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Tratto dal sito www.statewatch.org

Europa – Le proposte per l’agenzia per il controllo dei confini

. La regolamentazione della polizia europea di confine nasconde l’esistenza di corpi speciali già operativi non del tutto leciti

“Quando le persone vengono sottoposte a controlli continui come quello delle impronte digitali, quando vengono rinchiuse, e la loro libert limitata da cinghie e catene in quattro metri di spazio; o quando vengono imbottite di sedativi per tenerle buone al momento di sbatterle dentro un aereo, sembra ragionevole chiedersi che cosa queste hanno fatto per meritarlo. La risposta è che hanno cercato di entrare in Europa occidentale, per cercare asilo, o per vivere qui con le loro famiglie, o lavorare. E tutta la farsa della politica moderna, insieme alla retorica che le si addice, è contro di loro.
(Frances Webber, “Crimes of arrival”, statewatch, 1995)

L’11 novembre 2003 la Commissione europea ha prodotto la bozza di regolazione per l’introduzione di una “agenzia europea per l’organizzazione e la cooperazione effettiva sui confini esterni”. Questa proposta voluta già da molto tempo è il presupposto per lo sviluppo a lungo termine di una polizia di confine europea. Da questo punto di vista comunque la regolazione, che dà una base legale allo sviluppo della vasta gamma di organismi e misure effettive già esistenti, è poco più di uno specchietto per le allodole; documenti ottenuti da statewatch mostrano quanto questa struttura si sia già estesa.

Ciò che è nuovo nella regolazione proposta è l’effettiva creazione di una “agenzia di espulsione europea”. Questo ente di “pulizia” servirà a coordinare e organizzare le operazioni di deportazione congiunte tra gli stati membri dell’UE.

Riguardo alla nascita della “polizia di confine europea”, la regolamentazione proposta vedrà la “nuova” agenzia occuparsi del lavoro finora svolto dall’”unità comune” (Common Unit) di funzionari esterni ai confini europei, creata nel giugno 2002. Sotto la supervisione di questo gruppo, l’UE ha già allestito “centri di cooperazione” ai confini degli stati europei sulla terraferma, in mare e negli aeroporti; un Centro di Analisi del Rischio e diverse operazioni correlate. Questa struttura non nemmeno menzionata all’interno della proposta della commissione e continuerà a svilupparsi fuori da ogni controllo democratico.

L’obiettivo della bozza di regolazione è assicurare il consolidamento dell’UE, realizzare accordi di cooperazione con stati terzi, e provvedere alla “legittimazione” legale e politica di iniziative già esistenti. Questa legittimazione si basa sulla “consultazione” del parlamento europeo e di quelli nazionali per quanto riguarda l’affermazione legale di un’agenzia che è stata già di fatto creata, mentre esclude qualsiasi influenza da parte loro nel suo sviluppo successivo.

Questa analisi prende in considerazione lo sviluppo della struttura di polizia europea di confine, e la regolamentazione proposta.

. Ostacolare l’immigrazione clandestina via mare: la nuova armata?

L’UE ha già condotto uno “Studio sulla praticabilità di controllo dei confini marittimi dell’UE” (“CIVIPOL”), ha creato un “Centro per i confini marittimi” e tracciato un “Programma di misure per combattere l’immigrazione clandestina attraverso i confini marittimi dell’UE” (in basso il “piano d’azione”).

CIVIPOL è un piano di rinforzo legislativo più che uno studio oggettivo e su larga scala delle misure realizzabili, e il conseguente piano d’azione prevede operazioni di polizia, militari e navali contro le persone che provino a raggiungere l’UE via mare. Tra le proposte, l’UE sta pianificando vaste operazioni di polizia e navali in acque e porti stranieri. Questo dipende dalla conclusione degli accordi con i “paesi di origine”, i quali non sono specificati ma includono presumibilmente Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Libano, Turchia, Siria, Malta, Cipro e Albania. L’UE sfrutterà esplicitamente in questo processo i fattori di commercio e di aiuto a questi paesi.

