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Francia: protezione negata ai migranti minorenni

Un rapporto di Human Right Watch denuncia irregolarità procedurali nella regione alpina

Tre migranti, fra cui un bambino, attraversano le Alpi vicino a Bardonecchia sperando di arrivare in Francia. Gennaio 2018. Antonio Masiello/Getty Images

Parigi, 5 settembre 2019 – I minori non accompagnati che arrivano nella regione alpina della Francia sono sottoposti a procedure inaccurate di accertamento dell’età, che spesso impediscono loro di accedere alla protezione a cui avrebbero diritto, dichiara Human Rights Watch nella relazione pubblicata oggi.

Il rapporto di 80 pagine, intitolato “Subject to Whim: The Treatment of Unaccompanied Migrant Children in the French Hautes-Alpes” (“In balia di un capriccio: il trattamento riservato ai migranti minorenni non accompagnati nel dipartimento francese delle Alte Alpi”), evidenzia come gli esaminatori preposti a certificare la minore età dei migranti (ovvero un’età inferiore a 18 anni) non rispettino le norme internazionali.

Secondo Human Rights Watch, gli incaricati usano varie giustificazioni per negare la protezione ai bambini: sfruttano i loro piccoli errori con le date, la riluttanza a condividere i dettagli su esperienze particolarmente traumatiche o sul lavoro che facevano nei paesi d’origine o di transito, e quelli che gli esaminatori considerano aspirazioni di vita irrealizzabili.

La protezione dei bambini non dovrebbe dipendere da un capriccio” ha dichiarato Bénédicte Jeannerod, direttrice per la Francia di Human Rights Watch. “L’accertamento dell’età deve servire a garantire un giusto processo, non a trovare scuse per negare loro la protezione”.

Human Rights Watch ha riscontrato irregolarità simili anche a Parigi, ed ha raccolto testimonianze di vari casi di decisioni arbitrarie prese dalle autorità in altri luoghi del paese, il che fa pensare che il problema dei vizi procedurali riguardi tutta la Francia.

Per redigere il rapporto, Human Rights Watch ha intervistato 59 bambini, una bambina e un ragazzo diciottenne nel dipartimento francese delle Alte Alpi (Hautes-Alpes), ed ha analizzato la documentazione di altri 36 casi e parlato con legali, operatori sanitari, funzionari, personale e volontari delle agenzie umanitarie e di associazioni non ufficiali.

Per la legge francese, i minori non accompagnati devono essere presi in carico dal sistema nazionale di tutela dei bambini, il Service de l’aide sociale à l’enfance (ASE). Come passo preliminare, le autorità per i diritti dell’infanzia richiedono un accertamento dell’età dei migranti, per poterne formalizzare lo stato di minorenni.

Le norme internazionali prevedono che questo accertamento possa essere utilizzato come ultima risorsa e solo nel caso in cui sussistano seri dubbi sull’età dichiarata di una persona e manchi la documentazione a supporto. I regolamenti francesi richiedono che queste procedure siano condotte “con neutralità e compassione”. In base al diritto internazionale, quando c’è una ragionevole possibilità che l’età dichiarata sia quella reale, dovrebbe essere concesso il beneficio del dubbio.

Molti bambini che arrivano in Francia da soli, nella regione delle Alte Alpi o altrove, hanno subito gravi abusi nei paesi d’origine, sono stati sottoposti a tortura, lavori forzati e altri maltrattamenti in Libia, e hanno affrontato spaventosi viaggi in mare su imbarcazioni sovraffollate per raggiungere l’Europa. In tanti mostrano i sintomi del disturbo post-traumatico da stress, stando a quanto riferiscono i medici. Ma come ha verificato Human Rights Watch, le procedure di accertamento dell’età sembrano non tenere conto di queste circostanze e degli effetti ben documentati del disturbo post-traumatico sulla memoria, la concentrazione e l’espressività emotiva.
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Una delle conseguenze immediate di una valutazione negativa è l’allontanamento dai centri di emergenza per i minori non accompagnati, che avviene anche quando il migrante chiede il riesame del proprio caso davanti a un giudice. Alcuni bambini trovano rifugio presso le famiglie o in edifici occupati abusivamente e gestiti da reti di volontari, altri finiscono in centri per adulti o per strada. Il processo di riesame può durare mesi, il che può compromettere la possibilità di richiedere lo status di immigrato regolare se nel frattempo l’interessato compie 18 anni.

La maggior parte dei minori intervistati dice di aver trascorso un periodo in Italia, da sei mesi a un anno, prima di decidere di spostarsi in Francia. Parlando dei fattori principali che li hanno indotti a partire, in tanti hanno citato il mancato accesso all’istruzione e ai servizi sanitari, e alcuni anche gli atteggiamenti discriminatori dei funzionari governativi e della popolazione.

