Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

“I CPT sono sempre lì e le metodologie di gestione sempre le stesse”

Collettivo Migranti di Catania e Ragusa.

Ragusa 9 marzo 2007

In attesa che dall’insediamento del nuovo Governo e tutte le varie discussioni, chiusure, superamenti, etc, etc, vadano in porto, sono rientrata adesso a casa dopo essere stata al Centro di Permanenza Temporaneo di Ragusa viale Colayanni unitamente a Matteo Boscarelli
Volevo consegnare la lettera in allegato, entrare ed insieme alla mediatrice linguistica, ( che diamo per scontato dovrebbe essere sempre presente) leggere la lettera alle “ospiti”. Per me era importante.
Ho bussato mi sono presentata con il passaporto in mano.
Siamo stati accolti da due poliziotti, che anche oggi ci hanno spiegato quale trafila avremmo dovuto fare per potere consegnare quella lettera. Procedura a noi da sempre nota e perfettamente uguale a quella istituita dal governo precedente.
Recarci all’Ufficio Immigrazioni, rivolgerci al dott. Terranova, esporre il caso e poi se la richiesta veniva accolta saremmo potuti entrare.
Ho chiesto di parlare con la dirigenza e con il soggetto gestore. Nessuno dei due presenti. Solo volontari della Croce Rossa, ma neanche con loro potevamo interloquire.
Ho avuto notizie che ci sono tredici donne, non ho contezza della nazionalità perché i due poliziotti non ne erano al corrente.
Non mi dilungo , in data 8 settembre 2006 avevamo inviato un comunicato stampa dal titolo “I CPT SONO SEMPRE LI’ E LE METODOLOGIE DI GESTIONE SEMPRE LE STESSE”.

Segue la lettera

Care amiche, non vi conosco, vi scrivo questa lettera questa mattina per chiedervi umilmente scusa.
Infatti ieri era l’8 marzo, giornata ormai da molti (troppi) definita una “festa” più che una commemorazione; commemorazione in ricordo di 129 donne operaie, morte bruciate, che nel 1908 avevano avuto il coraggio di lottare per i propri diritti.
Vi chiedo scusa perché ieri, dopo essere andata in diverse località , dove si parlava di donne, e non avevo ascoltato una parola su di voi, aspettavo le ore 21,00 per potere usufruire della trasmissione televisiva alla quale gentilmente ero stata invitata dal Dott. Falcone – “Finestra di Fronte” Video Mediterraneo – per lanciare un ulteriore appello alla cittadinanza, alla popolazione ed ancor più a noi stesse donne, per ricordare la grande ingiustizia, applicata con oggettivo cinismo, alla quale vi sottoponiamo ancora oggi a distanza di più di un secolo, negandovi di fatto ancora oggi tutti i vostri diritti.
Diritti negati, chiuse dentro un Centro di Permanenza Temporanea che insiste sul nostro territorio da me e da tanti altri definito “la più grossa vergogna del nostro secolo”.
Eppure ieri, dopo tanta attesa, si è parlato di “donne”; donne mamme, donne impegnate nel sociale, donne in politica, donne imprenditrici, tante donne , ma non di voi e del vostro stato di recluse senza avere commesso alcun reato. Nel pomeriggio ero stata a qualche riunione di donne qui e lì per la città. Quelle che sono riuscita ad ascoltare non parlavano di voi. Ed ancora di più ero felice di andare la sera alla televisione. Lo avrei fatto usufruendo di un mezzo che arriva in tutte le case.
Ho citato Wangari Maathai, il premio Nobel per la Pace 2004, donna, ecologista ed africana che nel 1977 ha fondato un’organizzazione con il “Movimento cinture verdi” per la salvaguardia dell’ambiente e il miglioramento della qualità della vita delle donne che già alla fine degli anni 80 vedeva coinvolte tremila donne.
La Maathai ha incrementato la centralità della figura femminile nel mondo rurale occupandosi dei diritti civili sapendo coniugare il problema ecologico e quello occupazionale,conciliando la scienza ed il lavoro democratico. Per questa sua lotta ha avuto una vita non facile. Donne forti e coraggiose che con la loro lotta dal basso hanno evitato guerre e distruzioni ambientali.
Volevo partire da Lei per ricollegarmi a voi, chiedendovi le mie scuse in diretta per essere impotente di fronte a questa crudeltà a cui tanti che si credono “padroni della vostra vita” vi sottopongono” , ma non l’ho fatto.
Mi scuso di questo, me ne sono accorta solo quando stavo rientrando a casa e mi sono indignata con me stessa. Sarei voluta venire da voi a dirvelo personalmente, ma era molto tardi.
Ed ero molto irritata con me stessa per avere perso questa occasione. Era importante perché non è facile fare passare questi messaggi e l’unica possibilità è la televisione e purtroppo solo alcune emittenti.
Non so chi di voi leggerà questa mia..
Spero che il mediatore linguistico che avete sempre lì presente, come dicono, possa tradurvi immediatamente questa mia.
Veramente dispiaciuta, con affetto e stima.

Barbara Grimaudo – Ragusa – Sicilia – Italia