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Gambia – L’instabilità della Paese, la presenza di violazioni conclamate e l’inserimento del giovane giunto minore in Italia giustificano la protezione umanitaria

Tribunale di Bologna, decreto del 28 giugno 2019

Decreto del Tribunale ordinario di Bologna (Sezione Specializzata in materia di immigrazione) con cui il Giudice collegiale riconosce al ricorrente, cittadino gambiano, il diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. L’instabilità della situazione, la presenza di violazioni conclamate e l’inserimento del giovane giunto minore in Italia conducevano a tale esito.

Nel caso di specie il richiedente, cittadino gambiano, veniva ricercato dalla polizia del proprio Paese dopo che, opponendosi all’illegittima espropriazione del terreno di proprietà da parte del Governo, rimuoveva i mattoni posizionati ai quattro angoli del fondo ivi posizionati quale segno di confinamento.
Raggiunta l’Italia, la Commissione territoriale rigettava la sua richiesta di protezione internazionale non ravvisando i presupposti necessari al suo riconoscimento, nemmeno nella graduata ipotesi della protezione umanitaria.
Il Tribunale, viceversa, emetteva decreto di accoglimento parziale dell’istanza proposta.
Il Giudice, preliminarmente, riteneva applicabile al caso di specie la disciplina antecedente l’entrata in vigore del D.L. 113/2018 (conv. In L. 132/2018) che ha abrogato l’art. 5, co. 6, D. Lgs. 286/1998. Infatti, si rileva nel testo del provvedimento, non solo nel decreto in parola non si riviene alcuna deroga esplicita o implicita all’art. 11 delle preleggi, ma, altresì, la “consistenza di diritto soggettivo della posizione giuridica dello straniero che chieda la protezione umanitaria” e la “natura dichiarativa de provvedimento” implicano l’applicabilità della disciplina previgente al caso in esame, in cui “la richiesta di accertamento del diritto è precedente all’entrata in vigore del citato decreto”.
Proseguendo, il Giudice riteneva le dichiarazioni attendibili posto che il Ricorrente compiva ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda e che le dichiarazioni rese durante l’audizione amministrativa “trovano riscontro nelle fonti consultate che danno atto dei ripetuti e continui abusi, nel periodo di governo dell’ex presidente gambiano, delle forze di polizia e dell’autorità quanto all’occupazione abusiva di terreni”.
Entrando nel merito della domanda di protezione internazionale, il Giudice, dopo aver ricostruito la disciplina della protezione umanitaria alla luce dei recenti arresti giurisprudenziali, ovvero nei termini di protezione degli aspetti di vulnerabilità oggettiva e soggettiva del richiedente, rinveniva questi ultimi nella situazione del ricorrente. In particolare, il primo profilo era da ritenersi integrato dalla “complessità della situazione generale nel Paese che ha portato al percorso di miglioramento intrapreso di recente, ma non ancora stabilizzato”. Per quanto concerne, invece, gli elementi di vulnerabilità soggettiva il Giudice apprezzava “il difficile percorso migratorio compiuto quando il ricorrente era ancora minorenne”; “la mancanza di precedenti penali” e “la capacità dimostrata di saper cogliere le occasioni di inserimento e di integrazione messe a sua disposizione”.
Dalla presa in esame, unitamente, della situazione del Gambia e di quella personale del ricorrente e comparate entrambe con il livello di integrazione da lui raggiunto in Italia “emerge una effettiva incolmabile sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali” sì da prognosticare, in caso di rientro in patria del medesimo, “una sicura compromissione del diritto alla vita privata […] del diritto allo studio e al lavoro”. Ne consegue, pertanto, che pur se non ritenuti ravvisabili i presupposti per l’ottenimento della protezione sussidiaria, gli elementi analizzati “suggeriscono di garantire al cittadino gambiano un congruo periodo di permanenza nel nostro paese onde monitorare l’evoluzione della situazione del Paese, avuto riguardo alla situazione che ne aveva determinato l’allontanamento”.

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Tribunale di Bologna, decreto del 28 giugno 2019