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Europa – Politiche comunitarie di controllo ed espulsione dei cittadini stranieri

Intervista a Caroline Intrand, Cimade - Francia

I voli congiunti tra i paesi membri dell’UE sono deportazioni collettive, che il protocollo della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo proibisce nell’articolo 4.

Tuttavia, il Consiglio JAI della Commissione Europea (Giustizia e Affari Interni) accoglie l’iniziativa italiana di istituire un progetto pilota per organizzare, strutturare e finanziare a livello europeo le operazioni di rimpatrio di migranti irregolari.

Cimade ha lanciato lo scorso novembre una petizione contro i Charters dell’umiliazione, subito sostenuta e diffusa da 380 associazioni e gruppi di tutto il mondo. Cimade fa appello a tutte le realtà che difendono i diritti di donne e uomini non solo migranti ad opporsi a questo accordo, denunciando le gravi violazioni dei diritti della persona che le deportazioni collettive necessariamente implicano.

Nell’intervista Caroline Intrand chiarisce qual è l’iter intrapreso dalla proposta, si sofferma sulle violazioni dei diritti della persona che questa pratica necessariamente comporta e propone il proprio punto di vista sui diversi ambiti decisionali all’interno degli organi dell’Unione Europea.

Domanda: La pratica delle espulsioni collettive tramite charter è stata oggetto di un accordo siglato dal Consiglio dell’Unione Europea. Ora sarà il Parlamento Europeo a doversi pronunciare. Potrebbe spiegarci cosa è possibile prevedere sulla discussione in seduta plenaria al Parlamento?

Risposta: Innanzitutto c’è stata un’iniziativa italiana per l’organizzazione collettiva e comunitaria di charter per il rinvio di persone in situazione irregolare. Nel novembre scorso su questo testo è stato raggiunto un accordo attraverso il Consiglio, ma affinché possa essere formalmente adottato dall’Unione Europea è necessario che anche il Parlamento dia il proprio avviso su questo testo. Malgrado l’avviso non sia vincolante, esso non permette agli Stati Membri di adottare formalmente il testo. La procedura prevede dunque che un deputato sia incaricato di redigere un rapporto sulla proposta oggetto dell’iniziativa che viene poi esaminato nella Commissione Libertà Pubbliche. Ogni rapporto termina con il rigetto o l’adozione dell’iniziativa: nel nostro caso il rapporto in questione ha proposto il rigetto dell’iniziativa. Il 19 febbraio 2004 la Commissione Libertà Pubbliche del Parlamento Europeo ha assunto il rapporto, il che significa che l’iniziativa dei charters è stata rigettata. Nella seduta plenaria del Parlamento che si terrà a fine marzo sarà l’intero Parlamento a doversi pronunciare sul rapporto.

D: Ci sono i margini per ritenere che il Parlamento accolga il parere della Commissione Libertà Pubbliche e rigetti il progetto dei voli charter?

R: Bisogna considerare che la Commissione si è espressa sui voli charters all’unanimità meno una voce. Questo significa che tutte le coalizioni politiche si sono accordate per rigettare l’iniziativa. Si potrebbe dunque immaginare che lo stesso rigetto dell’iniziativa per i voli charters venga assunto anche dal Parlamento, sebbene non sia possibile prevedere con certezza alcunché.

D: Ritiene che la pressione posta da movimenti ed organizzazioni umanitarie contro i voli charter abbia influito sulla decisione della Commissione o al contrario che tale rigetto dipenda dal desiderio degli stati membri di mantenere un’autonomia sulle questioni legate al rimpatrio di persone straniere?

R: Ci sono più aspetti. Credo che l’argomento essenziale che tocca i parlamentari europei è il fatto che il Consiglio dell’Unione Europea – ossia i rappresentanti dei Ministri degli Stati Membri – assume delle iniziative senza prendere in considerazione il parere del Parlamento. In altre parole, ai rappresentanti degli Stati Membri riuniti nel Consiglio importa molto poco di quanto pensano i deputati del Parlamento. Credo che vi sia una sorta di ribellione rispetto a questo stato di cose. Politicamente bisogna anche considerare che l’Unione Europea si trova, a mio avviso, in una prospettiva molto grave di lotta all’immigrazione clandestina che va contro il rispetto dei diritti fondamentali; credo tuttavia che i deputati siano responsabili di questo stato di cose.

D: Al Consiglio di Giustizia e Affari Interni il Commissario Vittorino ha sostenuto la necessità di ribadire che i voli congiunti non sono equiparabili alle espulsioni collettive. Qual è invece la sua opinione?

R: Cimade ha cercato di far comprendere a tal riguardo che a partire dal momento in cui si organizza in maniera amministrativa e su scala comunitaria i rimpatri di un grosso numero di persone straniere verso i propri paesi di origine si tratta di espulsioni collettive. L’argomentazione dell’Unione Europea – della Commissione e del Consiglio – è che i rimpatri mediante charter non si possono giuridicamente definire espulsioni collettive fino a quando viene effettuato l’esame delle situazioni individuali delle persone. A questo si può facilmente rispondere che l’iniziativa italiana non prevede meccanismi che garantiscano un esame efficace delle situazioni individuali. Un buon numero di paesi non dispongono di meccanismi di ricorso sospensivo contro le misure di allontanamento. In tal caso il coordinamento operativo per l’organizzazione dei voli charter è di maggior impatto rispetto all’esame individuale. Al di là di questo, quando si imbarcano 70 persone su un aereo con la stessa destinazione bisogna guardare la realtà: è un’espulsione collettiva.

