Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 20 agosto 2004

Francia, solidarietà alla sbarra di Anna Maria Merlo

Sotto processo due militanti che si occuparono del centro di Sangatte

L’aiuto umanitario sotto processo. Ieri, due militanti di un’organizzazione di difesa degli immigrati sono comparsi di fronte al tribunale di Calais, accusati di aver favorito l’immigrazione clandestina. Charles Frammezelle, detto «Moustache », e Jean-Claude Lenoir, militanti dell’organizzazione C-Sur che ha collaborato con la Croce rossa e con i poteri pubblici ai tempi del centro di accoglienza di Sangatte, sono di fatto equiparati a dei passeurs e rischiano fino a tre anni di carcere. «La solidarietà non è crimine», diceva lo striscione che ieri un gruppo di sostenitori ha dispiegato di fronte al tribunale di Calais. Il processo ai due militanti dei diritti umani è il triste epilogo della vicenda del centro della Croe rossa di Sangatte. Dal settembre del `99 al novembre del 2002, il centro di Sangatte, vicino a Calais, ha ospitato circa 68mila persone. Si trattava di immigrati clandestini, in maggioranza provenienti da paesi in guerra come l’Afghanistan e l’Iraq, che si erano diretti verso Calais con la speranza di riuscire a passare in Gran Bretagna. I tentativi di attraversare la Manica e di penetrare nel tunnel, difeso da barriere sovrastate da punte di coltelli e cavalli di frisia, a volte si sono conclusi con la morte degli aspiranti immigrati, schiacciati o fulminati dai treni Eurostar. Nel 2002, in conseguenza di forti pressioni da parte del governo di Tony Blair, l’allora ministro degli interni, Nicolas Sarkozy (attuale ministro delle finanze dalle grandi ambizioni), aveva deciso di chiudere il centro di accoglienza di Sangatte. Blair aveva appluadito. Ma il problema delle persone che volevano tentare lo sbarco in Gran Bretagna è rimasto. Non trovando più nemmeno un misero tetto nel capannone della Croce rossa, gli immigrati si sono dispersi sul territorio attorno a Calais, in rifugi e nascondigli di fortuna. Molti abitanti hanno reagito. Li hanno aiutati, ospitati per una o più notti, dato loro da mangiare e dei vestiti. Ma il governo di Jean-Pierre Raffarin considera che il problema di Sangatte è stato definitivamente risolto con la chiusura del centro della Croce rossa. Così, nella primavera del 2003, due militanti di C-Sur, tra i molti che si sono occupati degli immigrati abbandonati, sono stati incriminati per «aiuto a soggiorno irregolare».

Ieri, i militanti dei diritti umani hanno denunciato di fronte al tribunale di Calais la «criminalizzazione dei movimenti sociali» in corso. Per l’accusato Jean-Claude Lenoir, «sfortunatamente, nel 2004 occuparsi dell’aiuto umanitario è diventato un crimine. Noi viviamo bene, al caldo e non possimo accettare che ci sia gente in strada». L’accusa, secondo l’avvocato difensore, «è moralmente inaccettabile».

Il processo di Calais coincide con un ulteriore giro di vite nella politica del diritto d’asilo in Francia. Mercoledì sono stati pubblicati sul Journal officiel due decreti che riducono il margine di manovra delle persone che intendono chiedere asilo politico in Francia, il paese che continua a vantarsi – sulla carta – di essere la «patria dei diritti dell’uomo». I tempi per presentare la domanda d’asilo, che deve essere redatta in francese e fornire una quantità di dati considerevole, vengono ridotti d’ufficio da un mese a 21 giorni. Inoltre, su decisione del ministero degli interni, le associazioni che forniscono un indirizzo postale a chi richiede asilo – elemento indispensabile per portare avanti la pratica – dovranno d’ora in poi ottenere il riconoscimento ufficiale da parte della Prefettura.