Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

I bambini della strada

I minori stranieri non accompagnati lungo il confine settentrionale italiano

Photo credit: Vanna D’Ambrosio

Tra i tanti e continui respingimenti di migranti alle frontiere dell’Italia settentrionale ci sono anche ragazzi e ragazze che ancora non hanno raggiunto la maggiore età. Dai 10 anni in poi, viaggiano da soli, per mare e per terra, lontani dai genitori, la maggior parte delle volte separati forzatamente dalle loro famiglie e percorrono un terrificante cammino, spesso accompagnato da violenze, sfruttamenti e vittime di tratta, che per contrappasso o minaccia, molto spesso non li fa denunciare come minorenni. Anche loro rientrano nel ‘popolo dei sommersi‘ per cui non è previsto alcun tipo di accoglienza temporanea o di sostegno formale.

Dal 2011, i numeri sono altissimi, sino a raggiungere, nella prima metà del 2017, sono stati 12.656 minori stranieri non accompagnati intercettati sul suolo italiano, vale a dire il ben il 13% della popolazione migrante giunta nell’ultimo anno (soprattutto, dal 2015, attraverso il confine settentrionale, ad esclusione di quello tra Slovenia ed Austria).

Hanno tra i 7 ed i 14 anni, il 10,9%, 16 anni il 28% e 17 anni il 50,6% e fuggono dalle guerre, da contesti spesso infernali (70%), dall’assenza di adeguati mezzi di sostentamento per sopravvivere nel proprio paese di origine (48%), dalle precarietà di vita di Gambia, Egitto, Nigeria e Guinea Conakry, Erittrea, Somalia, Afghanistan, in cerca di una nuova vita attraverso il lavoro e l’istruzione.

I diritti che tutelano i MSNA sono tanti: a partire dalla Convenzione dei diritti sul fanciullo, stipulata nel 1989 a New York e poi ratificata con legge 176/1991, in cui esplicitamente agli art. 2 e 22 che tessono il principio della non discriminazione e l’obbligo di presa in carico da parte dello Stato e di somministrazione di aiuti speciali nel caso specifico dei MSNA. A sostegno della sacralità dei bambini, ‘art. 6 del Regolamento n° 604/2013 Dublino III che introduce specifiche garanzie dei minori (lo Stato dove il minore è presente deve esaminare la sua domanda di richiesta asilo senza avere la possibilità di trasferimento).

Empiricamente, invece, come secondo il rapporto Intersos, la situazione ai confini è emergenziale. Di quel fenomeno, l’immigrazione, che diventa emergenza se alimentato da problemi organizzativi e strutturali connessi all’immobilismo perpetuo delle istituzioni, aggravata di una politica con una marcata impronta securitaria, interessata per la stragrande, ‘alle questioni di ordine pubblico e controllo. La conseguenza di questo tipo di approccio e di visione è un sistema di analisi e gestione dai connotati tendenzialmente inumani, in quanto neganti la soggettività degli individui (p.12)‘. Così, oltre i confini dell’Italia, la vita di molti bambini non è ugualmente sicura come dentro il confine. Con queste iniziative, i confini europei sono o confini chiusi o spazi di controllo. ‘Uno spazio de-terriritorializzato in cui il tempo diventa rischio quotidiano 1 e tempo di attesa per i richiedenti asilo 2‘.
A Como, Ventimiglia ed il Brennero, ‘principali località d’uscita’, le pratiche analizzate sono disumane e violano ogni diritto dell’uomo.

Il confine NORD-OVEST

Ventimiglia e confine francese. In seguito agli attentati terroristici avvenuti a Parigi e alla sospensione dell’applicazione del ‘Codice delle Frontiere’ Schengen con il ripristino del controllo alle frontiere interne, la situazione ai margini francesi è ‘allarmante‘. Il confine può essere attraversato, a piedi, lungo il cosiddetto ‘sentiero della morte‘ con molteplici ed immaginabili rischi; in automobile, pagando ai ‘passeurs‘ una somma di 150-200 euro a persona e, in ultimo, in treno, – il mezzo più utilizzato – dove si effettuano controlli anche nei vani dei cavi elettrici. ‘Il controllo si conclude facendo scendere tutte le persone che non hanno documenti validi per circolazione all’interno dell’UE, compresi i MSNA (p.32)‘.

In questi casi, la Polizia francese fa risalire i minori su un treno per l’Italia, con un foglio di respingimento, il ‘refusee d’entree‘, privo di qualsiasi indicazione della modalità di presentazione del ricorso avverso il provvedimento di respingimento, ‘in violazione delle garanzie poste dalle disposizioni di diritto internazionale e comunitario a tutela dei minori (p.33)‘.