D: Quali sono le implicazioni a livello di violazioni del diritto della persona del rimpatrio mediante charter?

R: Il primo elemento che ci preoccupa particolarmente è che per organizzare un rimpatrio collettivo via charter si organizzano necessariamente degli arresti mirati su una certa popolazione poiché si deve riempire l’aereo per coprire il costo del volo. Si comincia così con discriminazioni nell’ambito degli arresti di polizia. Ci sono inoltre alcuni problemi rispetto alle violenze della polizia che si possono verificare. A tal riguardo c’è un rapporto della Commissione Deontologia Sicurezza che è stato presentato da una deputata francese sulle espulsioni via charter dalla Francia all’Africa che hanno avuto luogo nel marzo del 2003. La Commissione presenta un lavoro di testimonianza sulle violazioni della polizia: umiliazioni e abusi, dal momento che opera al “riparo” da ogni sguardo. L’espulsione collettiva comporta anche l’impiego di metodi coercitivi più rafforzati rispetto ad un rimpatrio individuale poiché il grande numero di persone rimpatriate può far temere ai poliziotti che le scortano ribellioni collettive. Infine siamo in presenza di una violazione dell’articolo 4 del protocollo della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che proibisce le espulsioni collettive.

D: In questo quadro la commissione Europea sta anche organizzando un’Agenzia europea per l’organizzazione e la cooperazione sui confini esterni. Qual è il suo commento sulla tendenza delle pratiche di controllo della circolazione a livello europeo?

R: Per noi questa Agenzia rappresenta un ulteriore strumento adottato dalla Commissione Europea per controllare l’immigrazione clandestina, che ancora una volta organizza misure di repressione e misure poliziesche al di fuori del controllo democratico dei cittadini, al di fuori dello sguardo del Parlamento Europeo e al di fuori dell’apprezzamento della società civile. Per noi è uno strumento in beneficio agli Stati Membri per operare in uno spirito altamente repressivo. L’Agenzia potrebbe inoltre avere un ruolo di gestione nel meccanismo delle espulsioni, cosa che si rivela preoccupante perché non vengono effettuati controlli di nessun tipo sull’intervento di questa Agenzia. Ci sono inoltre aspetti poco chiari per quanto riguarda il finanziamento: non si comprende se saranno fondi comunitari a sostenere questi voli congiunti. Una critica più generale al coordinamento organizzativo che si focalizza sulla lotta all’immigrazione clandestina è che si pone davanti a qualsiasi tipo di riflessione europea su una politica immigratoria coerente di apertura, accoglienza e alloggio per rispondere all’evidente necessità di immigrazione in Europa, ma si pone anche davanti al rispetto della persona, del diritto alla circolazione e dei diritti fondamentali.

D: La petizione contro i charter dell’umiliazione lanciata da Cimade lo scorso novembre è stata rilanciata in molti altri paesi europei. Qual è ad oggi il bilancio della campagna, vista la sua attualità?

R: La petizione è stata lanciata in occasione del Forum Sociale Europeo e poco prima dell’accordo politico del Consiglio Giustizia e Affari Interni di novembre. E’ stata firmata da 2000 persone, tra cui molte personalità internazionali, da 50 deputati europei, da 380 organizzazioni di tutto il mondo – come organizzazioni africane e nord africane – è stata rilanciata in modo spettacolare in Italia, ma anche in Spagna, Gran Bretagna, Germania, Paesi Bassi.
Abbiamo ricevuto da poco una risposta del Commissario Vittorino, incaricato della Giustizia e Affari Interni, che fa da eco alle sue dichiarazioni in occasione della Commissione Informale Giustizie e Affari Interni dello scorso gennaio in cui sollecita gli stati membri a vegliare affinché sia fatta una buona educazione politica dell’opinione pubblica in modo che non vi sia assimilazione tra le espulsioni via charter e quelle collettive. Possiamo ritenere che il Signor Vittorino stia iniziando ad avere coscienza che la società civile è gravemente preoccupata da questa proposta. Gli abbiamo risposto che riteniamo che l’Unione Europea sia in una deriva verso l’impiego di mezzi eccessivi per il rimpatrio delle persone.

D: Quali sono i prossimi sviluppi della campagna contro i charter dell’umiliazione?

R: Organizzeremo una conferenza stampa al momento del voto del Parlamento. Ci preme aprire una riflessione sulla politica d’immigrazione europea che attraverso l’impiego di metodi simili a questo tende ad un’industrializzazione delle procedure di rimpatri delle quali i charter sono senz’altro un simbolo, ma la logica della reclusione nei campi e nei centri ne è un altro. Vorremmo che i candidati alle elezioni Europee si pronuncino massicciamente sulle questioni dell’immigrazione ed in particolare contro le espulsioni, i charter, e i centri di reclusione.