Il principio sottostante stabilisce che il “confine marittimo” dell’UE si estende fino ad ogni paese col quale essa divida un mare, principalmente dandogli il diritto di controllare l’intero mare:

“Il principale mezzo per assicurare il successo delle misure adottate sono le relazioni internazionali crescenti con paesi terzi, che siano essi paesi d’origine o soltanto di passaggio dei flussi migratori. Il programma [UE] adotta il concetto di confine marittimo virtuale per rinforzare i confini legali degli stati membri tramite operazioni congiunte e provvedimenti specifici nei paesi in cui i flussi migratori hanno origine o transitano.”

Il programma cita il ruolo importante delle flotte australiana e inglese nel contesto di “una miriade di operazioni di salvataggio nel mare cinese meridionale nel 1979 e 1980”, quando molti vietnamiti lasciavano il loro paese a bordo di imbarcazioni di fortuna. Il quadro oggi è naturalmente molto diverso: l’Australia ha ricevuto critiche da parte di molti paesi per il trattamento riservato ai profughi di Tampa; ed è ancora aperta un’inchiesta sulla morte di 21 migranti partiti dalla costa nord-africana per raggiungere le Canarie, in cui è implicata la RAF (Royal Air Force) nell’operazione internazionale “Ulysses” [vedi http://www.irr.org.uk/2003/october/ak000001.html].

Chi ha tracciato la bozza del piano afferma che “l’uso di mezzi di fortuna (canotti e piccole barche non adatte alla navigazione) destano particolare preoccupazione nell’opinione pubblica, poiché spesso avvengono incidenti con la perdita di molte vite umane”; ma non è stato preso alcun provvedimento per la sicurezza di coloro che vogliono emigrare. Al contrario, qualsiasi loro diritto già esistente è visto come una “scappatoia legale” che deve essere impedita (vd. sotto)

. I controlli UE delle linee costiere

I controlli cooperativi delle linee costiere comporteranno l’aumento delle forze di polizia, militari e navali. Le proposte includono:
. L’uso dei più sofisticati strumenti tecnici e dei metodi operativi più efficaci, tratti dall’esperienza e dalle informazioni in possesso degli stati membri;
. L’assistenza tecnica e logistica ai paesi non membri, per migliorare la sorveglianza delle coste da cui partono i migranti;
. L’introduzione di pattuglie cooperative provenienti dagli stati UE e dai paesi non membri collegati ai flussi migratori;
Operazioni navali atte ad intercettare e fermare le navi che trasportano immigrati clandestini, e che portino queste navi in paesi sicuri;

. La gestione degli immigrati trovati a bordo delle navi e l’arresto dei trafficanti;
. L’allestimento di centri di detenzione per gli immigrati clandestini nei luoghi da cui partono le navi per il rimpatrio;
. L’identificazione e il rimpatrio dei migranti fermati;
Lo scambio di informazioni tra i paesi con lo scopo di combattere le organizzazioni criminali e identificare i metodi del trasporto clandestino d’immigrati via mare.

. I controlli portuali dell’UE e le politiche interne

Alla voce “controlli sui regolari servizi navali tra il porto di un paese extracomunitario e quello di un membro UE”, il programma propone “accordi prioritari con le autorità dei paesi non membri” a proposito della “presenza di funzionari di polizia a bordo di navi, provenienti da entrambi i paesi, per portare avanti controlli di frontiera specifici e identificare i passeggeri”. Gli stati membri forniranno anche “l’assistenza tecnica e ogni equipaggiamento necessario al controllo efficiente delle navi”, “aiuti per migliorare la sicurezza e la qualità dei documenti d’identificazione, e per il riconoscimento dei falsi”, e provvederanno allo scambio di “informazioni sui gruppi criminali sospettati di organizzare l’immigrazione clandestina via mare”.

Il programma prevede anche che la polizia di confine si occupi di “identificare gli immigrati clandestini, in quanto i passeggeri provenienti da un altro paese che sottoscrive il trattato di Schengen sono esenti da controlli di frontiera. In ogni caso, oltre all’uso crescente di questi sistemi per gli immigrati clandestini già presenti nei paesi UE, occorre provvedere alla realizzazione di operazioni speciali con l’obiettivo di localizzare ed espellere i clandestini dagli stati membri.”

