Tuttavia, specificando che l’esame della domanda di speciale autorizzazione è pendente, si potrebbe richiedere formalmente (con una specificazione contenuta nella domanda di ricongiunzione familiare) di tenere in sospeso la decisione da parte della questura fino all’esito della decisione del Ministro dell’Interno sulla medesima.
La prassi amministrativa che finora è stata applicata, prevede inoltre che il Ministero dell’Interno prima di rispondere alla domanda proposta dall’interessato presso l’ambasciata italiana, chieda un parere alla questura competente. Si precisa che di solito è quella del luogo ove è stata emanata l’espulsione, ma potrebbe anche essere ritenuta competente per un parere la questura del luogo ove è presentata la domanda di ricongiunzione familiare. Spesso, soprattutto se la questura competente esaminati gli altri requisiti per la domanda di ricongiunzione familiare dà un parere positivo, il Ministero provvede a rilasciare la speciale autorizzazione, sia pure con tempi burocratici che lascio immaginare agli interessati.
Si deve infatti considerare che la pubblica amministrazione non ha fretta di rispondere a queste pratiche, sebbene si sappia che attraverso le stesse tentino di sopravvivere affetti, interessi familiari e dei minori di fondamentale importanza.

A chi fosse interessato ad approfondire questo argomento e, soprattutto, a chi fosse interessato ad affrontare una simile procedura, suggeriamo di consultare il sito internet delle sportello radiofonico dove abbiamo inserito uno schema di domanda di speciale autorizzazione con le indicazioni del caso, anche con riferimento alla contemporanea domanda di ricongiunzione familiare.