Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Europa a metà diritti!

Il mercato del lavoro resterà sostanzialmente inaccessibile per chi proviene da questi Paesi mentre per Cipro e Malta varranno le norme comunitarie.

Gran parte dei governi hanno annunciato misure per “frenare”la nuova immigrazione, sulla spinta di una presunta e propagandata invasione di manodopera a basso costo. Infatti quasi tutti i vecchi Paesi hanno deciso di “congelare” i neocittadini europei attraverso una moratoria.
L’Unione sale infatti sempre più in alto, incamera territori e popoli, ma lascia a terra i lavoratori dei nuovi paesi membri che non potranno muoversi liberamente nella UE per almeno i prossimi due anni, ampliabili a cinque, poi forse sette.

In Italia l’allargamento si è celebrato in pompa magna a Gorizia con l’abbattimento dell’ultimo muretto che divideva i territori italiani e sloveni. Ma altri muri, ben più invalicalibili e invisibili, sono sorti a bloccare una reale entrata, a pieni diritti, dei cittadini di questi Paesi.

Il nostro Paese si avvarrà della «clausola restrittiva» per due anni, così come farà la maggior parte dei Paesi (Spagna, Portogallo e Belgio, tra gli altri). Gli accordi di adesione non consentono l’inasprimento delle norme già in vigore, quindi l’Italia non ha preso ulteriori provvedimenti, considerando sufficienti i «filtri», previsti dalla legge Bossi-Fini.

Il 3 maggio è stato pubblicato infatti il “decreto flussi” che mette a disposizione 20 mila ingressi per i cittadini neocomunitari in Italia, utilizzando la stessa procedura per i cittadini extracomunitari.
Tra due anni dovrebbero entrare Bulgaria e Romania e con loro la Croazia. Per la Turchia si saprà qualcosa a dicembre, mentre spingono con più opzioni Albania, Serbia, Montenegro, Bosnia e Macedonia.
I Balcani sono d’altronde già i confini naturali d’Europa.

Ma se l’ingresso per motivi di lavoro di questi nuovi cittadini passerà attraverso le procedure dell’assunzione a chiamata, che ne sarà di tutti i cittadini dei nuovi paesi membri che già da anni abitano e lavorano nel territorio italiano?

Chi è in possesso di permesso di soggiorno da almeno un anno potrà richiedere la carta di soggiorno di durata di cinque anni, da cui sono escluse però le popolazioni rom. Chi, invece, sebbene lavori e abiti in Italia da più tempo non è in possesso di alcun titolo di soggiorno sarà considerato ancora “irregolarmente presente” benchè “di cittadinanza europea”.

L’Europa del futuro cresce dunque su abitudini del passato: nei vecchi paesi membri lavoro irregolare a diritti zero; nei nuovi paesi il lavoro sarà invece regolare ma con salari bassi, contrattazione sindacale inesistente, politiche economiche di protezionismo con sovvenzioni di governo agli investimenti stranieri.

Tutto ciò lascia intravedere una concezione duale ed ambivalente della cittadinanza europea e dei diritti che essa prevede.