A questo scopo il programma propone “sorveglianza congiunta nei porti di partenza e d’arrivo” e l’impiego di “forze di polizia a bordo di navi, per la supervisione ed il controllo”.

. Riscrivere le leggi del mare

Il piano di misure per combattere l’immigrazione clandestina via mare stabilisce la base legale per l’intercettazione da parte dell’UE di navi in acque territoriali ed anche straniere. Questa la sua argomentazione:
1. L’UE afferma che il principio di presunta innocenza della legge del mare (il “diritto di passaggio innocente” della convenzione di Montego Bay del 1982) non può essere applicata ai potenziali immigrati clandestini (o ai potenziali rifugiati clandestini, poiché l’UE non fa differenza). Al contrario, la convenzione di Montego Bay fornisce una “giurisdizione criminale con lo scopo di prevenire o punire l’immigrazione clandestina” [art 27a], sia all’interno delle acque territoriali nell’UE o nelle zone limitrofe [art 33].
2. Nei mari aperti (=fuori dal territorio UE) il piano d’azione riconosce che “la convenzione di Montego Bay non autorizza espressamente le autorità navali di un paese diverso da quello in cui ci si trova ad intercettare una nave e perquisirla per il controllo dell’immigrazione clandestina. Comunque, essa autorizza quest’operazione quando la barca intercettata non ha nazionalità/non è certa la sua provenienza”. [art 110] Sembra che l’UE abbia intenzione di sfruttare quest’ultima parte, avendo così carta bianca sulle operazioni di “intercettazione” delle navi “la cui provenienza non certa”.
3. Il documento suggerisce che le pattuglie congiunte (degli stati UE) operino sul controllo delle coste dei paesi terzi, i cosiddetti “paesi d’origine” dei migranti, previo loro consenso. Questo consenso (collegato ad aiuti ed accordi, vd sotto) può essere esplicito, espresso in accordi bilaterali come il protocollo sul traffico di clandestini della convenzione ONU sul crimine organizzato, o ottenuto tramite una Circolare Marittima Internazionale (non vincolante). In futuro l’UE potrebbe tentare di introdurre una convenzione multilaterale sui controlli dell’immigrazione, che riguardi tutti i paesi del Mediterraneo.

. Diritti umani ed altri “espedienti legali”

Il piano d’azione suggerisce che “gli stati membri devono impegnarsi ad utilizzare ogni strumento internazionale esistente per la prevenzione e la repressione dell’immigrazione clandestina via mare, mentre devono garantire la salvezza degli individui, nel rispetto dei diritti umani.” Tuttavia, esso continua trattando i diritti umani come se fossero in effetti “cavilli burocratici”: “Gli espedienti legali, come rivelato dallo studio CIVIPOL sulla realizzabilità dei metodi, dovranno essere pubblicizzati tramite azioni coordinate e mirate, con la piena partecipazione degli stati membri e l’introduzione di specifiche iniziative da parte della commissione. Ma gli sforzi mirati al miglioramento del modo di agire internazionale in questa area non devono cercare di ottenere il più possibile limitandosi all’uso di strumenti gi esistenti.”

Il primo di questi “espedienti legali” è la convenzione SOLAS (convenzione internazionale per la sicurezza in mare) secondo la quale il capitano di ogni nave ha il dovere di rispondere alle chiamate d’emergenza, e di portare i passeggeri di una barca a rischio in un luogo sicuro. Questo, come suggerisce lo studio CIVIPOL, può esser usato “a vantaggio dell’UE, per legittimare l’intervento d’emergenza, attraverso la meticolosa applicazione della legge del mare per l’immediato salvataggio delle navi la cui sicurezza è a rischio.”

