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Flussi 2006 – Il problema della garanzia di un alloggio

Ci viene richiesto se sarà necessario documentare un contratto di locazione per l’alloggio destinato al lavoratore di cui si chiede l’autorizzazione di assunzione dall’estero, o se, invece, sarà possibile dimostrarlo in modo diverso – Dal punto di vista pratico la questione è piuttosto semplice.
In più occasioni abbiamo parlato delle complicazioni dovute all’introduzione del contratto di soggiorno (art. 5-bis T.U. sull’Immigrazione e art. 8-bis dpr 99/394), sottolineando che il datore di lavoro deve verificare la disponibilità di un alloggio idoneo conforme agli standard stabiliti nelle leggi regionali in materia di edilizia. Tutto questo, se si è trasformato in un serio problema per chi è già qui regolarmente soggiornante, considerato che, ogni volta che cambia datore di lavoro, dovrà sottostare a questa verifica; viceversa, il sistema di verifica sulla disponibilità di alloggio idoneo è stato di fatto semplificato nella prassi amministrativa stabilita per l’utilizzo delle quote.
Sembra infatti confermato che per le autorizzazioni delle assunzioni dall’estero per il decreto flussi 2006, il datore di lavoro dovrà limitarsi, compilando la modulistica, a dichiarare sotto la sua responsabilità che il lavoratore avrà un alloggio idoneo, pure indicando l’ubicazione dello stesso e specificando se la disponibilità sarà gratuita o a pagamento, senza però –e questa sembra la cosa importante – dover documentarne nel momento dell’inoltro della pratica la effettiva disponibilità dello stesso e la sua idoneità , come pure lo specifico rapporto giuridico in base al quale sarebbe assicurata tale disponibilità (ad es. locazione, ospitalità, proprietà).
Non sarà pertanto necessario dimostrare da subito l’idoneità dell’alloggio e nemmeno allegare la documentazione che ne dimostra la disponibilità. Si è già detto che i moduli verranno modificati (e distribuiti direttamente dagli uffici postali) per consentire la lettura ottica, ma il contenuto sostanziale sembra confermato che rimarrà identico, e non vi è ragione di pensare che le istruzioni per la loro compilazione vengano quindi modificate. Per l’appunto, dalle indicazioni ministeriali (quelle scaricabili dal relativo sito unitamente ai moduli “vecchi”) si capisce che non è previsto –sebbene non sia vietato— che sia allegata la documentazione di riferimento al momento dell’inoltro, dal momento che si prevede invece l’esibizione della documentazione solo successivamente, in caso di esito positivo della pratica, al momento della stipula del contratto di soggiorno presso l’UTG; in particolare, nelle suddette indicazioni si prevede che in tale sede sia esibita la richiesta di certificazione dell’idoneità e che solo all’atto del rinnovo del permesso di soggiorno sia prodotto il documento attestante la sussistenza dei parametri di idoneità dell’alloggio. Peraltro, nulla vieta –specie se si considera che il lavoratore rimane pur sempre libero di decidere dove andare ad abitare— che tra il momento di inoltro della domanda e il momento (di molto) successivo di arrivo in Italia il lavoratore potrebbe avere cambiato la sistemazione alloggiativi rispetto a quella originariamente prevista, sicché non avrebbe più alcuna utilità la verifica sull’idoneità dell’alloggio inizialmente indicato.

Questo sembra contrastare palesemente con quanto chiesto dal Testo Unico sull’Immigrazione agli art. 22 e 5bis in relazione ai requisiti per la formalizzazione della proposta di contratto di soggiorno. E’ chiaro che (come è successo lo scorso anno) il ministero del Lavoro ha dovuto comunque – indipendentemente dalla volontà politica di chi ha introdotto queste ulteriori restrizioni nella legislazione – tenere conto di un aspetto pratico e di “buon senso”.
Nessuno può, in realtà, mettere concretamente a disposizione e pagare nel frattempo un alloggio per un lavoratore che deve ancora arrivare in Italia e che forse non sarà mai autorizzato a farlo.
Esempio pratico – Se un datore di lavoro dovesse, al momento dell’inoltro della domanda, dimostrare che ha già stipulato un contratto di locazione di un alloggio (versando i tre mesi anticipati più altre spese), quando ancora non c’è la certezza che quel lavoratore arriverà e, soprattutto, sul tempo che ci metterà ad arrivare, è chiaro che si chiede ai datori di lavoro qualcosa che è impossibile pretendere. Anche perché la legge non impone al datore di lavoro di pagare l’alloggio al posto del lavoratore, ma impone semplicemente di verificare che il lavoratore dispone – o disporrà – di un alloggio idoneo.

Ecco che dal punto di vista pratico la stessa Amministrazione ha dovuto sostanzialmente disattendere il testo normativo, limitandosi a dare indicazione che nella modulistica si dichiari la futura disponibilità di un alloggio che, teoricamente, dovrebbe essere idoneo. Niente di più.
Sarà sufficiente compilare il modulo senza dover allegare nulla, sul presupposto che in seguito, quando il lavoratore arriverà in Italia, al momento della stipula del contratto di soggiorno l’alloggio dovrà essere concretamente disponibile e documentato. Solo in quel momento si dovrà verificare a che titolo il lavoratore dispone di quell’alloggio e che sia stata richiesta la certificazione della sua idoneità.
Il datore di lavoro in quel momento potrà far risultare che il lavoratore è alloggiato presso la sua abitazione (cosa che accade soprattutto nel lavoro domestico) oppure che dispone di un alloggio a titolo di locazione o a titolo di ospitalità.

In conclusione non è previsto dalla legge che per forza il lavoratore debba essere titolare di un contratto di locazione, ma è importante che, nell’ambito della verifica che verrà fatta solo successivamente a seguito dell’ingresso, si dimostri che il lavoratore dispone legittimamente di un alloggio.
Ad ogni buon conto, è giusto ricordare ancora una volta che le considerazioni svolte potrebbero essere contraddette da eventuali diverse disposizioni ministeriali, che potrebbero essere emanate nei prossimi giorni. Ovviamente, non mancheremmo di darne informazione tempestiva.