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I dannati della terra

Rapporto 2018 di MEDU sulle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri nella Piana di Gioia Tauro

Rocco Rorandelli - Baracche della vecchia tendopoli di San Ferdinando (Calabria), aprile 2018

Comunicato stampa

Roma, 3 maggio 2018 – Medici per i Diritti Umani (MEDU) ha presentato oggi, presso la Sala della Stampa Estera a Roma, “I dannati della terra. Rapporto 2018 sulle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri nella Piana di Gioia Tauro“.

Da dicembre 2017 fino ad aprile 2018 la clinica mobile di MEDU ha operato per il quinto anno consecutivo nella Piana di Gioia Tauro prestando assistenza socio-sanitaria ai lavoratori migranti che anche quest’anno si sono riversati nella zona durante la stagione agrumicola.

Almeno 3.500 persone, distribuite tra i vari insediamenti informali sparsi nella Piana, hanno fornito anche quest’anno manodopera flessibile e a basso costo ai produttori locali di arance, clementine e kiwi. Condizioni lavorative di sfruttamento o caratterizzate da pratiche illecite e situazioni abitative di degrado e marginalizzazione continuano a rappresentare i caratteri dominanti in un contesto dove poco è cambiato rispetto agli anni passati.

Otto anni dopo la cosiddetta “rivolta di Rosarno”, i grandi ghetti di lavoratori migranti nella Piana di Gioia Tauro rappresentano ancora uno scandalo italiano rimosso, di fatto, dal dibattito pubblico e dalle istituzioni politiche, le quali sembrano incapaci di qualsiasi iniziativa concreta e di largo respiro. Oggi più che mai, la Piana di Gioia Tauro è il luogo dove l’incontro tra il sistema dell’economia globalizzata, le contraddizioni nella gestione del fenomeno migratorio nel nostro paese e i nodi irrisolti della questione meridionale produce i suoi frutti più nefasti.

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Rocco Rorandelli - Baracche della vecchia tendopoli di San Ferdinando (Calabria), aprile 2018
Rocco Rorandelli – Baracche della vecchia tendopoli di San Ferdinando (Calabria), aprile 2018

La sintesi del rapporto

Da dicembre 2017 fino ad aprile 2018 la clinica mobile di Medici per i Diritti Umani (MEDU) ha operato per il quinto anno consecutivo nella Piana di Gioia Tauro prestando assistenza socio-sanitaria ai lavoratori migranti che anche quest’anno si sono riversati nella zona durante la stagione agrumicola.

Almeno 3.500 persone, distribuite tra i vari insediamenti informali sparsi nella Piana, hanno fornito anche quest’anno manodopera flessibile e a basso costo ai produttori locali di arance, clementine e kiwi. Condizioni lavorative di sfruttamento o caratterizzate da pratiche illecite e situazioni abitative di degrado e marginalizzazione continuano a rappresentare i caratteri dominanti in un contesto dove poco è cambiato rispetto agli anni passati.

La gran parte dei braccianti continua a concentrarsi nella zona industriale di San Ferdinando, a pochi passi da Rosarno, in particolare nella vecchia tendopoli (che accoglie almeno il 60% dei lavoratori migranti stagionali della zona), in un capannone adiacente e nella vecchia fabbrica a poche centinaia di metri di distanza.

Sono circa 3.000 le persone che trovano alloggio qui, tra cumuli di immondizia, bagni maleodoranti e fatiscenti, bombole a gas per riscaldare cibo e acqua, pochi generatori a benzina, materassi a terra o posizionati su vecchie reti e l’odore nauseabondo di plastica e rifiuti bruciati. Le preoccupanti condizioni igienico-sanitarie, aggravate dalla mancanza di acqua potabile, ed i frequenti roghi che hanno in più occasioni ridotto in cenere le baracche ed i pochi averi e documenti degli abitanti (l’ultimo, il 27 gennaio scorso, ha registrato una vittima, Becky Moses, ed ha lasciato senza casa circa 600 persone nella vecchia tendopoli) rendono la vita in questi luoghi quanto mai precaria e a rischio.