Le procedure arbitrarie di accertamento dell’età non sono l’unico ostacolo per i minori non accompagnati.

Come riscontrato da Human Rights Watch, la polizia di frontiera francese del dipartimento delle Alte Alpi ha respinto sommariamente molti migranti, anche bambini, che cercavano di attraversare il confine fra l’Italia e la Francia, anziché indirizzarli ai servizi di protezione. Il Difensore francese dei diritti umani, le organizzazioni non governative, i legali e i gruppi di volontari intervistati hanno confermato queste pratiche.

Amadin N., 17 anni, dal Benin, ha dichiarato: “Ho fatto vedere i documenti che dimostravano che ero minorenne, ma la polizia non mi ha dato retta”.

Per tutti i migranti fermati entro 10 chilometri dal confine, la legge francese prevede un processo accelerato di “non ammissione”. In questi casi, la polizia deve specificare per iscritto le ragioni per cui nega l’ingresso e il diritto a fare richiesta di asilo o presentare un ricorso. I minorenni dovrebbero essere affidati a un tutore. Human Rights Watch ha raccolto nove casi in cui gli agenti non hanno rispettato queste condizioni procedurali di protezione.
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Per evitare l’arresto e il respingimento sommario, i minori non accompagnati raccontano di ave attraversato le montagne, lontano dai sentieri battuti, esponendosi a seri rischi. All’arrivo a Briançon, uno dei principali centri della regione, molti mostrano sintomi di congelamento, altre lesioni e spossatezza.

La polizia francese importuna e a volte cerca di perseguire legalmente coloro che aiutano i migranti in difficoltà sulle montagne. Le autorità hanno continuato ad aprire procedimenti legali nonostante una sentenza della Corte costituzionale, a luglio 2018, abbia sancito che prestare aiuto alle persone in difficoltà, inclusi i migranti privi di documenti, sia un comportamento protetto dalla costituzione.

I cooperanti, i volontari e gli attivisti che partecipano alle operazioni di ricerca e soccorso sulle montagne riferiscono di continui controlli dei documenti, ispezioni dei veicoli e citazioni in giudizio per piccole infrazioni del codice della strada: il tutto sembra suggerire che la polizia non agisca per tutelare la pubblica sicurezza né per altri scopi legittimi, bensì per creare un ambiente ostile per gli operatori umanitari.

Queste forme di abuso non avvengono solo nelle Alte Alpi: operatori, volontari e attivisti che lavorano a Calais e nelle vicinanze hanno descritto pratiche simili ad Amnesty International, al Difensore francese dei diritti umani, a Human Rights Watch e ai relatori speciali delle Nazioni Unite.

La Francia, come gli altri paesi dell’UE, ha l’obbligo di garantire tutele speciali ai minori non accompagnati che varcano i suoi confini, per proteggere i loro diritti umani in base alle norme internazionali ed europee. Come hanno già evidenziato altre ricerche condotte da Human Rights Watch, non si tratta dell’unico stato dell’Unione che viene meno ai suoi doveri in questo campo. Ma il fatto che altri paesi europei abbiano violato i diritti dei minori non accompagnati non giustifica il mancato rispetto delle leggi internazionali, regionali ed europee da parte della Francia, sottolinea l’organizzazione.

Le autorità francesi dovrebbero riformare le procedure e le pratiche di accertamento dell’età per adattarle agli standard internazionali, accertandosi che ai bambini non sia negato alcun riconoscimento formale in modo arbitrario. Fra le altre cose, per ottenere un processo più equo, sarebbe auspicabile un controllo sul disturbo da stress post-traumatico svolto da psichiatri qualificati prima della procedura di accertamento dell’età, con la fornitura del necessario sostegno psicologico a chi ne risulta affetto. Bisognerebbe sviluppare nuovi protocolli con l’aiuto degli esperti per stabilire quando, come e da chi devono essere esaminati questi bambini.

Le autorità dovrebbero porre fine ai respingimenti sommari in Italia dei migranti minorenni non accompagnati, e affidarli subito al sistema di tutela dell’infanzia perché ricevano la protezione e le cure necessarie.

Inoltre, le autorità francesi dovrebbero impedire alla polizia di continuare a ostacolare gli operatori umanitari, punendo gli eventuali abusi.

Aiutare bambini e adulti in difficoltà, indipendentemente dal fatto che siano migranti, non può mai essere considerato un reato”, dice Jeannerod. “I minori devono ricevere un processo di valutazione equo, che permetta loro di accedere alla protezione a cui hanno diritto”.