Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Piccolo del 06 maggio 2007

Ferrero a Pordenone: «Il Cpt di Gradisca sarà centro d’identificazione»

Il Centro di permanenza non sarà chiuso ma non avrà più alcuna funzione reclusiva

Pordenone. Il Centro di permanenza temporanea di Gradisca sarà trasformato. Non sarà chiuso ma diventerà un «centro di identificazione», senza funzioni di reclusione. Il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, ha raccolto, seppur solo in parte, la richiesta dell’assessore Roberto Antonaz durante la giornata conclusiva della prima conferenza regionale sull’Immigrazione. Un intervento a tutto campo quello del ministro: dal nuovo disegno di legge che porta la sua firma e quella di Amato, alle strategie per favorire l’integrazione. «Non dobbiamo solo favorire l’ingresso degli stranieri nella legalità – ha spiegato – bensì garantire uno stato sociale a tutti e favorire la mediazione culturale attraverso la diffusione della lingua italiana e la libertà di culto. In cambio i nuovi cittadini devono riconoscere i valori della nostra Costituzione».
Nell’introdurre i lavori della conferenza, l’assessore Antonaz, ha ribadito «la necessità di chiudere i Cpt» e la risposta di Ferrero non si è fatta attendere. «Sono d’accordo con l’assessore ma non è possibile chiuderli tutti subito. La struttura di Gradisca è tra quelle sotto osservazione ed è probabile – ha chiarito – che sia trasformata in un centro di identificazione degli stranieri. Non più, quindi, con compiti di reclusione». Una struttura come Gradisca ha dei costi molto elevati.
«Calcolando che la presenza dei trattenuti amministrativi sia di 100 persone il giorno – ha evidenziato il coordinatore della Conferenza, Michele Negro (Rc) – si parla di un costo di gestione di 2,7 milioni di euro l’anno. A questi vanno aggiunti acqua, luce, costi del personale di sorveglianza».
Uno dei cardini per un’integrazione reale, secondo il ministro Ferrero, deve essere l’apertura alle altre religioni «con un disegno di legge che riconosca la libertà di culto, a fronte di un riconoscimento – ha precisato – ,da parte dei cittadini immigrati, dei valori della nostra Costituzione». In un mondo in cui «siamo tutti minoranza» va promossa la tutela della diversità, nel rispetto della legge. «Una persona deve sentirsi e deve essere considerata italiana prima che cristiana o musulmana». Altro pilastro della coesione sociale è «il welfare, uno stato sociale forte per tutti, italiani e stranieri – ha ribadito Ferrero – diversamente si crea la guerra dei poveri, una forma di razzismo sociale. Se un italiano non riesce ad accedere alla casa popolare, all’asilo nido, ai servizi di base, vedrà l’immigrato come un nemico. D’altra parte non è pensabile che persone che vivono e lavorano nel nostro paese pagando le tasse, non abbiano diritto ai medesimi servizi». Ecco perché, diversamente dal collega Padoa-Schioppa il ministro punta a destinare 7,5 milioni (e non 2,5) di euro del «tesoretto» alla spesa sociale.
«Dopo dieci anni che la gente tira la cinghia non si può chiederle – ha aggiunto – di pagare il debito pubblico che hanno creato gli evasori fiscali». In questo Ferrero sa di essere «una minoranza – ha aggiunto con una battuta – ma spero di non rimanere tale». Solo uno stato sociale più forte può abbattere una cultura «fondata sulla paura e fascista come quella della destra». E il ministro ne ha anche per le ronde padane: «La sicurezza spetta allo Stato», dice categorico. L’obiettivo del disegno di legge Amato–Ferrero, «che non è esaustivo», è favorire l’ingresso degli stranieri in modo legale. L’ambizione deve essere «la riorganizzazione dei servizi e delle strutture dello Stato, dalle Ambasciate ai Comuni, ma è chiaro che si tratta di un percorso lungo e difficile». E proprio agli enti locali lo Stato sta trasferendo le competenze sull’immigrazione, ma al momento senza risorse aggiuntive. «Sarà un aspetto – ha assicurato – da affrontare in sede di conferenza Stato–Regione». Se la registrazione degli immigrati comunitari ha già mandato in tilt le anagrafi dei comuni, lo Stato pensa di affidare loro in futuro anche la procedure che oggi è data alle poste e che costa agli stranieri 70 euro a persona.
Martina Milia