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da L'Arena di Verona del 12 ottobre 2003

Figli d’immigrati a scuola di arabo

Zevio. Giovani immigrati magrebini a scuola d’arabo nel profondo Veneto. Apparentemente sembra un’assurdità, eppure mamme e papà da tempo immigrati in Italia non vogliono che i loro rampolli in età scolare dimentichino l’uso della lingua dei padri. Così, i nordafricani hanno dato vita a un’esperienza pilota che vede i loro figli tornare a suola per gli straordinari. Succede ogni domenica mattina a partire da oggi, alle 9.30, nelle elementari di Santa Maria grazie all’associazione culturale Amicizia fondata e portata avanti da magrebini, con la collaborazione di locale Istituto comprensivo, Comune e Centro territoriale permanente di San Giovanni Lupatoto.
Nonostante la domenica sia giornata tradizionalmente dedicata dai mussulmani al riposo più assoluto, i bambini arabi dai 5 agli 8 anni la utilizzano per migliorare la loro conoscenza della lingua madre e favorire la qualificazione personale attraverso la consapevolezza della propria identità e dei valori espressi dalla storia degli avi.
Il corso terminerà nel maggio del prossimo anno. Gli alunni impareranno ad esprimersi meglio in lingua araba sia in forma parlata sia in forma scritta. I bambini magrebini arrivano anche da paesi vicini: San Giovanni Lupatoto, Palù, Illasi, San Martino Buon Albergo, Tregnago. Gli insegnanti sono prevalentemente arabi laureati.

Luisanna Facchetti costruirà invece ponti culturali italo-magrebini utilizzando bibliografia su tradizioni comuni. L’iniziativa, giunta al sesto anno, vede presente il console magrebino a Milano alla consegna degli attestati di partecipazione.

«Ci muoviamo nell’ottica dell’intercul-turalità per far sì che i nostri figli non perdano le radici», spiega Mohammed El Assiri, presidente dell’associazione Amicizia, «il fatto che l’iniziativa sia giunta al sesto anno ne attesta la validità nel mantenere l’identità storica dei figli degli immigrati, che diversamente andrebbe persa», dice il sindaco Maria Luisa Tezza.

«All’aspetto educativo», precisa il primo cittadino, «la scuola di arabo somma l’essere diventata punto di aggregazione per nuove famiglie d’immigrati nella necessità di scambiarsi esperienze comuni sul modo di vivere in un paese diverso da quello d’origine».