Quindi, mentre afferma che la legge del mare fornisce la “giurisdizione criminale completa per la prevenzione e la repressione dell’immigrazione clandestina” nei territori costieri, l’UE è irremovibile nel decretare che gli immigrati intercettati in acque europee non possono dichiarare di essere nel territorio di uno stato membro: “un naufrago che venga fermato in mare aperto o nelle acque territoriali del paese di arrivo/di partenza non può dichiarare d’aver attraversato la frontiera fino al territorio dello stato. Lo studio CIVIPOL rimanda al principio che “mentre una persona si trova a bordo di una nave che porta la bandiera di uno stato, la persona non è sul territorio di quello stato”. Questo ha due implicazioni significative, e cioè: gli stati dell’UE possono agire nel reciproco interesse; inoltre “i clandestini possono essere tenuti a bordo della nave che li ha portati in un porto europeo, affinché la stessa nave li riporti al paese d’origine, sotto la responsabilità del suo capitano. Questo provvedimento va applicato anche in caso di persone che volontariamente provocano lo stato d’emergenza e vengono prelevate dal mare.”

CIVIPOL suggerisce anche che una direttiva della Commissione europea disponga le condizioni atte ad includere il principio di extraterritorialità delle navi nelle legislature nazionali degli stati membri che non lo applicano ancora. Una seconda proposta vuole modificare le leggi del mare in modo da “dichiarare esplicitamente le responsabilità legate alla bandiera di uno stato”: “occorre provvedere alla discussione del caso e al risarcimento dei danni subiti dagli stati vittime di immigrazione clandestina, da parte di stati le cui navi civili usano le acque territoriali per scopi non pacifici…Per questo la legge del mare deve elencare formalmente le responsabilità dello stato che accetta di registrare navi non regolari, o che permette loro di salpare dalle sua coste senza aver effettuato alcun controllo. E’ necessario aggiungere sanzioni collettive che siano abbastanza deterrenti, da applicare nel caso in cui sia stato stabilito un rapporto causale diretto tra le condizioni non standard della nave e la mancanza di controllo effettivo da parte dello stato responsabile.”

In breve, il piano d’azione prevede che le nazioni d’origine di navi che trasportano immigrati clandestini vengano punite poiché non hanno impedito loro di salpare. E’ difficile leggere questo principio da un punto di vista logico e razionale.

. Identificazione, trattamento e deportazione

A proposito di cosa fare con le persone “intercettate” in mare, il progetto è ugualmente molto chiaro: bisogna identificarle, smistarle, poi deportarle. “E’ essenziale inoltre consolidare le regole dell’UE sull’identificazione degli immigrati clandestini in EURODAC, trasformandolo in un database permanente allo scopo di studiare i movimenti migratori, analizzare i rischi, migliorare i controlli e le attrezzature necessarie, e bloccare alcune vie di passaggio. Coloro che richiedono il visto devono essere identificati in maniera rigorosa (proposta VIS approvata a Salonicco). Ci sono procedure di identificazione biometrica, e tutti i paesi membri sono stati istruiti con le stesse basi legali a riguardo.”

Questo conferma la convinzione di molti gruppi della società civile che una volta raggiunti gli scopi ora dichiarati dall’UE, ci saranno nuove motivazioni che giustificheranno l’ampliarsi dei database. Gli “immigrati clandestini” che dichiarano false generalità, o che addirittura provano a chiedere asilo, sono visti come un ulteriore “problema”. A questo proposito CIVIPOL prospetta “campi” all’interno di “porti sicuri”, proponendo un sistema su 2 livelli, cioè: “usare aree di ricezione in paesi terzi. In una fase iniziale il caso di immigrati clandestini che dichiarano falsa nazionalità o la cui provenienza non è stata accertata verrà esaminato nel paese europeo [d’arrivo] per l’eventuale riconoscimento dello stato di rifugiato. In una seconda fase, coloro ai quali non è stato concesso asilo saranno espulsi con un permesso di soggiorno per un altro paese.”

