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Francia – Lo scrittore Yann Moix a Macron: a Calais terribili atrocità

In una lettera aperta pubblicata su Libération il duro attacco sulle violenze delle forze dell'ordine

Fotografia tratta dal documentario "Re-Calais" realizzato da Yann Moix

Lettera aperta
«Signor Presidente, lei ha attuato un protocollo scorretto a Calais!»

21 gennaio 2018

Lo scrittore Yann Moix, in una lettera aperta indirizzata a Emmanuel Macron, critica aspramente le politiche migratorie della Francia, in particolare il trattamento imposto ai migranti a Calais. Con le prove di un video, afferma di aver filmato sul posto «terribili atrocità».

Signor Presidente della Repubblica, ogni giorno lei umilia la Francia umiliando gli esiliati. Lei li chiama “migranti”, ma sono degli esiliati. La migrazione è un numero, l’esilio è un destino. Scampati al peggio, loro rappresentano un futuro che lei gli sta negando, incarnano la speranza che lei non vuole dargli. È per loro che le scrivo.

Lei ha affermato, nel suo discorso di Calais, che «quelli che hanno qualcosa da rimproverare al governo, attacchino la sua politica ma non i suoi funzionari». Io, non me la prenderò che con lei. E con lei soltanto.

Io non sono, come lei dice, un «commentatore della parola»: sono un testimone delle sue azioni. La sua parola è vuota e falsa e i suoi discorsi sono ambigui.

Quanto al suo verbo, è vuoto come la sua parola è falsa, e il suo discorso, doppio.

Personalmente ritengo, signor Presidente, che lei lascia commettere a Calais degli atti criminali verso gli esiliati. L’ho visto e l’ho filmato.

Personalmente ritengo, signor Presidente, che dei funzionari della Repubblica francese, picchiano, gasano, lanciano pietre, sottopongono ad angherie, umiliano adolescenti, ragazze e ragazzi nella difficoltà e nell’indigenza. L’ho visto e l’ho filmato.

Personalmente ritengo, signor Presidente, che degli esiliati, non soltanto innocenti, ma inoffensivi, subiscono attentati ai diritti fondamentali della persona. L’ho visto e l’ho filmato.

Lei minaccia di avviare azioni legali se «i fatti denunciati» non si fossero «verificati». Queste sono, signor Presidente, le immagini delle conseguenze oscene della sua politica.

Questi atti di barbarie, se li conosceva non è degno della sua carica, se li ha ignorati non è degno della sua funzione. Questi poveretti, se chiede di loro, eccoli qua; se fa finta di chiedere, eccoli qui lo stesso. I francesi scopriranno ciò che lei commette in loro nome.

Lei ha affermato: «Non posso lasciar passare l’idea che le forze dell’ordine esercitino delle violenze fisiche». Aggiungendo: «Se ciò è stato fatto ed è provato, sarà punito». Innanzitutto, lei minaccia di citare per diffamazione coloro che smascherano la sua politica, poi minaccia di usare provvedimenti penali contro chi la applica.

Giornalisti, poliziotti: insieme a lei, tutti hanno torto. Gli uni di aver visto, gli altri di aver fatto. Tutti hanno torto, tranne lei, che è l’unico a non aver visto né fatto nulla. Aspettavamo Bonaparte ed è arrivato Tartuffe.

È un fatto che le forze dell’ordine obbediscano a degli ordini precisi, e che lei sia imperdonabile; è un fatto che le forze dell’ordine obbediscano a degli ordini imprecisi, e che lei sia incompetente. O le direttive sono date da lei, e ci tradisce, o le direttive sono date da altri, e così lei viene tradito.

Quando un poliziotto, individualmente, supera ogni limite, la si chiama pecca.

Quando brigate intere superano ogni limite, lo si chiama protocollo. Lei ha instaurato a Calais, signor Presidente, un protocollo scorretto.

Quando la polizia agisce così unita, per così tanto tempo, non può farlo senza piegarsi ad un ordine. È lei, signor Presidente, che intima ai poliziotti l’ordine di innescare queste azioni che profanano la dignità dell’uomo? Lei ha già risposto: «Nella Repubblica, i funzionari applicano la politica del Governo».

La storia ha dimostrato che si può rimproverare, qualche volta, ad un poliziotto di obbedire troppo. E ha dimostrato soprattutto che si deve sempre rimproverare ad un presidente di aver mal comandato, in particolare quando viene violato il rispetto umano. Denunciando le violenze della polizia, cercando di venire a conoscenza di chi abbia dato gli ordini, non faccio altro che difendere la polizia, perché dare ad essa tali ordini significa attentare al suo onore.

Lei dice: «La situazione è quella che è per la brutalità del nostro mondo». Ci si può aspettare, signor Presidente, che una situazione così complessa sia spiegata con un pensiero così semplicista? Che delle decisioni così pesanti siano compatibili con dei propositi così leggeri? Aspettavamo Bonaparte ed è arrivato Lapalisse.

Lei sarebbe più incline all’emozione che alla riflessione? Ascolti la voce di questi giovani, che fuggendo dagli assassini e dalla dittatura, derubati, torturati in Libia, attraversano il Mediterraneo su delle imbarcazioni insicure per poter sbarcare, esausti, in un’Europa che lei difende con i suoi interventi e che essi raggiungono con il loro coraggio.

Lei ha osato dire: «Quello che ci fa onore è aiutare sul campo tutti coloro che apportano un’umanità duratura alla Repubblica». Tenuto conto di quale risulta essere il suo concetto di «umanità», le associazioni preferiscono l’aiuto che lei ha negato loro, anziché quello che lei promette. A Calais, il suo intervento è più efficace nella distribuzione di colpi che non nella distribuzione di pasti.

