Una smentita per le pratiche di deportazione in Libia ordinate da Maroni e Frattini. Ovvero un ennesimo scaricabarile tra Bruxelles, Varsavia, Malta e Roma. Le pattuglie di Frontex, l’Agenzia Europea per il controllo delle frontiere esterne, non respingeranno migranti verso la Libia, come i nostri ministri hanno ordinato di fare alla Marina Militare ed alla Guardia di Finanza. Le regole di ingaggio dei mezzi navali impegnati nelle operazioni di Frontex nel Canale di Sicilia saranno le stesse già stabilite a partire dal 2006. Ed i risultati saranno altrettanto inesistenti, potremmo dire per fortuna (dei migranti), malgrado lo spreco di risorse e la frenetica attività delle burocrazie militari impegnate nelle operazioni.
Come riferisce The Times of Malta, secondo le dichiarazioni di un portavoce di FRONTEX, riferite il 15 maggio, “at the moment Frontex does not plan to change the operational plan for the Nautilus 2009. The Italian development is based on bilateral agreements between Italy and Libya. Frontex is coordinating cooperation between member states but the command and control stays in hands of the hosting country.” In sostanza la responsabilità ultima delle decisioni starà nelle mani del governo maltese che ospita la missione, ma il richiamo alle prassi degli anni passati fa emergere che i migranti intercettati dalle pattuglie di Frontex o saranno direttamente respinti verso i porti di partenza sulle imbarcazioni su cui si trovano, come già successo in alcune precedenti occasioni nelle quali è intervenuta poi la guardia costiera libica, oppure, se salvati in acque internazionali, potranno essere trasferiti solo verso il paese – Malta – che ha la responsabilità della missione e della vastissima zona SAR corrispondente al Canale di Sicilia, estesa fino alle acque territoriali delle isole Pelagie e della relativa zona contigua. I primi commenti dei lettori del giornale maltese esprimono una forte preoccupazione che le nuove politiche di sbarramento dell’Italia, e questa decisione dell’agenzia europea, possano dirottare verso Malta una massa ingente di migranti in fuga dalla Libia.
Se queste prime notizie risultassero confermate, e si vedrà presto, le squadriglie aeronavali di Frontex opererebbero nella zona SAR maltese tra Lampedusa e la Libia con modalità diverse di quelle adottate tra il Marocco e la Spagna, dove si sono rese responsabili di numerose deportazioni, dopo avere intercettato in acque internazionali “cayucos” carichi di migranti. Ma evidentemente, anche per l’Unione Europea, le condizioni di coloro che vengono respinti in Libia sono peggiori di quelle dei migranti respinti in Marocco. E nessuno deve dimenticare che dalla Libia arrivano esclusivamente cittadini di paesi terzi che al 75 per cento presentano domanda di asilo, mentre dal Marocco si dirigono verso la Spagna e le isole Canarie, in prevalenza, migranti economici marocchini o abitanti di paesi che non sono governati da dittatori. Una differenza che solo la ignoranza dei nostri governanti e la insipienza della stampa di regime riescono a cancellare, proponendo continuamente paragoni con la Spagna di Zapatero.
Rimane a questo punto da vedere quale sarà il comportamento di Malta, che ha pure stipulato un accordo bilaterale con la Libia, soprattutto per la suddivisione della zona SAR (di ricerca e soccorso), ma non si conosce sulla base di quali protocolli operativi per quanto attiene al porto di sbarco dei naufraghi rintracciati a mare. A questo punto potrebbe essere Malta ad assumersi la responsabilità delle deportazioni verso la Libia, anche sulla base dell’accordo stretto con l’Italia, nel patto sull’immigrazione sottoscritto da quattro paesi (Cipro, Malta, Grecia ed Italia) nei mesi scorsi, e non ancora revocato, malgrado le polemiche sorte sul caso PINAR ed in altre analoghe occasioni. Quando si tratta di respingere, se non ci sono spese da sostenere, tutti i governi europei sono d’accordo. Il punto dolente non è il rispetto dei diritti umani e del diritto di asilo, ma solo il riparto delle spese, lo chiamano burden sharing ma è solo e sempre questione di soldi. Il vero problema è chi paga per i pattugliamenti congiunti, chi per le operazioni di deportazione, o per i rimpatri congiunti, e chi garantisce alla Libia le risorse per le successive deportazioni verso i paesi di origine dei migranti. Condizione sulla quale la Libia è assai rigida. Il prossimo viaggio di Gheddafi in Italia, dal 10 al 12 giugno, probabilmente, sancirà un nuovo passo avanti nelle politiche di deportazione, magari con qualche altra decina di milioni di euro concessa al fedele alleato nordafricano.
Quanto dichiarato dal portavoce di Frontex a Varsavia, sede della Direzione generale dell’Agenzia, conferma come, al di là della prevedibile difesa tattica di Barrot, vicepresidente della Commissione Europea e grande amico di Berlusconi e Maroni, le istituzioni comunitarie non sosterranno, neanche con un euro in più, le nuove politiche di respingimento sommario dell’Italia verso le coste libiche, definite frutto di un “accordo bilaterale”. Del resto, una volta che l’Italia ha assunto l’onere di fare il “lavoro sporco”, violando diritti umani e convenzioni internazionali, a Bruxelles non si vede perché si dovrebbero investire risorse per un problema di cui l’Italia ha dimostrato di farsi carico così “brillantemente”, con risultati che neppure le pattuglie di Frontex, negli scorsi anni, erano riuscite a raggiungere.
Rimane da vedere come saranno riorganizzate le rotte, probabilmente più lunghe e ad oriente, dell’immigrazione clandestina, dopo il blocco imposto dall’Italia nelle acque tra la Libia e Lampedusa, quanti cadaveri galleggeranno nelle acque del canale di Sicilia nei prossimi mesi e quante altre vittime si dovranno contare in Libia. Non si sa quanto tempo potrà durare questo blocco, e per quanto tempo ancora la Libia continuerà a riprendersi i migranti “salvati” dalle unità militari italiane, perché sembra che le carceri ed i centri di detenzioni libici siano strapieni di immigrati irregolari, donne e minori compresi, trattenuti in condizioni disumane, dove le telecamere e le missioni guidate non possono arrivare. Intanto, malgrado l’apparente calo degli arrivi, i trafficanti “ringraziano”, perché i loro profitti aumenteranno ancora proprio per effetto delle decisioni “elettorali” del governo italiano. Le rotte più lunghe aumenteranno i costi della traversata e si troverà sempre qualcuno disposto a pagare ed a rischiare la vita per fuggire dall’inferno libico. Se qualcuno ha voglia di fare qualche statistica è bene che attenda la fine dell’estate.
E’ prevedibile che Maroni, e i suoi alleati, dopo avere incassato il successo elettorale, allentino la presa, e tutto ritorni come prima, come sta succedendo a Lampedusa, dove i lavori del nuovo CIE sono bloccati. Anzi, qualcuno nel centrodestra parla già di regolarizzazione, ma intanto centinaia di vite saranno state sacrificate per raccogliere il consenso della parte più abietta ed egoista della popolazione italiana. Una ferita profonda che lacera la coscienza del paese ed introduce elementi di divisione tra italiani, e non solo tra italiani e migranti, fratture profonde che non saranno più colmabili nei prossimi anni.