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Flussi 2006 – Attesa del primo pds, i diritti del lavoratore

Commento alla Direttiva del Ministero dell'Interno del 20 febbraio 2007

La direttiva riguarda le condizioni dello straniero giunto in Italia a seguito del decreto flussi, quindi con il visto di ingresso per lavoro, dopo che è stato rilasciato il nulla osta all’assunzione in base alle note procedure previste dalla normativa.

Le fasi dopo l’entrata in Italia
Quando lo straniero giunge in Italia munito di visto d’ingresso entro gli 8 giorni lavorativi deve
– presentarsi allo Sportello Unico presso la Prefettura per sottoscrivere il contratto di soggiorno
– chiedere che gli venga rilasciato un modulo predisposto direttamente presso lo Sportello Unico per la richiesta del rilascio del primo permesso di soggiorno
– utilizzando i consueti kit postali inoltrare la domanda (e il modulo) per il rilascio del primo permesso di soggiorno.

La direttiva precisa i diritti riconosciuti allo straniero, in particolare la possibilità di svolgere da subito attività lavorativa. In possesso della semplice ricevuta che attesta l’avvenuto inoltro della domanda, l’interessato può essere direttamente avviato al lavoro dal datore di lavoro che aveva ottenuto il nulla osta all’assunzione. Egli, per poterlo validamente avviare al lavoro, dovrà svolgere tutti i normali adempimenti:
– la comunicazione entro il giorno precedente dell’inizio dell’attività lavorativa di avviamento al lavoro al centro per l’impiego, nonché la comunicazione di assunzione allo Sportello Unico
– la denuncia nominativa degli assicurati all’INPS e all’INAIL, che dovrà essere ancora fatta fin tanto che il Ministero del Lavoro non provvederà, come già previsto dalla legge, ad adottare il modello unico di comunicazione (che assorbirà tutte le comunicazioni vigenti e obbligatorie)

Il testo della direttiva dispone: “Il lavoratore straniero, nelle more della consegna del primo permesso di soggiorno per lavoro subordinato, può legittimamente esercitare i diritti derivanti dal medesimo permesso , nonché essere ammesso a svolgere attività lavorativa per la quale è stato autorizzato il suo ingresso nel territorio nazionale qualora:
– abbia presentato la domanda di rilascio del permesso di soggiorno allo sportello unico per l’immigrazione entro 8 giorni dall’ingresso nel territorio nazionale;
– abbia sottoscritto il contratto di soggiorno;
– sia in possesso di copia del modello di richiesta di permesso di soggiorno rilasciato dallo Sportello Unico per l’immigrazione;
– sia in possesso della ricevuta attestante l’avvenuta presentazione della richiesta di permesso di soggiorno rilasciata dall’Ufficio postale abilitato
”.

Il contenuto della direttiva appare sicuramente positivo perché fornisce un chiarimento importante, anche se è giusto considerare che in realtà questa direttiva appare superflua perché non aggiunge e non toglie nulla a quanto era già previsto dalla Circolare n. 1/2006 del Ministero dell’Interno, dove, al paragrafo 1 punto 3, 4 e 5, stabiliva la possibilità di svolgere l’attività lavorativa da parte del lavoratore straniero in possesso della ricevuta dell’assicurata, attestante la richiesta del permesso di soggiorno. Quindi da questo punto di vista non c’è nulla di nuovo.
Diventa difficile comprendere per quale motivo il Ministro dell’Interno si sia, per così dire, disturbato intervenendo nuovamente sulla questione, per impartire esattamente le stesse identiche disposizioni, già chiare e diramate agli uffici competenti, a distanza di ben un anno.
La direttiva, nella parte dispositiva, ha tutta una lunga serie di premesse e considerazioni. Tra queste si considera che la condizione dello straniero che fa ingresso per la prima volta in Italia per svolgere un’autorizzata attività lavorativa, deve considerarsi assimilabile – secondo un’interpretazione teleologica della normativa – a quella di chi è in attesa per il rinnovo del permesso di soggiorno. Il Ministero, sempre nelle premesse, ritiene che vi sia la necessità di garantire allo straniero che abbia in corso di rilascio il primo permesso di soggiorno per lavoro, la pienezza della propria posizione lavorativa venutasi a determinare con la sottoscrizione di un contratto di soggiorno, nonché il godimento dei diritti correlati alla regolarità della posizione di soggiorno.