“Per il popolo colonizzato il valore primordiale, perché il più concreto, è innanzitutto la terra: la terra che deve assicurare il pane e, sopra ogni cosa, la dignità”
(In I Dannati della terra, di Franz Fanon)

Gli interventi istituzionali restano frammentari, parziali e inefficaci. Nel mese di agosto dell’anno scorso è stata allestita un’ennesima tendopoli, la terza in ordine di tempo, che non ha tuttavia fornito una risposta adeguata – dal punto di vista numerico, logistico e dei servizi offerti – ai bisogni alloggiativi dei lavoratori migranti: con 500 posti disponibili a fronte delle oltre 3000 persone presenti, in assenza di assistenza medica, sanitaria e socio-legale e di mediatori culturali, si tratta ancora una volta di una soluzione di carattere puramente emergenziale, che confina le persone in una zona isolata e lontana da qualsiasi possibilità di integrazione ed inserimento sociale.

Un numero difficilmente quantificabile di persone si distribuisce anche tra i numerosi casolari abbandonati che popolano le campagne della Piana e che accol- gono i lavoratori migranti tra mura umide e fredde, senza luce né bagni, mentre l’acqua viene attinta da fontane nei dintorni e trasportata in contenitori in bilico
sulle biciclette.

Rocco Rorandelli - Una ex-fabbrica nell'area di San Ferdinando (Calabria), aprile 2018
Rocco Rorandelli – Una ex-fabbrica nell’area di San Ferdinando (Calabria), aprile 2018

Nei cinque mesi di attività la clinica mobile di MEDU ha prestato assistenza a 484 persone, realizzando in totale 662 visite. Si tratta per lo più di giovani lavoratori, con un’età media di 29 anni, provenienti dall’Africa sub-sahariana occidentale (soprattutto Mali, Senegal, Gambia, Guinea Conakry e Costa d’Avorio). Non mancano le donne, circa 100 provenienti dalla Nigeria, quasi certamente vittime di tratta a scopo di prostituzione.

Il 67% delle persone assistite è in Italia da meno di 3 anni, ma c’è anche chi vive nel paese da più di 10 anni (4,4%) ed è finito nel ghetto di San Ferdinando-Rosarno dopo aver perso il lavoro nelle fabbriche del nord Italia o dopo aver perso il titolo di soggiorno (soprattutto di lavoro, per mancanza di risorse economiche ritenute sufficienti al rinnovo). Più della metà dei pazienti ha una conoscenza scarsa della lingua italiana, a testimonianza delle gravi carenze del sistema di accoglienza, di cui la maggior parte delle persone ha usufruito. Dal punto di vista giuridico, oltre il 90% dei lavoratori incontrati è regolarmente soggiornante (92,65%, con un aumento di 13 punti percentuali rispetto alla scorsa stagione). La maggior parte è in possesso di un permesso di soggiorno per motivi umanitari (45%) o per richiesta asilo (41,4%, di cui il 33% ricorrenti in primo o secondo grado avverso la decisione negativa della Commissione Territoriale). Oltre il 7% è titolare di un permesso per protezione internazionale (asilo o protezione sussidiaria).

Nonostante la regolarità del soggiorno, meno di 3 persone su 10 lavorano con contratto (27,82%), con un lieve, ma insufficiente, incremento rispetto agli anni precedenti: erano il 21% nella stagione 2016- 2017, l’11% nella stagione 2014-2015). Nella quasi totalità dei casi, tuttavia, il possesso della lettera di assunzione o di un contratto formale non si accompagna al rilascio della busta paga, alla denuncia corretta delle giornate lavorate ed al rispetto delle condizioni di lavoro così come stabilite dalla normativa nazionale o provinciale di settore e l’accesso alla disoccupazione agricola risulta precluso alla gran parte dei lavoratori. Si tratta di dati particolarmente allarmanti, che denotano condizioni lavorative di sfruttamento o caratterizzate dal mancato rispetto dei diritti e delle tutele fondamentali dei lavoratori agricoli, che pure rappresentano tuttora il carburante per l’economia locale.

Dal punto di vista sanitario, le precarie condizioni di vita e di lavoro pregiudicano in maniera importante la salute fisica e mentale dei lavoratori stagionali. Tra le patologie più frequentemente riscontrate, le principali interessano infatti l’apparato respira- torio (22,06% dei pazienti) e digerente (19,12%), riconducibili allo stato d’indigenza e di precarietà sociale e abitativa, ed il sistema osteoarticolare (21,43%), da ricollegare particolarmente ad un’intensa attività lavorativa. Alcune persone inoltre presentano segni riconducibili a torture e trattamenti inumani e degradanti, per lo più connessi alla permanenza in Libia, e disturbi di natura psicologica. Sotto il profilo dell’integrazione sanitaria, circa la metà dei pazienti risulta iscritta al Servizio Sanitario Nazionale ed è in possesso di tessera sanitaria in corso di validità (48,64%), ma solo il 50% di questi ha un medico di medicina generale. In generale, i diritti connessi all’accesso alle cure sono poco conosciuti e la maggior parte dei pazienti non sa a cosa serva la tessera sanitaria né dell’esistenza di un medico di base di riferimento.