La proposta è di negoziare accordi con paesi che ospiteranno gli immigrati volontariamente, sul modello degli accordi stipulati tra USA e Giamaica riguardo la riammissione degli immigrati che dichiarano falsa/non dichiarano nazionalità: “Questi accordi contemplano inoltre ingenti finanziamenti, sia per permettere a questi paesi di fornire prima accoglienza ai migranti con l’aiuto di UNHCR (=Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati) e ONG nazionali, sia per finanziare il rimpatrio dei migranti verso il loro paese d’origine, una volta che abbiano ricordato la loro provenienza.”

Questo approccio accondiscendente sarebbe solo ridicolo, se non avesse implicazioni così serie per i diritti di migranti e rifugiati.

. Sollecitare la cooperazione di stati terzi

Il preambolo del piano d’azione afferma che gli accordi sulla “gestione dei flussi migratori” potrebbero essere inclusi tra gli accordi di cooperazione con stati terzi (aiuti da parte dell’UE e commercio.) Infatti questi piani sono già ben sviluppati.
Le conclusioni del consiglio europeo di Siviglia dello scorso anno stabilirono che ogni futura associazione o accordo di cooperazione all’interno dell’UE dovranno includere una parte riguardante “la gestione collaborativa dei flussi migratori e il rimpatrio coercitivo nel caso di immigrazione clandestina”. Sono state inoltre previste sanzioni per le nazioni non cooperanti. Un trattato recente tra l’UE e i paesi dell’America centrale è il primo a contenere questa clausola di “nuova generazione” in un accordo. Nel maggio di quest’anno il consiglio dell’UE concluse che tra le conclusioni su “migrazione e sviluppo” la questione della “gestione dell’immigrazione” è primaria nell’ambito delle politiche strategiche.

A questo scopo l’UE chiede la “coordinazione delle politiche relative a sviluppo e immigrazione”, e la cooperazione con enti locali e organizzazioni internazionali che lavorano nel settore. Le conclusioni del consiglio di maggio propongono che “l’opportunità a tempo determinato di rivedere i documenti sulle strategie nazionali (relazioni della CE con stati terzi…) permettono un aggiustamento caso per caso delle questioni sull’immigrazione in ogni paese coinvolto.”
In giugno la commissione propose una regolamentazione europea per istituire un fondo per “l’assistenza tecnica e finanziaria” che nei paesi in via di sviluppo agevoli la creazione di leggi in materia d’immigrazione clandestina e asilo; l’affermazione di una “politica concreta e preventiva nella battaglia contro l’immigrazione clandestina”, e la riammissione di extracomunitari.

. I centri UE dei confini marittimi

Le delegazioni spagnola e greca hanno proposto la creazione di due centri operativi per il controllo dei confini marittimi, uno a Pireaus (Grecia) e l’altro a Madrid. La Grecia si focalizzerà sul Mediterraneo orientale e la Spagna sulla parte meridionale e l’oceano Atlantico. Questi centri garantiranno i controlli di porto e sulla costa. I centri di controllo dei confini marittimi sono tra un certo numero di gruppi operativi appositamente creati che si stanno sviluppando al di fuori della struttura legale europea.

. I Centri di Confine sulla Terraferma

I membri del Centro di Confine sulla Terra (CLB) si sono finora riuniti in sei occasioni. Solo un rapporto sulle loro attività è nel registro pubblico dei documenti del consiglio, ma non è disponibile al pubblico. Secondo quel testo, il CLB si occupa di:
. “operazioni congiunte” (che comprendono l’introduzione di una riserva di guardie di confine per “lavorare” all’estero);
“analisi del rischio” (scambio di informazioni con il Centro analisi del rischio, vd sotto);
. la “prevenzione di ingressi clandestini lungo le linee ferroviarie che attraversano confini” (insieme ad un altro organismo appositamente creato, il COLPOFER ­ cooperazione di polizia ferroviaria europea e dei servizi di sicurezza);
. la creazione di un “sistema d’informazioni” specializzato, o l’uso combinato di “canali già esistenti” (CIREFI sistema d’allarme, ICONet, scambi bilaterali d’informazioni, ecc)

Il sistema d’allarme CIREFI usato per rifugiati e immigrati si è sviluppato insieme ad Europol negli ultimi cinque anni.