La condizione giuridica di chi è in attesa del primo permesso di soggiorno merita infatti di essere chiarita, specie se si considera che ha suscitato molta preoccupazione una recente sentenza del Tribunale di Alessandria, che ha disposto la condanna di un datore di lavoro il quale aveva assunto e avviato al lavoro un lavoratore giunto in Italia, munito di regolare visto di ingresso per lavoro a seguito del rilascio del nulla osta all’assunzione con il precedente decreto flussi. Questo datore di lavoro è stato condannato proprio perché non ha atteso che il lavoratore ottenesse il rilascio del primo permesso di soggiorno, ma sulla base della semplice domanda inoltrata di rilascio del permesso di soggiorno aveva ritenuto che fosse lecito nel frattempo avviare al lavoro il dipendente. È stato condannato per impiego illegale di lavoratore in quanto sfornito di permesso di soggiorno per lavoro.
In effetti il Testo Unico sull’immigrazione non prevede nulla per quanto riguarda la condizione del lavoratore straniero in attesa di rilascio del primo permesso di soggiorno.
All’art 22, comma 12 si prevede che “Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato”.
Questo ci permette – e ci ha già permesso in passato – di sostenere che durante la fase di rinnovo del permesso di soggiorno lo straniero può lavorare in regola, proseguendo il rapporto di lavoro regolare già precedentemente in corso, o può costituirne uno nuovo con un diverso datore di lavoro.
Ma questo, appunto, durante la fase di rinnovo del permesso ovvero quando si passa dal primo al secondo permesso e così via. Mentre invece la legge, non dispone nulla testualmente per quanto riguarda la fase del rilascio del primo permesso di soggiorno.
Di fatto sappiamo che presso le questure vi era stata un’ampia tolleranza rispetto alla situazione di chi, in attesa di rilascio del primo permesso, aveva fretta di andare a lavorare ma anche nei confronti dei datori di lavoro che avendo atteso tanto tempo per l’arrivo regolare del loro dipendente avevano poi necessità di impiegarlo senza attendere ulteriore tempo. Ma appunto vi è stato evidentemente chi ha ritenuto di denunciare l’illegittimità di tale comportamento perché la normativa tuttora vigente nulla prevede rispetto alle sorti di chi è in attesa di rilascio del primo permesso.
Si è autorizzati a soggiornare in Italia perché l’ingresso è avvenuto regolarmente con un visto di ingresso ed è stata fatta la regolare domanda di rilascio del primo permesso, ma finché non verrà rilasciato non si potrebbe lavorare. Non a caso il tribunale di Alessandria ha disposto la condanna del datore di lavoro.
La legge è rimasta invariata, non è in intervenuta nessuna modifica.
Infatti è solo una circolare del Ministero dell’Interno che, con riferimento alle procedure relative al decreto flussi 2006, ha precisato la possibilità di lavorare in attesa di rilascio del primo permesso di soggiorno.
Il fatto che sia stato proprio il Ministero dell’Interno a precisare questa possibilità permette di affermare che ora –quantomeno a partire dalle assunzioni effettuate col decreto flussi 2006– la condotta del datore di lavoro, che senza attendere il rilascio del primo permesso assume concretamente il lavoratore autorizzato, è una condotta lecita o comunque non punibile, a condizione che tutti gli adempimenti per l’assunzione regolare siano effettuati dal datore di lavoro.
È una condotta lecita e non punibile proprio perché è una condotta realizzata in perfetta buona fede e in piena aderenza con le indicazioni impartite dal Ministero dell’Interno.

