Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Germania – La resistenza dei rifugiati al regolamento di Dublino

Libertà di scelta contro le frontiere d'Europa

Nella centralissima Oranienplatz della capitale tedesca i rifugiati sono accampati da oltre un anno per chiedere accoglienza e diritto al futuro. I tentativi dell’amministrazione di trovare soluzioni di facciata alla vertenza di oltre 400 persone sono ovviamente molto insistenti, da ultimo la proposta di un accordo per convincere i rifugiati ad abbandonare l’accampamento urbano, rispedito al mittente negli scorsi giorni. Nello stesso modo è cominciata la protesta dei rifugiati ad Amburgo, che si è poi strutturata nel movimento “Lampedusa in Hamburg” che, mese dopo mese, ha ricevuto consenso e sostegno dal tessuto cittadino, permettendo ai rifugiati di trovare ospitalità in chiese, scuole, centri sociali e condurre con meno disagi la battaglia per il diritto di residenza.

A queste esperienze strutturate si è aggiunta anche quella di Lampedusa in Hanau, città a pochi chilometri da Francoforte. Oltre 300 persone provenienti principalmente da Eritrea e Somalia hanno manifestato lo scorso lunedì per le strade di Francoforte e davanti all’Ambasciata Italiana per opporsi ai provvedimenti di rimpatrio verso Italia e Malta, paesi a cui spetta esaminare la domanda di asilo e le misure di accoglienza ai sensi del Regolamento di Dublino, essendo gli stati da cui i rifugiati hanno fatto ingresso in Europa.

Con la recente approvazione del terzo Regolamento di Dublino, denunciano i collettivi tedeschi, sono aumentati gli ordini di rimpatrio verso i paesi di primo ingresso come Italia e Ungheria, al punto che almeno un migliaio sarebbero state a dicembre le richieste di asilo inoltrate dall’Ufficio Immigrazione tedesco ver­so questi due paesi, con i conseguenti ordini di trasferimento da parte dell’Unità Dublino, nell’ottica di una attuazione rigorosa del Regolamento di Dublino III.
Trasferimenti forzati che si traducono in vere e proprie deportazioni: Stop illegal deportations to lawless Italy, è scritto negli striscioni dai rifugiati, che raccontano di aver lasciato l’Italia perché senza casa, senza sicurezza, senza cibo, alla mercé di aggressioni sessuali e xenofobe, dopo aver soggiornato per mesi in campi sovraffollati e disumani.

Una condizione di permanente violazione dei diritti previsti dalla protezione internazionale che da anni denunciamo insieme ad associazioni, collettivi, organizzazioni, confermata per altro dalla recente sentenza della Corte Suprema di Londra intervenuta per bloccare il rimpatrio verso l’Italia di quattro migranti per il rischio di subire trattamenti inumani e degradanti, appellandosi all’articolo 3 della Convenzione Europea sui Diritti Umani. Un simile provvedimento era stato preso nel novembre 2011 anche dal Tribunale Amministrativo tedesco di Darmstadt, nonché lo scorso anno dal Tribunale Amministrativo di Francoforte, che si è espresso contro il rimpatrio in Italia di un cittadino afghano ai sensi del Regolamento di Dublino.

Appoggiamo con forza le mobilitazioni dei rifugiati in Europa, che reclamano quel diritto di scelta che già avevano rivendicato nel corso dell’operazione Emergenza Nord Africa, durante la quale, parcheggiati nei “campi profughi” coordinati dalla Protezione Civile, erano stati privati non solo della possibilità di esercitare il diritto alla mobilità, ma anche quello di esercitare consapevolmente l’accesso all’asilo, costretti a firmare d’ufficio la richiesta di protezione perché esclusa ogni altra forma di tutela umanitaria in virtù della loro fuga dalla guerra civile in Libia.

Il riferimento a Lampedusa nel nome dei movimenti dei migranti e rifugiati che hanno conosciuto l’accoglienza made in Italy è davvero esplicativo. Chimarsi “Lampedusa in Amburgo/Hanau” significa certamente rivendicare il proprio percorso migratorio, ma anche indicare che gli stessi dispositivi di respingimento che caratterizzano la frontiera mediterranea si spingono ben oltre l’isola di Lampedusa, divenuta sinonimo delle politiche di chiusura dell’Europa. La pratica del respingimento si proietta nel cuore dell’Europa, dove rifugiati e migranti (ma sempre più persone ormai) subiscono una forma di esclusione altrettanto spietata. Come attraversano il Mediterraneo, l’Egeo e la valla di Ceuta e Melilla, con la stessa determinazione sanno di dover affrontare i confini all’interno dei territori d’Europa, resistendo contro l’accoglienza miserabile, le detenzioni, i regolamenti, i divieti di libera circolazione e soggiorno, ossia un arsenale di misure per marginalizzare, selezionare, ricattare, sfruttare fasce sempre più ampie di non-cittadini.

In photogallery, manifestazione a Francoforte il 17/3/2014