. Il Centro Analisi del Rischio

Il Centro UE per l’Analisi del Rischio collegato all’immigrazione clandestina (RAC) è un altro organismo espressamente creato sotto gli auspici della Common Unit. E’ incaricato di sviluppare le risorse per raccogliere, analizzare e diffondere le informazioni e i dati ottenuti da altri organismi specializzati. E’ anche promotore di azioni congiunte specifiche da parte degli stati membri, ed altri centri. Le operazioni congiunte prevedono il sostegno da parte degli stati membri di uno stato “leader” e/o di altri organismi UE:
. L’Italia controllerà dalla costa meridionale i paesi dell’Africa del nord, in particolare Libia e Tunisia;
. La Spagna sorveglierà le Canarie, Ceuta e Melilla;
. Alla raccolta di dati dei visti falsi (Europol, centri di controllo dei confini di aria e sulla terraferma) seguiranno operazioni per “intensificare i controlli sui confini esterni”;
. “Confini verdi esterni all’Austria” controllati dal centro di confine locale, che si focalizzerà su Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca;
. Controlli contro l’ “immigrazione clandestina dalla Cina” attuati da Europol, centri dei confini di aria e varie autorità nazionali, per integrare iniziative internazionali già esistenti all’interno del G8 (di Lione) e IGC (consulta intergovernativa sulla migrazione);
. Mar Egeo, Grecia (Europol) che si focalizzerà su Turchia (Curdi), Iran, Iraq, Pakistan, “ed altre nazionalità asiatiche”.

. Piani di controllo dei confini di aria negli aeroporti

La delegazione dell’Italia, stato leader nello sviluppo dei centri europei dei confini d’aria, descrive il suo “piano degli aeroporti internazionali” come “il diretto risultato dello studio sulla costituzione di un corpo europeo di polizia di confine”. Anche se è difficile crederlo, visto che “l’approvazione” del piano degli aeroporti da parte della commissione strategica per immigrazione, frontiere e asilo (SCIFA) è del 16/9/02, mentre gli studi per la polizia europea di confine sono stati completati più di un anno dopo.

Il progetto è stato discusso in sei fasi, con cinque meeting a Roma, ai quali hanno partecipato undici delegazioni degli stati membri partecipanti (Austria, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Grecia, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia) e dei paesi “osservatori” (Lettonia, Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria).

. Centro per l’addestramento della polizia di confine

Il progetto di un centro d’addestramento per la polizia di confine (ACT) era stato proposto già a metà del 2002, supervisionato da Austria e Svezia. Le fasi iniziali si focalizzeranno sullo sviluppo di un “curriculum” generale d’addestramento, e sulla struttura organizzativa e amministrativa dell’ ACT.

. La regolamentazione proposta: un’agenzia d’espulsione camuffata?

La bozza di regolamentazione per l’introduzione di una “agenzia europea per la gestione effettiva e cooperativa dei confini esterni” comprende tutte le attività finora svolte dagli organismi descritti sopra. La proposta comunque non fa menzione di nessuno di questi gruppi, eccetto la possibilità di costituire “branche specializzate” [art 113]. Sembra quasi che la commissione agisca “nel buio”, o che sia piuttosto selettiva nel fornire certe spiegazioni e non altre. La nuova agenzia, che di fatto sarà una continuazione della Common Unit di professionisti dei confini esterni creata nel 2002, ha i seguenti compiti:
.coordinare la collaborazione effettiva tra gli stati nell’ambito di controllo e sorveglianza dei confini esterni;

.fornire assistenza agli stati membri per l’addestramento della polizia di confine nazionale;
.valutare i fattori di rischio;
.seguire lo sviluppo delle ricerche sul controllo e la sorveglianza dei confini esterni;

.sostenere gli stati membri in circostanze che richiedono particolare assistenza tecnica e operativa ai confini esterni;
.organizzare l’effettiva cooperazione tra gli stati membri allo scopo di espellere immigrati clandestini provenienti da stati terzi [art 2].