La giurisprudenza penale è pacifica nel ritenere che non si può considerare intenzionale e consapevole la violazione di legge da parte di un soggetto che abbia agito realizzando una certa condotta attenendosi fedelmente ed in buona fede alle indicazioni impartite dall’ufficio competente della pubblica amministrazione. Dunque, anche se la legge non è stata modificata dal punto di vista penale, non si potrà considerare colpevole –stante la mancanza temporanea del primo permesso di soggiorno– il datore di lavoro che non fa altro che eseguire quanto viene indicato dal Ministero dell’Interno. Altrimenti si dovrebbe ammettere, paradossalmente, il concorso nella responsabilità penale da parte dell’amministrazione del Ministero dell’Interno.

È una situazione un po’ strana.
È vero che in Italia siamo abituati al fatto che spesso contano più le circolari che le leggi ma la legge contiene ancora un buco, ovvero non c’è una previsione espressa sulla possibilità di far valere la condizione di soggetto regolarmente soggiornante, con tutti i diritti connessi anche nella fase in cui si attende il rilascio del primo permesso di soggiorno.

Quello che può aver indotto verosimilmente il Ministero dell’Interno già da febbraio 2006 a precisare questa possibilità di andare subito a lavorare in regola, anche se si è in attesa di rilascio del primo permesso di soggiorno, è proprio il tempo di attesa infinito per il rilascio del primo permesso di soggiorno. Cosa che, specialmente per quanto riguarda gli ingressi per lavoro stagionale, non manca di creare disagio. Proprio per questo, il Ministero dell’Interno ha introdotto questa precisazione da considerare valida con riferimento ai nuovi ingressi autorizzati in base al decreto flussi per l’anno 2006.
Dobbiamo quindi ritenere che la sentenza del Tribunale di Alessandria – che fa riferimento a un fatto verificatosi antecedentemente – non dovrebbe allarmare e suscitare preoccupazioni, né dar luogo a dubbi ulteriori su quella che è la procedura da osservare attualmente, soprattutto sulla possibilità di avviare subito al lavoro lo straniero non appena firmato il contratto di soggiorno e inoltrata la domanda di rilascio del primo permesso di soggiorno.

Ma allora perché il Ministero dell’Interno, anche se tutto ciò era già noto e stabilito formalmente con la circolare del Ministero stesso del 9 febbraio 2006, ha ritenuto di reintervenire sulla situazione con una direttiva?
Non è che dal punto di vista normativo o legale ci sia una differenza sostanziale fra la circolare e la direttiva. Entrambi sono atti che non hanno forza e valore di legge quindi non sostituiscono automaticamente le norme di legge.
Proviamo a dare una spiegazione.
Verosimilmente il Ministero dell’Interno deve essere stato sollecitato da diversi quesiti e segnalazioni da parte di uffici periferici che hanno continuato, nonostante quanto già stabilito con la circolare del 9 febbraio 2006, a dubitare della possibilità di consentire al lavoratore straniero l’attività lavorativa regolare prima del rilascio del primo permesso di soggiorno, dopo aver presentato la formale domanda di rilascio dello stesso. La sensazione che emerge dall’emanazione di questa direttiva, è che ci sia una forte resistenza da parte degli uffici periferici del Ministero dell’Interno, in particolare gli Sportelli Unici, ad accettare l’idea che lo straniero senza il primo permesso di soggiorno possa comunque lavorare in regola, senza essere costretto ad aspettare i tempi incalcolabili dell’amministrazione senza lavorare. Questo sempre nel dubbio che, magari, successivamente il primo permesso di soggiorno potrebbe non essere rilasciato e che, quindi, un lavoratore possa lavorare senza che vi sia l’assoluta certezza della piena legittimazione a soggiornare in Italia.
Riteniamo di interpretare il senso di questa direttiva del Ministero dell’Interno non tanto come una direttiva causata da esigenze di tipo giuridico ma provocata da resistenze di tipo psicologico o culturale, verosimilmente emerse presso gli uffici periferici, al punto che è stato necessario ribadire le stesse disposizioni, precedentemente impartite con la circolare citata, con una direttiva.
Dal punto di vista della tecnica legislativa non è né una circolare né una direttiva che dovrebbe chiarire questi aspetti ma una modifica del testo della legge. Certo, in questo periodo di modifiche ce n’è state un vero stillicidio (decreti legge, decreti legislativi di recepimento di direttive comunitarie, norme contenute nella legge finanziaria). Forse due righe scritte anche a questo riguardo non avrebbero fatto male e al posto di un mero atto amministrativo sarebbe stato appropriato un intervento normativo nel vero senso della parola.

