Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

A cura di Rosanna Marcato del Servizio immigrazione e promozione dei diritti di cittadinanza (Venezia)

I respingimenti nel porto di Venezia

La scorsa settimana sui giornali locali sono apparse le dichiarazioni della Polizia di Frontiera sul bilancio dell’attività di controllo e respingimento nel porto di Venezia.
Il titolo era “Settecento clandestini in nove mesi al porto”.
Alcune considerazioni di zelanti dirigenti di Polizia sono a dir poco preoccupanti e offrendo una particolare e originale visione dei viaggi intrapresi dai cosiddetti clandestini che, in particolare per Venezia, sono persone in fuga da guerre e persecuzioni come kurdi, iracheni, afgani, ecc.
I dati resi pubblici dalla Polizia portuale non lasciano dubbi. Su 688 persone fermate solo 7 hanno fatto domanda di asilo… tutti gli altri sono stati respinti.

Ancora una volta dobbiamo occuparci della situazione del controllo delle frontiere e delle prassi utilizzate dalla Polizia di Frontiera del Porto di Venezia nei riguardi delle persone che a bordo delle navi, dove si sono imbarcati clandestinamente, tentano di raggiungere l’Europa dei diritti.
Più volte attraverso lo sportello Melting Pot siamo intervenuti su questo argomento, dato che spesso articoli dei giornali locali fanno a gara nell’illustrare il lavoro di salvaguardia delle frontiere dall’invasione dei clandestini e dare i numeri di quanti poveri diavoli si è riusciti a respingere ed espellere.

Oggi ci riferiamo, per commentarlo, all’articolo apparso giovedì 2 ottobre sul Gazzettino di Venezia.
L’articolo risulta emblematico per come viene trattata questa materia.

Ne riporto interamente alcuni brani:
“Una volta si chiamava il cammino della speranza…ma il viaggio è piuttosto una difesa agli inferi; Un vero e proprio incubo, che alla fine termina in una banchina del porto di Venezia…Certo Venezia non è Lampedusa, ma i clandestini bloccati nella nostra città non sono proprio poca cosa; In nove mesi la polizia Portuale ne ha conteggiato nientemeno che 688; In particolare sono giunti qui da noi soprattutto afgani, curdi di nazionalità irachena, iraniani. Tra tanti solo 7 hanno chiesto asilo politico nel nostro paese, mentre gli altri sono stati tutti espulsi dall’Italia…Finora abbiamo trovato soprattutto uomini pochissime donne e bambini; In pochissimi casi abbiamo rinvenuto un intera famiglia e in questo caso le procedure sono sempre state quelle di favorire l’accoglienza, ed in alcuni casi anche l’asilo politico… Non si tratta di persone che si organizzano il viaggio in quattro e quattr’otto per scappare dal paese di origine, ma di gente che studia a tavolino il proprio percorso dopo un periodo di soggiorno in quel paese (la Grecia)”.

Innanzi tutto appare ragionevolmente atipico che su 688 persone provenienti dalle aree più calde del pianeta, quei paesi che abbiamo contribuito a distruggere e bombardare, solo in sette abbiano bisogno di protezione e chiedano asilo. Concedeteci il beneficio del dubbio.

Altrettanto strano è che le sette persone, almeno ciò mi risulta, siano le uniche o quasi che il Servizio di Accoglienza alla frontiera portuale, (ricordo che è un servizio attivato dalla Prefettura e gestito dal Consiglio Italiano per i Rifugiati istituito nel 2001 nel rispetto della normativa vigente) è riuscito a contattare. Non perché siano stati interpellati dalla Polizia ma si sono attivati su segnalazione di terzi. Sicuramente curioso il fatto che un servizio istituito dalle Prefetture venga sistematicamente ignorato dalla Polizia di Frontiera. Curioso anche il fatto che ci si prenda il diritto di decidere al posto dell’Unità Dublino del Ministero degli Interni, quale sia il paese competente per l’esame della domanda di asilo.

La polizia dice “Vengono dalla Grecia, paese sicuro e che aderisce alla convenzione di Dublino, quindi automaticamente vanno respinti”. Ma la Grecia potrebbe essere stato solo paese di transito, oppure vi possono essere motivi particolari per chiedere asilo in un altro paese (presenza di parenti o di fatti e contesti particolari). Spesso infatti dai racconti che ci hanno fatto queste persone quando riescono ad arrivare nei nostri servizi, risulta che la maggior parte delle volte non sanno neppure in quale paese si trovano dato che viaggiano per giorni e settimane nascosti nei container o nei tir e che al momento del ritrovamento da parte della polizia non vi erano interpreti che li capissero: l’unica cosa che li guidava era la fuga lontano dalle polizie di frontiera.
Certo ci riesce difficile comprendere come la polizia faccia a interloquire decentemente, a volte senza interpreti, con persone impaurite, spossate da viaggi allucinanti, totalmente ignoranti di diritti e doveri e con storie normalmente molto complicate. Altra perplessità riguarda la dichiarazione del dirigente della polizia portuale che sottolinea che se si tratta di famiglie o di donne con bambini, se ne favorisce l’accoglienza e in alcuni casi anche l’asilo politico.

Si sa, anche chi deve controllare le frontiere ha un cuore e in Italia non si garantiscono i diritti ma gli interventi umanitari.

Per finire vogliamo chiedere alla Prefettura che ha attivato il Servizio di accoglienza al porto e che ne dovrebbe verificare il funzionamento e l’utilità, perché questo servizio, dotato di personale esperto e di interpreti, venga praticamente ignorato. Questo, per inciso, non è un servizio per chi chiede asilo ma un servizio di informazione per i migranti sui loro diritti/doveri, sulle leggi italiane ed europee che regolano le migrazioni, e solo in seconda istanza di supporto per le procedure di asilo.

Forse si potrebbe evitare che accada quello che è successo al ragazzo afgano che per sfuggire ai controlli, si è buttato dalla nave finendo sulla banchina del porto e fratturandosi i piedi.
Chissà perché non aveva chiesto asilo, visto che come dice l’articolo in questione, aveva progettato il viaggio a tavolino magari seduto al bar nelle splendide serate afgane illuminate dalle nostre bombe.
Che strano, invece di affidarsi alla polizia per essere respinto ha preferito l’ebbrezza del volo…