E’ piuttosto chiaro che l’unica cosa che quest’agenzia farà e di cui non si occupano già gli altri organismi UE poco legittimi, è organizzare espulsioni congiunte. Non è una coincidenza il fatto che l’UE abbia di recente reso note le decisioni politiche prese in merito alle espulsioni cooperative, anche per poter usufruire dei fondi UE. Queste decisioni forniscono una base legale per la deportazione simultanea di persone provenienti dallo stesso stato d’origine da parte di più paesi UE, nonostante la Corte Europea stabilisca che le deportazioni di massa sono illegali. E la nuova agenzia avrà probabilmente molto da fare, visti i vasti progetti di deportazione di molti stati. Tutto ciò che la bozza dice è:
L’agenzia deve sottostare alla politica della Comunità per quanto riguarda le operazioni di rimpatrio, che si svolgeranno in cooperazione tra gli stati membri. L’agenzia potrà usare i mezzi finanziari della Comunità destinati ai rimpatri.
L’agenzia dovrà elaborare le migliori tecniche per il controllo dei documenti di identificazione, e per l’espulsione degli immigrati extracomunitari che si trovano illegalmente sul territorio dell’UE. [art 9]

Non c’è alcun riferimento riguardo la sicurezza o i diritti delle persone deportate.

. Altri programmi occultati

Il fatto che la commissione abbia omesso di menzionare la vasta struttura già esistente descritta finora solleva alcune domande. Nella sua comunicazione del maggio 2002, intitolata “Verso la gestione integrata dei confini esterni” la commissione propose l’introduzione di una “procedura di sicurezza” chiamata PROSECUR, basata su “collegamenti e scambi diretti d’informazioni e dati tra le autorità, riguardanti sicurezza e confini esterni”. PROSECUR avrebbe accesso al Sistema Informatico di Schengen (SIS), a collegamenti privilegiati con Europol e al nuovo database creato per i visti; inoltre avrebbe il suo proprio sistema d’informazione.

Di nuovo, non c’è menzione di questo sistema nella bozza di regolazione, anche se tutte le “branche specializzate” programmano di avere accesso ai database dell’UE e di creare il proprio sistema di comunicazione. Sembra che il sistema PROSECUR si svilupperà al di fuori di ogni struttura formale dell’UE.

L’unico riferimento allo “scambio di dati” è all’articolo 10, in cui si dice che l’agenzia potrà “prendere tutti i provvedimenti necessari”, e nell’art. 11, che prevede un accordo di cooperazione con Europol sulle “informazioni strategiche non personali”. Anche in questo caso la commissione omette una parte, infatti tralascia l’argomento “protezione dati”.

. Regolazione e responsabilità

Il controllo democratico è affidato ad una commissione organizzativa, costituita da funzionari o ministri degli interni di ogni stato membro. Ogni anno viene pubblicato un rapporto pubblico sulle sue attività (che di solito manca di dettagli), al quale le branche specializzate devono contribuire. La regolazione stabilisce le modalità d’accesso dell’agenzia (e degli altri organismi UE) a questi documenti. Anche la scelta della base “legale” è significativa. La regolazione si basa sull’articolo 66 del TEC, che si propone l’obiettivo di “garantire la cooperazione tra i dipartimenti principali d’amministrazione degli stati membri” nei settori di giustizia e affari interni. Questo richiede “consultazioni” con il parlamento europeo. La base legale, a proposito di “provvedimenti sull’attraversamento dei confini esterni degli stati membri” [art 62a] ha assegnato al voto del parlamento europeo grande importanza in merito alla proposta. La commissione afferma che alla nuova agenzia “non sarà assegnato un ruolo politico all’interno della CE, né potere legislativo, né il suo obiettivo sarà l’espansione del proprio potere, nel rispetto dell’articolo 202 del trattato.”

Ma considerando che la nuova agenzia sta “supervisionando” una complessa struttura che si sta chiaramente ampliando, anche questa dichiarazione non è molto credibile. La scarsa attendibilità politica e legale viene superata solo dalla totale mancanza di rispetto dei diritti umani e delle regole sull’asilo, che non sono menzionati né nella regolazione né all’interno della complessa rete di altri organismi appositi.