Queste associazioni, signor Presidente, fanno non soltanto il lavoro che lei non fa, ma anche quello che lei distrugge. Per quanto riguarda il suo impegno di far fronte alla questione della nutrizione, questa non può dirsi generosa: è elementare. Lei fa passare per progresso, la fine di un’aberrazione.

La colonizzazione in Algeria, signor Presidente, le è apparsa un giorno come un “crimine contro l’umanità”. Non si prenda la briga di spingersi così lontano nello spazio e nel tempo, mentre altre atrocità vengono commesse qui ed ora, sotto la sua presidenza, sotto la sua responsabilità.

Prima che il futuro si vergogni di lei, faccia ciò che è in suo potere, signor Presidente, perché nessuno di questi giovani, che non possiede altro che la sua vita, non sia mai più violentato dalla Repubblica sul suolo di questa nazione. Faccia cessare l’ignominia. La decisione è difficile da prendere? Non le si chiede di essere coraggioso, ma di cessare di essere codardo.

Saccheggi nei rifugi, confische di effetti personali, distruzione dei sacchi a pelo, ostacoli all’aiuto umanitario. Questa è la quotidianità degli esiliati a Calais, signor Presidente.

Ahimè, lei non conosce nulla di Calais. La Calais che ha visitato martedì scorso non esiste: era una Calais finta; era una Calais immaginaria e vuota, era una Calais senza “migranti”. Una Calais su misura, una Calais di cartapesta. La Calais che lei ha visitato, signor Presidente, non si trova affatto a Calais.

Il Difensore dei diritti, ha denunciato anch’egli “il carattere eccezionalmente grave della situazione” che non esita affatto a definire come “di natura inedita nella storia di Calais”. Un’istanza della Repubblica, dà, così, ragione a quelli a cui lei da torto. Ma io la so capace di non credere ai suoi servizi, così come dà spesso, l’impressione di non credere ai suoi stessi propositi.

Così come ci si domanda a partire da quante pietre inizia un mucchio, io le domando, signor Presidente, a partire da quante prove inizi un crimine.

Citerei infine le conclusioni della “missione IGA-IGPN-IGGN” relative alla valutazione delle forze dell’ordine a Calais e nel Dunkerquois” dell’ottobre 2017, missione che dipende dal Ministero dell’Interno: “L’accumulazione di testimonianze scritte e orali, sebbene non possano valere come prove formali, conduce a considerare come plausibili le mancanze alla disciplina per l’applicazione della forza e alla deontologia della Polizia, principalmente a Calais. Queste mancanze conducono a dei fatti di violenza, ad un uso sproporzionato di spray lacrimogeni, la distruzione delle questioni riguardanti i migranti così come l’inosservanza dell’obbligo di matricola RIO, [il sistema di riferimento delle identità e dell’organizzazione].”

Mi permetta, signor Presidente, di tradurre questa frase in un francese non poliziesco: “noi crolliamo sotto il peso delle violenze di polizia, in particolare le gasazioni, ma rifiutiamo di considerarle come delle prove in senso stretto, perché questo rischierebbe di offendere il signor Ministro dell’Interno, che sarebbe obbligato a indagare sull’epidemia di anonimato che ha colto le sue truppe al momento dell’assalto contro i migranti”.

Lei dice: “Non posso lasciar passare l’idea che le forza dell’ordine usino la violenza”. Le violenze la disturberebbero meno che lasciar passare l’idea delle violenze come veritiera?

Dal momento in cui, signor Presidente, lei decreta ciò che è, o non è, una “fake news”, lei ci ricorda in modo opportuno di essere pronto alla menzogna spudorata. Aspettavamo Bonaparte ed è arrivato Pinocchio.

Non so esattamente di cosa lei sia responsabile, so soltanto in cosa è irresponsabile. Il grande merito della sua politica è che la si può vedere a occhio nudo.

Soprattutto a Calais, dove tutto è fatto per rendere impossibile l’ingresso Inghilterra. Non solo non hanno il diritto di restare ma non hanno neanche la possibilità di partire. Cosa devono fare? Aspettare che gli si brucino gli occhi? Oppure prendersi gioco del loro destino mentre tentano la traversata?

Signor Presidente, sta minacciando della gente che non ci minaccia per niente. La sua politica non fa che tradire i nostri valori, li insulta. Le misure anti-immigrazione sono sempre popolari. Ma volendo compiacere la folla, lei tradisce il popolo.

Il Prefetto di Pas-de-Calais mi ha chiamato, furioso, osando appellarsi a Jean Moulin; ma Jean Moulin si è battuto per far cessare la barbarie, non per intimidire quelli che la denunciano. Gli esiliati sono delle vittime. Lasciate riposare i martiri in pace; smetta di fare la guerra ai martiri viventi.

Jean Moulin fu torturato da una Francia che accoglie gli uomini, non da una Francia che li caccia. Dica al suo prefetto, che appellarsi ad un eroe della Resistenza, quando, sotto la sua prefettura, Eritrei, Afgani e Sudanesi sono tormentati, sloggiati, gasati notte e giorno, è come prendere Jean Moulin in ostaggio. Ed è tradirlo una seconda volta.

Non è più lei che è in cammino, signor Presidente, ma la verità. Lei può sporgere denuncia contro di me per diffamazione; i posteri sporgeranno denuncia contro di lei per infamia.