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Firenze – Due centri di identificazione per richiedenti asilo

Il cavallo di Troia del Ministero degli Interni

Dopo gli attacchi xenofobi contro i lavavetri e le ordinanze degne della Lega Nord, il PD fiorentino continua a sperimentare nuove forme di controllo dei flussi di migrazione e di esodo che abbandonano il sud e l’est del mondo devastati dalla guerra e dallo sfruttamento delle risorse. Negli ultimi anni Firenze è stata un intenso crocevia di vite e di storie anche per i e le migranti dal corno d’Africa: Somalia, Eritrea, Etiopia, paesi ancora oggi devastati dalla guerra e dalla fame. Le centinaia di uomini e donne che arrivano annualmente a Firenze vengono regolarmente ospitate in gran parte dal Movimento di Lotta per la Casa che mantiene oggi occupati tredici stabili salvati dalla svendita del patrimonio pubblico.
Le istituzioni, a seconda della convenienza politica, tollerano, cercano di strumentalizzare e quando non ci riescono, sgomberano e reprimono. Questo è in sintesi il modello toscano applicato alle emergenze umanitarie ormai permanenti.

Nelle scorse settimane l’assessore alle politiche sociali Lucia De Siervo ha firmato, su mandato diretto del sindaco, un accordo con il governo “ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 dell’agosto 1990” nella persona del prefetto Andrea De Martino per la realizzazione e gestione di due centri di identificazione per richiedenti asilo. A Firenze però la protesta sta già crescendo e al di là della forzatura fatta da Comune e Ministero non sembra facile che questo progetto veda la luce.
La richiesta non è infatti passata in consiglio comunale, ma direttamente per ordine del sindaco Leonardo Domenici è arrivata all’assessore. Le forze politiche del centro-sinistra, al governo a Firenze ed in gran parte della regione, si sono, per convinzione o per convenienza elettorale, opposte in passato alla apertura dei CPT e sono tutt’ora sensibili alle forti pressioni dalle loro basi e dai movimenti, che contestano l’estensione delle forme di detenzione amministrativa. Infatti i due nuovi centri avrebbero un carattere di centro semi-chiuso, con un forte controllo sui residenti poiché chi vedesse respinta la sua richiesta di asilo o revocato il suo status di rifugiato, sarebbe passibile di fermo e di espulsione. Questa scelta impopolare arriva però in un contesto caratterizzato negli ultimi mesi da una campagna di crescente allarmismo e criminalizzazione della povertà, i cui promotori politici, l’assessore alla sicurezza Graziano Cioni ed il sindaco della città devono a loro volta tenere rapporti di scambio e di interesse con il Ministero degli interni e con il mondo della cooperazione sociale legata al nuovo PD.
Tuttavia anche per la cooperazione sociale non è semplice entrare in questo meccanismo, il Movimento di Lotta per la Casa infatti annuncia una opposizione dura, e per giovedì 31 gennaio alle 21 ha convocato in una assemblea anche quelle forze dell’associazionismo e della cooperazione che potrebbero essere contattate per collaborare nel nuovo progetto. Con buona probabilità, come successo in altri casi, il Movimento dovrebbe riuscire a rompere il fronte del silenzio. intanto un corteo di richiedenti asilo e rifugiati è stato convocato per il 9 febbraio. Non a caso, una delle due strutture indicate dal progetto, è una scuola attualmente occupata dal Movimento di Lotta per la Casa con duecento richiedenti asilo dalla Somalia e dall’Eritrea.

I paradossi dei dispositivi di controllo biopolitici sono anche questi.

Movimento di lotta per la casa