Oltre che alle attività di cura, il team della clinica mobile si è dedicato all’orientamento ai servizi socio-sanitari territoriali, anche al fine di aumentare la consapevolezza dei pazienti in relazione ai propri diritti. La dispersione sul territorio e la difficoltà a raggiungere autonomamente tali servizi, gli orari di accesso limitati e la complessità delle procedure da seguire rendono tuttavia il percorso di accesso alle cure frammentato e di difficile comprensione.

Non sono mancate, nel corso degli ultimi anni, le dichiarazioni da parte delle istituzioni per un maggiore impegno in direzione di un miglioramento delle con- dizioni complessive di vita e lavoro dei braccianti stagionali: dal “Protocollo operativo in materia di accoglienza ed integrazione degli immigrati nella Piana di Gioia Tauro”, firmato a febbraio 2016 dalle principali istituzioni territoriali (Prefettura, Regione, Provincia di Reggio Calabria, Comuni di Rosarno e San Ferdinando) in cui si delineava un impegno ad assicurare “la individuazione e celere realizzazione di politiche attive di accoglienza ed integrazione nel tessuto sociale locale […]” fino al recente Protocollo sottoscritto a marzo 2018 per la partecipazione della Città metropolitana di Reggio Calabria agli interventi in materia di inclusione dei cittadini immigrati nell’area del Comune di San Ferdinando, che prevede lo sviluppo di iniziative progettuali di integrazione sociale e di inserimento lavorativo degli stranieri specie in agricoltura. O ancora, l’adozione della “Convenzione di cooperazione per il contrasto al caporalato e al lavoro sommerso e irregolare in agricoltura” adottata dalla Regione Calabria a dicembre 2016, volta a favorire il libero mercato del lavoro nel settore agricolo e a prevenire forme illegali di intermediazione di manodopera e il lavoro irregolare, che prevedeva anche di promuovere “politiche abitative in favore dei lavoratori agricoli stagionali” e l’istituzione da parte dei Centri per l’Impiego di liste di prenotazione, così come l’attivazione di Sportelli Mobili Funzionali in prossimità dei luoghi di stazionamento dei lavoratori stagionali stranieri. Nella stessa direzione andava la nomina governativa del Commissario straordinario per l’area di San Ferdinando, ad agosto dello scorso anno, con il compito di adottare un piano di interventi per il risanamento dell’area interessata, “anche al fine di favorire la graduale integrazione dei cittadini stranieri regolarmente presenti nei territori interessati…”.

Quello che si è registrato finora è tuttavia un impegno sulla carta e a parole che non si è ancora tradotto in azioni concrete in grado di porre limiti al degrado e allo sfruttamento e di dare il via ad un processo di inclusione reale e tangibile capace di generare ricadute positive a beneficio di tutto il territorio. Otto anni dopo la cosiddetta “rivolta di Rosarno”, i grandi ghetti di lavoratori migranti nella Piana di Gioia Tauro rappresentano ancora uno scandalo italiano, rimosso, di fatto, dal dibattito pubblico e dalle istituzioni politiche, le quali sembrano incapaci di qualsiasi iniziativa concreta e di largo respiro. Oggi più che mai, la Piana di Gioia Tauro è il luogo dove l’incontro tra il sistema dell’economia globalizzata, le contraddizioni nella gestione del fenomeno migratorio nel nostro paese e i nodi irrisolti ella questione meridionale produce i suoi frutti più nefasti.

Ancora una volta MEDU si trova a denunciare le vergognose condizioni di vita e di lavoro in cui si trovano costretti a vivere migliaia di lavoratori stranieri nel nostro Paese, in assenza di misure e azioni concrete da parte delle istituzioni e della politica.

