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Da Repubblica on line del 16 marzo 2008

Esteban, clandestino per troppa solidarietà

Le vicende dell’immigrazione in Italia offrono materiale straordinario per l’elaborazione di nuove commedie degli equivoci. Lo scambio di persona e l’errore sull’identità sono qua da noi incentivati a corroborati dall’incrociarsi dei meccanismi delle leggi con alcuni tratti del nostro costume.

Le assunzioni internazionali, per esempio: decine di migliaia di datori di lavoro presentano una domanda di assunzione del loro dipendente facendo finta che ancora risieda nel paese di origine. Se la domanda viene accolta, lo straniero non fa altro che tornare in patria e subito dopo, col timbro fresco sul passaporto, sale sul primo aereo per l’Italia. Dunque, quando comincia a lavorare, è come se prendesse il posto del fantasma di se stesso. Altre volte la domanda di assunzione internazionale serve a formare una famiglia o a salvare un amore. Abbiamo già segnalato il caso di un italiano che, non avendo ancora ottenuto il divorzio e dunque non potendo risposarsi, ha assunto come badante la propria fidanzata serba.

Gli spunti tragicomici sono davvero infiniti. Specie quando la norma incontra le nostre diffidenze verso le leggi e le nostre astuzie. Probabilmente Esteban C., cittadino dell’Ecuador, ci riderebbe sopra se non ci fosse di mezzo il suo futuro. Ma prima di tutto bisogna sapere che il Testo Unico sull’immigrazione elenca una serie di situazioni nelle quali lo straniero non può essere espulso. Una di queste è la sua convivenza con un italiano che sia suo parente entro il quarto grado.

Questo caso – attraverso le acquisizioni di cittadinanza e i matrimoni misti – sta diventando sempre più frequente. E, conseguentemente, sono sempre più numerose le richieste di permesso di soggiorno fondate sulla parentela. Tanto numerose che la polizia le vede con crescente sospetto: le verifiche sulla effettività della convivenza sono sempre più minuziose.

Ma Esteban giura che lui con la sorella – diventata cittadina italiana dopo aver sposato un italiano – convive per davvero. E perciò ci è rimasto molto male quando la sua domanda di permesso di soggiorno è stata respinta perché, proprio nel momento in cui la polizia effettuava la verifica, lui non si trovava a casa. Nemmeno la dichiarazione del cognato è stata presa sul serio. “Potete chiedere anche ai vicini”, ha detto allora Esteban ai poliziotti. E’ rimasto di sale quando ha saputo che i condomini erano stati già sentiti e avevano detto di non conoscerlo.

Poi ha capito. Il fatto è che Estaban è un giovane simpatico, benvoluto da tutti. Parla perfettamente l’italiano, solo con un leggera inflessioni sudamericana. Fa l’idraulico e l’elettricista ed è sempre disponibile. Così i vicini, benché informati del fatto che è un immigrato irregolare, lo chiamano quando c’è qualche lavoro da fare. Arriva Esteban e ripara l’interruttore difettoso o aggiusta il rubinetto.

Quando i poliziotti si sono presentati nel condominio con la sua fotografia, i vicini non hanno pensato che si trattasse di una semplice verifica dell’effettiva residenza di Estaban nel palazzo. Sapendolo “irregolare” – benché fratello e cognato di quella coppia di italiani – hanno ipotizzato che la questura intendesse notificargli un ordine di espulsione o qualcosa del genere. E hanno creduto di fargli un favore affermando di averlo solo visto di sfuggita in occasione delle sue “rare” visite alle sorella e di ignorarne il domicilio.

Ma questa parte della storia Esteban non l’ha scritta nel ricorso che ha presentato al tribunale. Ed è questa la ragione per cui abbiamo cambiato il suo nome e non abbiamo indicato la città dove vive.

Giovanni Maria Bellu
glialtrinoi@repubblica. it