Inoltre, è il caso di osservare che questa direttiva, se anche contiene una lunghissima lista di “considerato”, “visto”, “ritenuto”, che occupano due pagine di premessa, poi invece, nella parte dispositiva laddove si chiarisce che il lavoratore straniero in attesa della consegna del primo permesso di soggiorno può lavorare , non si preoccupa di dare ulteriori chiarimenti lasciando quindi ancora aperti dei dubbi, non tanto per il datore di lavoro che ha ottenuto il nulla osta quanto piuttosto sulla possibilità di stabilire successivamente altri rapporti di lavoro diversi e ulteriori.
In effetti i tempi di rilascio del primo permesso di soggiorno, grazie alla nuova procedura di inoltro tramite il servizio postale, sono praticamente incalcolabili e sarebbe stato quindi necessario –oltre che ragionevole- fornire specifiche indicazioni per l’ipotesi frequente della perdita del posto di lavoro originariamente autorizzato quando ancora si attende il primo permesso.

Esempio pratico – Nei giorni scorsi durante una riunione pubblica la Questura di Venezia ha comunicato di avere rilasciato – a partire dall’11 dicembre – concretamente 18 permessi di soggiorno (e ci permettiamo di dubitare che, da allora, siano stati richiesti così pochi permessi…). Come si vede esiste una specie di imbuto, di freno, che costringe tutti a subire tempi di attesa incalcolabili.
Realisticamente possono passare molti mesi durante i quali lo straniero – sia nel caso di rinnovo ma anche nel caso di rilascio del primo permesso – sarà costretto ad attendere senza avere alcun riscontro, rimanendo in possesso della semplice ricevuta. In tutto questo lungo arco di tempo può anche accadere che, per esempio, il datore di lavoro non abbia più necessità di utilizzare il lavoratore e provveda al suo licenziamento, oppure che il lavoratore dia le dimissioni perché ha trovato un altro lavoro (diritto che non può essere pregiudicato dal fatto che lo straniero sta ancora attendendo il rilascio del primo permesso), o più semplicemente che il contratto di lavoro a tempo determinato sia giunto alla naturale scadenza.
Ecco che nelle premesse il Ministero dell’Interno, con la direttiva citata, afferma che vi sia la necessità di garantire allo straniero che abbia in corso il rilascio del primo permesso di soggiorno per lavoro la pienezza della propria posizione lavorativa venutasi a determinare con la sottoscrizione di un contratto di soggiorno.
Ma, nella parte dispositiva non si precisa se il lavoratore, oltre che lavorare per il datore di lavoro per il quale è stato autorizzato all’ingresso possa lavorare anche per un diverso datore di lavoro, con il quale, successivamente all’instaurazione del primo contratto di lavoro ed alla sua cessazione, voglia avviare un nuovo rapporto di lavoro. Anche da questo punto di vista non si capisce perché – visto che è stato fatto lo sforzo di riprendere in mano delle disposizioni già impartite il 9 febbraio 2006 – oltre che semplicemente ribadire quanto era già stato stabilito non si sia ravvisata la necessità di introdurre ulteriori precisazioni su una problematica così importante e, soprattutto, frequente.