La vecchia tendopoli di San Ferdinando e il capannone Rizzo (Fotografie di Rocco Rorandelli)
La vecchia tendopoli di San Ferdinando e il capannone Rizzo (Fotografie di Rocco Rorandelli)

Medici per i Diritti Umani avanza pertanto le seguenti raccomandazioni di medio e lungo termine per contribuire al superamento delle criticità descritte:

Condizioni abitative:

– Si avvii un programma pluriennale di housing sociale, promuovendo iniziative per l’inserimento abitativo diffuso e servizi di intermediazione abitativa, con indicazioni chiare di tempistiche e fondi a disposizione per permettere con tempi certi il superamento delle misure emergenziali e contrastare la marginalizzazione – fisica e sociale – dei lavoratori stranieri.
Ogni ipotesi di sgombero venga concordata nelle modalità e tempistiche con gli abitanti degli insediamenti e si delineino preventivamente soluzioni alternative credibili ed attuabili, che tengano conto delle esigenze in particolare dei soggetti più vulnerabili.
– Vengano monitorate le condizioni di vita delle donne presenti nell’insediamento di San Ferdinando, avviando una collaborazione tra i servizi e gli uffici anti-tratta.

Condizioni lavorative:

– Si potenzino i centri per l’impiego come luoghi di riferimento per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, con l’attivazione delle liste di prenotazione per il lavoro agricolo.
– Vengano rafforzati i controlli sulle aziende da parte degli Ispettorati del Lavoro, e si introducano indici di congruità che consentano un più rapido monitoraggio.
– Venga attivata in Calabria la Rete territoriale del lavoro agricolo di qualità e si introducano incentivi alle imprese agricole che si impegnino a garantire i diritti dei lavoratori agricoli ed a rispettare le condizioni contrattuali previste dai CNL e dai CPL.
– Venga rafforzato il sistema di trasporto pubblico a beneficio di tutti gli abitanti della Piana e in modo che permetta anche ai lavoratori di raggiungere i luoghi di lavoro, dando inoltre attuazione all’impegno degli enti datoriali in relazione al trasporto dei lavoratori.
– Vengano garantite opportunità formative e di specializzazione per i lavoratori.
– I Sindacati riaffermino il proprio ruolo di assistenza ai lavoratori in condizioni di sfruttamento o di mancato rispetto – anche parziale – delle previsioni contrattuali.

Accesso alle cure:

Si faciliti l’accesso e la fruibilità dei servizi da parte dei lavoratori migranti, concentrando tali servizi in luoghi facilmente raggiungibili, potenziando il sistema dei servizi pubblici e mantenendo orari di apertura accessibile anche ai lavoratori.
– Si provveda al miglioramento complessivo dell’ambulatorio STP/ENI di Rosarno sanando le deplorevoli condizioni in cui versa, rendendolo aperto ed accessibili a tutti gli stranieri (inclusi quelli con tessera sanitaria rilasciata da altra regione) e in grado di fornire orientamento sanitario, avvalendosi di mediatori culturali e di medici con conoscenze specifiche.
– Si investa nella formazione di medici ed operatori sanitari in merito a salute e migrazione.
– Si prevedano interventi e servizi di tutela della salute mentale, particolarmente necessari in un contesto di estrema precarietà delle condizioni di vita.

Situazione giuridica:

– Venga garantito l’accesso alla richiesta d’asilo a chi non ha potuto accedervi al momento dell’arrivo in Italia, indipendentemente dalla nazionalità del richiedente.
– Vengano velocizzate, anche potenziando gli uffici preposti, le pratiche per il rinnovo del permesso di soggiorno e l’accesso alla richiesta d’asilo, che in molti casi costringono per mesi le persone a condizioni di vita di assoluto degrado.
– Venga favorita la concessione di permessi di soggiorno per motivi umanitari o di altro tipo alle persone che soggiornano da molti anni in Italia e che hanno perso il titolo di soggiorno per assenza dei requisiti.
– Si favorisca la registrazione della “residenza virtuale” presso i luoghi di dimora abituale.

Medici per i Diritti Umani

Un'organizzazione umanitaria indipendente e senza fini di lucro che nasce per iniziativa di un gruppo di medici, ostetriche e altri volontari impegnati in una missione nelle Ande ecuadoriane.
Si costituisce nel 2004 con l’obiettivo di curare e testimoniare, portare aiuto sanitario alle popolazioni più vulnerabili, e - a partire dalla pratica medica - denunciare le violazioni dei diritti umani e in particolare l’esclusione dall’accesso alle cure.