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da Parigi, Marina Nebbiolo

Francia – Test del DNA per i migranti, il Comitato etico ribadisce il “No” al decreto.

La Consulta etica nazionale (CCNE, Comité consultatif national d’éthique) non è favorevole al decreto di applicazione del dispositivo previsto dalla legge sull’immigrazione del 20 novembre 2007.

Il Test del DNA per i candidati al ricongiungimento familiare è considerato “in contraddizione con lo spirito della legge francese”, questo parere, consultativo, interviene nello stesso tempo in cui il governo decide di informare le autorità dei 9 paesi con i quali intende adottare questa misura a partire da settembre.
Nell’ultimo anno, 23000 immigrati, tra cui 9000 minori, hanno presentato la domanda per il ricongiungimento familiare, l’esame genetico sarà utilizzato per verificare i legami della madre con i figli ma la Consulta etica sottolinea, come aveva già fatto nell’ ottobre del 2007, che ritiene allarmante il fatto di “iscrivere nella legge un’identificazione biologica riservata agli stranieri” che rende la filiazione genetica “un fattore predominante, in contraddizione con la legge francese”.
La Consulta insiste nel deplorare la “presunzione della frode” indotta dal ricorso al test del DNA e attira l’attenzione sulla “dimensione fortemente simbolica” nella società di “ogni misura che richiede una verità biologica per arbitrare sulle questioni che riguardano l’identità sociale e culturale”. “L’identità di una persona e la natura dei suoi legami familiari non possono ridursi alla dimensione biologica”.

La Consulta denuncia quella che definisce l'”ambiguità”, nel decreto, tra la “richiesta” di identificazione della persona attraverso le impronte genetiche e il supposto “consenso” perché le due cose sono “nettamente distinte sul piano giuridico”.
La questione posta è quella di sapere se si tratta del consenso della persona con la quale il DNA del richiedente viene confrontato, o del consenso del richiedente. Per legge, il ricorso al test genetico è autorizzato dal Tribunale che “decide solo dopo aver indagato sull’effettiva necessità e discussione delle parti in causa” perciò la Consulta etica ritiene che il “progetto di decreto non contiene nessuna misura che permetta allo straniero di appellarsi ad un Tribunale”.
D’altra parte, il testo del governo non precisa “se il candidato, che ricorre all’esame genetico per provare la sua filiazione, otterrà il permesso di soggiorno richiesto”.
Ma soprattutto, “per evitare ogni possibilità di incrocio e accesso, o di uso dei dati per scopi diversi da quelli stabiliti dalla legge, è indispensabile una precisazione delle garanzie per lo straniero sulla protezione delle informazioni che riguardano la sua vita”.

Lo scorso 22 giugno con le ceneri ancora fumanti del CRA, Centro di detenzione amministrativa di Vincennes, il ministro dell’Immigrazione e dell’Identità nazionale Brice Hortefeux, rammaricato per le “tristi conseguenze provocate dall’immigrazione clandestina”, annunciava la sperimentazione dei test del DNA sui candidati all’emigrazione. Una decisione, definita “unilaterale” dalle autorità delle Isole di Capoverde che accoglievano il rappresentante del governo francese in missione per procedere verso “l’accordo di gestione concertata dei flussi migratori” e informare i paesi scelti per applicare il decreto riguardo il ricongiungimento familiare (Angola, Bangladesh, Camerun, Repubblica dominicana, Guinea-Conakry, Ghana, Madagascar e Pakistan).
Mentre il ministro Hortefeux dichiarava che “la nuova politica sull’immigrazione trova il consenso dei nostri amici africani”, nell’arcipelago di Capoverde si annunciava che “presa nota della consultazione, non c’erano altri commenti sulla decisione del governo francese”.
A Capoverde ci sono 500 mila residenti e 700 mila persone che vivono all’estero, 30 mila dei quali in Francia. Ma da questo piccolo Stato-nazione in pieno oceano atlantico, terra arida e povera di risorse naturali da sempre terra di emigrazione, sono arrivati i 273 migranti ‘in situazione irregolare’ intercettati dalle prefetture francesi che registrano come il paese stia diventando “luogo di traffico e transito di flussi migratori”.
Capoverde intende rafforzare le relazioni di scambio economico con l’Europa ed è per questo motivo che ha interpellato la Francia nel quadro di un accordo sulla mobilità che l’Unione europea vuole firmare con i paesi che ‘producono’ immigrati. L’accordo proposto dai paesi membri dell’UE prevede tre punti, ritenuti “indissociabili”: l’organizzazione della migrazione legale, la lotta contro l’immigrazione illegale e lo sviluppo economico solidale tra i paesi cosidetti d'”accoglienza” e quelli di “origine” dell’immigrazione.
Questa visione semplificatrice si scontra con il pragmatismo della realtà e qualsiasi accordo non potrà che accettare lo Stato di diritto che esiste nei paesi considerati “di emigrazione”.