La prassi elaborata dagli organi di Polizia francese fa si che i minori rinviati dalla Francia in Italia eludano i controlli della polizia di frontiera italiana che non accetterebbe tale respingimento. Questo modus operandi subisce delle variazioni dopo le 19:00, quando per accordi presi tra gli organi di Polizia. Le riammissioni in suolo italiano vengono sospese fino al mattino successivo. Fino a giugno 2017 non era presente a Ventimiglia nessun centro per l’accoglienza dei MSNA in transito. La mancanza di qualsiasi struttura non ha comunque costituito un fattore di disincentivazione per nuovi arrivi. ‘Già durante gli inizi dell’inverno 2017 […] un numero elevato di persone, tra cui anche MSNA aveva trovato riparo sulla riva del fiume Roya, sotto il ponte autostradale (p.34)‘. Questa situazione è durata fino al mese di agosto e i migranti erano principalmente provenienti dal Sudan, dall’Eritrea, dal Ciad.

Da fine giugno il Campo Roya gestito dalla CRI ha aperto l’accoglienza anche ai MSNA, per un tempo che doveva essere temporaneo, dato il divieto di promiscuità tra adulti e bambini, per poi segnalarli ai servizi sociali del Comune di Ventimiglia.
Nel Campo Roya non ci sono operatori legali e sanitari, nessun servizio per i bambini ed operatori e mediatori specializzati.

In virtù della politica di ‘decompressione territoriale‘, sono predisposti con cadenza regolare, dei trasferimenti coatti dalla città di Ventimiglia all’hotspot di Taranto, ‘che creano un altissimo livello di frustrazione nelle persone, che non ne comprendono la ragione (p.38)‘. Tre le principali ragioni che spingono i ‘bambini della strada’ a voler proseguire il loro viaggio è ricongiungersi con un proprio familiare regolarmente residente in Europa, la conoscenza della lingua parlata nello Stato e, in ultimo, la condizione di poter beneficiare di condizioni di vita migliori.

Il confine NORD

Como e Chiasso. La Lombardia è la regione che ospita il maggiore numero di stranieri e sono in aumento anche i ricongiungimenti familiari.

L’emergenza nasce nel luglio del 2016 quando un centinaio di migranti, anche minori, si erano accampati e dormivano nel parco della stazione San Giovanni, dopo che la polizia di frontiera svizzera aveva chiuso tutte le vie di accesso. ‘Da metà luglio alla fine di agosto, sono stati effettuati da Chiasso 7.000 respingimenti(p.42)’.

Soltanto il 19 settembre 2016 nasce il centro di accoglienza temporanea in Via Regina Teodolinda gestito da CRI con 50 container da 8 posti letto. La copertura sanitaria è assente ed in assenza di tutti i servizi, totalmente privi delle strumentazioni necessarie. Altri 60 migranti sono accolti all’HUB in via Sartori; altri 120 sono senza fissa dimora ed altri , una settantina, dormono all’autosilo Va Mulini. ‘Molti o sono già vulnerabili o lo stanno diventando in seguito alla chiusura di Brennero e Bolzano ed allo sviluppo di procedure fortemente lesive (p.45)‘.

Il confine NORD- EST

Brennero e Bolzano. In seguito alla chiusura del confine da parte austriaca, ha reso la situazione a Bolzano estremamente critica, con l’intensificarsi di misure lesive a danno dei minori che hanno scelto vie sempre più rischiose per eludere i controlli ed attraversare il confine. La principale vie d’uscita rimane il treno, i cui controlli possono essere effettuate dalle pattuglie miste di polizia italiana, austriaca e tedesca, spesso a partire dalla stazione di Bologna. Coloro che riescono ad arrivare al Brennero, devono superare il controllo in entrata predisposto dalla Polizia austriaca che applica a tutti una sanzione amministrativa per ingresso irregolare ed in seguito li rinvia in Italia , violando costantemente la disposizione dell’art.3 del regolamento Dublino e non viene rilasciato alcun documento attestante il respingimento. Qui ‘è stata e viene non di rado evitata l’identificazione di individui che sembrano palesarsi, in virtù dei loro connotati esteriori, come soggetti minorenni, al fine di non avviare l’iter procedurale imposto dal quadro normativo di riferimento (p. 51)‘.