. Aspetti finanziari

Alla luce di queste considerazioni si è portati a concludere cinicamente che la regolazione proposta è solo atta ad assicurare i fondi della comunità europea per gli organismi esistenti. I proventi dell’agenzia, almeno 6 milioni di euro nel primo anno (saliti a 9 nel secondo) “devono consistere, senza tuttavia escludere altre fonti di finanziamento, in”:

Un sussidio da parte della comunità all’interno di un budget generale dell’UE (sezione commissione);

Un contributo da paesi terzi, che si sono associati all’UE tramite l’applicazione e gli sviluppi del trattato di Schengen;
Tasse sui servizi forniti;
Qualsiasi contributo volontario da parte degli stati membri.

Di nuovo, la commissione non fa riferimento ai finanziamenti degli enti paralleli all’agenzia e delle operazioni congiunte da parte di ARGO (un sistema di osservazione globale dell’oceano che studia temperatura delle acque, correnti, relazioni col clima ecc, ndt) con lo scopo di “facilitare la gestione delle questioni di immigrazione e asilo nella CE, e l’implementazione della legislazione relativa”. Forse per nascondere il fatto che l’”agenzia” ha davvero un ruolo politico all’interno dell’UE.

Il piano internazionale degli aeroporti è stato finanziato dal programma ARGO; il centro d’addestramento ha inoltrato un’altra richiesta di finanziamento e il piano d’azione sul controllo via mare sottolinea il bisogno di finanziamenti specifici da parte della comunità. Qui esso si riferisce specificatamente alla “possibilità di usare i fondi della comunità stanziati per il periodo 2004/2006, e di utilizzare i finanziamenti ARGO chiamati B7-667, considerato anche il diretto coinvolgimento in questo senso di paesi terzi nel processo di cooperazione, che deve mirare non solo a fermare i flussi migratori che passano/partono da quegli stati, ma anche a limitarli e gestirli efficacemente.”

. Conclusioni

Se approvata, la regolazione proposta entrerà in vigore nel gennaio 2005. Considerato il rapido sviluppo solo nello scorso anno della rete di organismi attuale, si può supporre che la struttura operativa sarà ancora più organizzata per allora. In ogni caso, la regolazione non garantisce alcun tipo di responsabilità concreta ­ le cosiddette “branche specializzate” opereranno sotto la supervisione di una agenzia di gestione che farà capo solo in minima parte agli stati UE, e ancora meno ai parlamenti nazionali e alla popolazione civile. Questo significa che le informazioni riguardanti la pratica, le operazioni congiunte tra stati e le valutazioni sulla politica di questi enti non saranno fruibili. Sar impossibile sapere se la sicurezza, l’integrità e i diritti di rifugiati e immigrati saranno stati rispettati, o anche solo considerati.

Il concilio e la commissione affermano che questa struttura è necessaria per garantire il rispetto delle “sovranità nazionali”. E’ necessario che gli stati membri abbiano lo spazio necessario per pianificare e intraprendere operazioni. La commissione dovrà essere “l’arbitro imparziale” dell’integrazione europea. Le proposte della commissione cominciano con l’asserzione che “un livello di controllo e sorveglianza avanzato ed uniforme tra gli stati è un prerequisito essenziale per un area di libertà, sicurezza e giustizia”.

Il ministero degli affari interni e di giustizia ha dimostrato, con una proposta conciliante, quanto esso sia vicino a “garanti della sicurezza” come gli stati membri e il concilio; e quanto sia invece lontano dal considerare i valori di diritti umani e democrazia.

Alcuni mesi fa, un ministro del governo italiano ha proposto pubblicamente di sparare agli immigrati clandestini in arrivo dal mare. Il fatto che sotto la presidenza europea di questo paese si sia sostenuta la creazione di una polizia di confine europea, e che esso abbia assunto un ruolo guida nell’organizzazione della struttura operativa e amministrativa nel complesso, non fa altro che aggiungere ulteriori preoccupazioni sull’evoluzione dell’intero progetto.