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I corridoi umanitari possono fornire una via d’uscita alla cosiddetta crisi dei rifugiati?

Photo credit: Comunità di Sant’Egidio

Il 27 giugno 2018 sono arrivate all’aeroporto di Fiumicino 139 rifugiati (134 eritrei e 5 somali), che si trovavano da mesi nei campi del Tigrai in Etiopia. Con il loro arrivo sono 327 i rifugiati accolti in Italia grazie al progetto pilota dei Corridoi Umanitari, nato grazie al Protocollo d’intesa siglato dalla CEI con lo stato italiano.

Che cosa sono e come funzionano?

Si tratta di un progetto pilota, frutto di un Protocollo d’intesa tra la Comunità di Sant’Egidio 1, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia 2, la Tavola Valdese 3 e il governo italiano. I principali obiettivi sono di evitare i viaggi della morte nel Mar Mediterraneo, di impedire lo sfruttamento di uomini e donne che fuggono dalle guerre e di concedere a persone ‘in condizioni di vulnerabilità’ un ingresso legale sul territorio italiano.

Le associazioni inviano nei paesi partecipanti al progetto dei volontari che stilano una lista di potenziali beneficiari. Le persone vengono scelte dopo aver condotto interviste per valutare la situazione e i criteri di vulnerabilità. Questi criteri includono: (a) coloro che hanno vissuto conflitti, guerre e persecuzioni; (b) donne, in particolare donne incinte e madri sole; (c) minori non accompagnati; (d) coloro che sono stati identificati in una prima fase della valutazione come rifugiati prima facie; e (e) coloro che hanno bisogno di cure mediche non disponibili dove sono.
La lista viene poi trasmessa alle autorità consolari italiane che, dopo il controllo da parte del Ministero dell’Interno, rilasciano dei visti umanitari con Validità Territoriale Limitata Per maggiori informazioni: 4, validi quindi solo per l’Italia. Una volta in Italia, i profughi vengono accolti in strutture o case, viene insegnato l’italiano, i bambini vengono iscritti a scuola e gli adulti aiutati a cercare un lavoro.

Il progetto è totalmente autofinanziato con l’8×1000 della CEI, fondi raccolti dalla Comunità di Sant’Egidio. Vi è poi la generosità di associazioni, parrocchie e cittadini che offrono le loro case e il loro impegno gratuito e volontario.

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Un’alternativa legale e sicura..

I corridoi umanitari rappresentano un’alternativa legale e sicura che sembra poter essere anche un modello replicabile a scala europea. Gerarda Pantalone, capo dipartimento immigrazione per il ministero dell’Interno, ha sottolineato che: “Questa è l’Italia che vogliamo“, e che si tratta di una “realtà emulata da altri Paesi, quali Francia e Belgio. E’ un vanto per il nostro Paese, [i corridoi umanitari] permettono di aprire vie legali contrastando i trafficanti e chi specula sulle tratte“.

L’iniziativa è di particolare interesse sotto due punti di vista. Prima di tutto, amplia la concezione del ‘rifugiato’ in quanto considera le persone in situazione di vulnerabilità. Ciò significa che non si basa su criteri che sono stati spesso criticati come ad esempio la distinzione netta tra rifugiato politico ed economico o tra migrazione forzata e volontaria. In secondo luogo, approfondisce anche la protezione fornendo non solo un percorso legale e sicuro per arrivare in Europa ma prevedendo anche delle misure di sostegno ed integrazione che vanno al di là dell’accoglienza immediata.

..ma anche un gesto politico

Nonostante l’importanza di questa iniziativa, rimangono delle perplessità sulla portata limitata di questo progetto. Prima di tutto, è importante ricordare che non vi è alcun obbligo legale da parte dello stato. Rimane quindi il rischio che l’iniziativa venga sfruttata a livello politico dai governi che, partecipando al progetto, si difenderanno di ‘star facendo la loro parte’.

Vi è infatti un problema in merito alle organizzazioni della società civile che si assumono responsabilità che dovrebbe assumersi lo stato. Il professor Paolo Naso dell’università di Roma, Sapienza, responsabile del programma, lo ha evidenziato in una conferenza stampa a Lampedusa il 3 ottobre 2016, chiedendo se: “È solo per caso che l’unico vero esperimento [in percorsi sicuri e legali] proviene da due piccole chiese indipendenti e non da autorità o grandi istituzioni? “. Come progetto pilota, i Corridoi Umanitari hanno un grande potenziale e possono essere visti come un tentativo di ridurre le morti di confine.
Rimane purtroppo il rischio che si riducano ad un gesto politico.

Silvia Peirolo

  1. https://www.santegidio.org
  2. https://www.fcei.it
  3. https://www.chiesavaldese.org/aria_cms.php?page=64
  4. https://www.schengenvisainfo.com/schengen-visa-types

Silvia Peirolo

Dottoranda presso l'Università di Trento (IT), mi sono laureata in Studi Internazionali all'Università di Wageningen (NL), all'Università di Torino (IT) e a Sciences Po Bordeaux (FR). Nata e cresciuta a Torino, ho vissuto in vari paesi per studi e lavoro. Di tutti i paesi, sono rimasta appassionata alla Sierra Leone, dove ho vissuto per sei mesi. Mi interesso alle questioni legate alla polizia e alla migrazione, con un focus geografico sull'Africa occidentale. Ho lavorato precedentemente con varie agenzie delle Nazioni Unite e parlo fluentemente inglese e francese.