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I punti critici della sanatoria colf e badanti 2009

a cura dell' Avv. Sonia Boatti

La sanatoria Colf e Badanti 2009 oltre a non dare, quantomeno per il momento, i risultati sperati, in termini di emersione del sommerso sta sollevando per gli utenti, ma anche per gli addetti ai lavori notevoli problematiche, soprattutto correlate all’inevitabile (ma apparentemente non previsto) intersecarsi delle conseguenze della sanatoria con l’intero sistema normativo nazionale.
Manca di fatto il coordinamento delle previsioni della sanatoria, per loro stessa natura derogatorie delle normativa vigente – in quanto volte alla regolarizzazione di soggetti che fino a ieri hanno vissuto nell’ombra e dunque nella più totale illegalità – e la normativa diversa dal testo unico dell’immigrazione. È come se il legislatore avesse immaginato che la sanatoria ( e mi riferisco in particolare alla regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari) potesse avvenire in una sorta di iperuranio, senza contatto alcuno con la restante realtà normativa.
Intendo qui brevemente soffermarmi solamente su due aspetti che ritengo non siano stati ad oggi affrontati efficacemente.

A far data dal 1 ottobre 2009 gli sportelli Unici di tutta Italia inizieranno a contattare i datori di lavoro che hanno inoltrato la domanda di emersione per la firma del “contratto di soggiorno” di cui all’art. 5-bis del Dlgs del 25 luglio 1998 n 286.
L’art 5-bis prevede, tra le altre cose che il datore di lavoro si impegni a garantire la disponibilità di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica. SI tratta del famoso certificato di idoneità alloggiativa.
E qui bisogna distinguere: il caso in cui il datore di lavoro che inoltra la domanda di sanatoria per un lavoratore convivente, dal caso del lavoratore non convivente, perché le strade si separano nettamente e le criticità si differenziano.

Nel caso in cui l’emersione riguardi un lavoratore extracomunitario convivente si apre per il datore di lavoro che procede con la domanda di emersione il dilemma della presentazione della dichiarazione di ospitalità, cui ai sensi dell’art 7 del Dlgs 286/1998 è tenuto chiunque a qualsiasi titolo dia alloggio o ospiti uno straniero. La dichiarazione di ospitalità deve essere effettuata in forma scritta ed entro 48 ore dall’inizio dell’ospitalità, all’autorità locale di pubblica sicurezza.
È evidente che ciò non è più possibile, in quanto l’ospitalità (da parte sia del datore di lavoro che da parte di un terzo soggetto) è iniziata, quantomeno, il 30 marzo 2009, diversamente il datore di lavoro non potrebbe presentare la richiesta di emersione perché significherebbe che il lavoratore non era presente sul territorio nazionale in tempo utile per rientrare nei requisiti minimi della sanatoria.
Né la legge 102-2009 né tanto meno la circolare congiunta 10/2009 del Ministero dell’Interno e del Ministero del Lavoro trattano minimamente il tema, tanto da indurre a pensare che valesse a tal fine la stessa dichiarazione resa in sede di invio telematico del modello di emersione, e che eventualmente, una volta sottoscritto il contratto di soggiorno fosse necessario effettuare la famosa dichiarazione di ospitalità.
Ma resosi conto della lacuna il Ministero ha ritenuto di precisare, nelle FAQ, alla numero 29, che la comunicazione alle autorità di PS deve essere inoltrata entro 48 ore dalla presentazione della domanda di emersione. E qui si aprono altri interrogativi. Che valenza normativa ha questa precisazione? Potrebbe mai una previsione del genere ostare al buon esito della sanatoria? Ma soprattutto volendo, e dovendo seguire quanto specificato dal Ministero, che decorrenza si deve inserire nella suddetta dichiarazione? Su questo punto tacciono anche le FAQ. A rigor di logica, per l’ìpotesi in cui il lavoratore era convivente e vi è la proposta di contratto di soggiorno per un lavoratore convivente, nella dichiarazione di ospitalità bisognerebbe segnare quale decorrenza dal 30 marzo 2009. Ma in questo caso che senso ha prevedere (peraltro nelle FAQ) il termine di 48 ore dall’inoltro della domanda telematica per la comunicazione alla Autorità di Pubblica Sicurezza? E poi chi garantisce al datore di lavoro che in buona fede in settembre dichiara di aver ospitato da marzo 2009 un cittadino clandestino a casa sua che non gli verrà irrogata una sanzione pecuniaria che poi andrà contestata sulla base dello stesso testo della sanatoria? Infatti si hanno già notizie di sanzioni irrogate in casi di questo tipo, sanzione che, per l’operatore di pubblica sicurezza che si vede depositare una dichiarazione di ospitalità con sei mesi di ritardo è solo un atto dovuto, in assenza di diverse indicazioni ministeriali.
Delle due l’una, o il legislatore ha previsto una sorta di “contributo occulto” ulteriore corrispondente alla sanzione pecuniaria che subisce chi dichiara di aver ospitato un cittadino clandestino dal marzo 2009, o invita tutti i datori di lavoro che vogliono regolarizzare dei lavoratori conviventi ad una sorta di fictio. Sino alla data dell’inoltro della sanatoria i lavoratori non erano conviventi, e non si sa con chi abitavano (perché quel soggetto era comunque obbligato a comunicare l’ospitalità), i detti cittadini extracomunitari hanno infatti iniziato a convivere con il datore di lavoro solo dopo la data dell’inoltro della domanda.
In realtà l’unica lettura possibile della necessità di comunicazione nelle 48 ore successive all’inoltro della domanda al SUI è ad avviso degli scriventi la suddetta.
Una volta sciolti questi nodi però sarà agevole produrre il certificato di idoneità alloggiativa di cui all’art 5-bis del TU immigrazione circostanza che crea invece molti più problemi a quei cittadini extracomunitari che non sono conviventi con i datori di lavoro che operano l’emersione.
Questi cittadini possono solo avere degli alloggi “in nero”, è impensabile che abbiano degli affitti regolari, considerato che fino a ieri vivevano nell’ombra.
Improvvisamente gli si chiede il certificato di idoneità alloggiativa ed il Comune per rilasciarlo chiede solo: il rogito o il contratto di affitto registrato, la planimetria catastale (che il catasto rilascia solo al proprietario), ma soprattutto…..permesso di soggiorno valido…..
Il più delle volte lo straniero è vittima di carissimi affitti in nero, e non si può biasimare il proprietario che non vuole fare la dichiarazione di ospitalità, non vi sono infatti dubbi sul fatto che lui non è certo tutelato dalla sanatoria!
Allora non resta che rivolgersi a connazionali che finiscono nella peggiore delle ipotesi a far pagare un “posto” in una casa a caro prezzo.
Forse se si fosse pensato anche ad una emersione del mercato degli affitti in nero, anche l’Erario ne avrebbe tratto giovamento.

Avv. Sonia Boatti
Benyboatti.com