Il Friuli Venezia Giulia è caratterizzato da una pluralità di flussi in entrata, via mare attraverso il porto di Trieste con navi da Turchia e Grecia e via terra per chi fa accesso dalla rotta balcanica. Il 97% dei minori accolti è di sesso maschile e per il 70% ha un’età di 17 anni.

Al Valico di Tarvisio, chi cerca di attraversare il confino è intercettato dalla Polizia italiana ed austriaca. Nel 2016 il Comune ha preso in carico 630 MSNA.
Udine è il posto di transito per chi entra in Italia dall’Austria; per chi vuole andare in Austria e per chi deve presentarsi alla Questura. Tra le 20 e le 50 persone vivono stabilmente in luoghi informali come il sottopassaggio ferroviario, i parchi e la tettoia di fronte al cimitero.

Il settore dell’accoglienza a Trieste presenta le medesime criticità, seppure smorzate dalla presenza di attori particolarmente qualificati.

Il confine di Gorizia, invece, è interessato dal flusso dal nord Europa e dalla rotta balcanica, specialmente da domande di rinnovo del Pds o da una nuova domanda di richiesta asilo. A partire dal 2015, gli ingressi sono stati costanti con un numero di arrivi che varia dalle 5 alle 20 unità giornaliere. Anche in questo caso, è reale la presenza occulta di minori sul territorio, resa ancora più grave dall’ordinanza comunale di non bivaccare nei luoghi pubblici, alimentando l’insediamento abitativo sulle sterpaglie del fiume Isonzo, la Jungle di Gorizia .

Conclusioni

In tutti questi casi ed in questi punti, sono state denunciati un mancato riconoscimento formale della minore età di soggetti intercettati dalle forze di polizia. I rapporti UNHCR, UNICEF ed IRC denunciano una registrazione incompleta o imprecisa per cui i minorenni o non sono registrati affatto o registrati come MSNA anche se sono accompagnati da un nucleo parentale o registrati come adulti.

Ulteriore criticità è rappresentato dalla scarsa tutela dei legami affettivi del minore con i genitori, così come Convenzione sancisce. I numeri dei MSNA, inoltre, non sono esaustivi per via della mancate identificazioni dei minorenni, sia via terra sia via mare e per l’ingente fuoriuscita dai centri di accoglienza (1 su 4 abbandona il circuito per via dei tempi lunghissimi per riunirsi ai familiari ed anche per la mancata presa in carico da parte delle autorità competenti effettiva).

Forme di collocamento atipiche, strutture inadeguate, sovraffollamento e carenza dei servizi essenziali, pessima fruizione e fruibilità delle tutele, sono spigolosità logistiche che interessano i minori transitanti: ‘così il superiore interesse del minore non viene neanche minimamente tenuto in considerazione, essendo di fatto travolto dal concretissimo interesse a disfarsi della persona o ad accantonarla, riducendola praticamente al rango di incombenza della quale liberarsi il prima possibile (p.27)‘.

Nell’aprile del 2017 ed in relazione alle fragilità implicite al territorio di accoglienza, la legge Zampa ha cercato di far convogliare i punti in una disciplina organizzata, che legiferasse, in primis, sul divieto assoluto di respingimento di un minore alla frontiera. Inoltre, è intervenuta sulla necessità dell’inserimento del minore in un progetto SPRAR e la riduzione da 60 a 30 giorni nella prima accoglienza.

Per sopperire alla mancata presa in carico governamentale, la legge ha introdotto l’Albo dei Tutori Volontari che ha anche la possibilità di formalizzare, delegato, la domanda di protezione internazionale, accompagnando il minore nello svolgimento delle pratiche burocratiche e un nuovo accertamento età, non invasivo e non aggressivo.
Parallelamente la collettività trarrebbe giovamento dal fatto che molto più difficilmente individui integrati d con un discreto grado di stabilità esistenziale finirebbero per incrementare circuiti di illegalità, che molto spesso si fondano sul disagio economico e sociale tipico di condizioni di emarginazione (p.60)‘.

  1. Cfr. Willen, 2007, pp. 8-38.
  2. Cfr. Griffiths, 2014.

Vanna D'Ambrosio

Conseguita la laurea in Filosofia presso l’Università di Napoli Federico II, ho continuato gli studi in interculturalità e giornalismo. Ho lavorato come operatrice sociale nei centri di accoglienza per immigrati, come descritto nella rubrica “Il punto di vista dell’operatore”. Da attivista e freelance, ho fotografato le resistenze nei ghetti italiani ed europei. Le mie ricerche si concentrano tuttora sulle teorie del confine.