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Il 9 maggio 2019: una brutta giornata

di Giovanni Palombarini, ex magistrato e fondatore di Magistratura Democratica

Photo credit: Giacomo Zandonini

Il 9 maggio 2019, una giornata drammatica per tante persone e pericolosa per le istituzioni, verrà ricordato come un momento significativo e spaventoso della scellerata politica italiana verso i migranti. Infatti le cronache di quel giorno riferiscono del succedersi di drammi nel Mediterraneo e della proposta del ministro dell’interno Matteo Salvini in tema di sicurezza.

In acque internazionali, 40 miglia a nord di Sfax, affonda un gommone proveniente dalla Libia. Muoiono almeno settanta persone, solo 16 vengono salvate da una barca di pescatori tunisini. Un’altra imbarcazione con 150 persone a bordo viene segnalata in difficoltà in zona Sar libica, ma ben presto se ne perdono le tracce: di quei 150 esseri umani non si sa più nulla. La guardia costiera di Tunisi provvede a sua volta a salvare 48 migranti, molti sub-sahariani.

Intanto organizzazioni internazionali informano che, con quelli dell’8 maggio, il numero dei morti in mare ha superato la quota di 500. Questo è il risultato della scelta di ignorare i ripetuti allarmi lanciati dalle agenzie delle Nazioni Unite, Unhcr e Oim, sull’aumento vertiginoso della percentuale di rischio di morte – uno su quattro – per chi tenta la traversata, richiamando i mezzi dell’operazione di salvataggio Sophia in mare e ostacolando in ogni modo, con cavilli apparentemente giuridici, le navi umanitarie.

Contemporaneamente, al di là di questi disumani tentativi di contrasto, nei porti italiani riaperti per l’occasione dal presidente del consiglio Conte avvengono numerosi sbarchi: 36 persone vengono portate ad Augusta da una nave militare italiana, 70 migranti ricuperati da tre motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza vengono sbarcate a Lampedusa, ancora a Lampedusa sbarcano 30 persone dalla nave Mare Jonio, che subito viene sequestrata con la solita improbabile accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Intanto, brevi notizie dei giornali radio, l’11 maggio, fanno sapere di improvvisi sbarchi di migranti sulle coste italiane da barchini veloci e sicuri, così piccoli da sfuggire ai controlli, capaci di affrontare la traversata senza bisogno di aiuti.

Dunque, nonostante ostacoli e tragedie, dall’inizio dell’anno sono arrivate e stanno arrivando in Italia molte persone, anche se in un numero nettamente inferiore a quelli degli anni scorsi; mentre rimane modesto quello dei rientri, come impietosamente ricorda al ministro dell’interno l’alleato di governo. Il ministro Salvini, evidentemente innervosito da questa situazione (e dalla conclusione della vicenda del sottosegretario Siri), dopo avere commentato in modo sprezzante il sequestro della nave Mar Jonio, “ultimo viaggio per la nave dei centri sociali, bloccata e sequestrata: ciao, ciao”, ha annunciato un “decreto sicurezza bis”, rivendicando con arroganza il suo diritto di decidere ogni cosa in tema di navi e porti.

E’ davvero difficile individuare una fra le tante norme del proposto decreto che possa avere un’utilità, mentre di tutte è facile coglierne l’eccezionalità e vederne i profili di incostituzionalità. La bozza del decreto contiene dodici articoli (.pdf). La prima parte del testo è dedicata al contrasto dell’immigrazione. Per quanto riguarda il soccorso in mare, chi svolge operazioni di soccorso senza rispettare gli obblighi previsti dalle convenzioni internazionali, le istruzioni delle autorità competenti nell’area in cui avviene il soccorso (quindi nella maggior parte dei casi la Marina libica rispetto alla sua area SAR e quella italiana per le nostre acque territoriali) e quelle dello stato di bandiera, rischia multe tra i 3500 e i 5500 euro per ogni migrante trasportato. Sono previste anche sospensioni da 1 a 12 mesi della licenza rilasciata dall’autorità amministrativa italiana, o la sua revoca.

Dal punto di vista politico-formale il ministero di Matteo Salvini sottrae così poteri e competenze a quello di Danilo Toninelli proprio in materia di immigrazione e di navigazione. Con una modifica del codice di navigazione, viene attribuita al ministero dell’Interno la competenza per vietare o limitare il transito o la sosta nelle acque territoriali per motivi di ordine pubblico. Il ministero delle Infrastrutture, quindi, verrebbe espropriato di molte sue attuali competenze, restandogli in pratica solo quelle in materia di sicurezza della navigazione e protezione dell’ambiente marino. Sul piano pratico invece l’intenzione è, come si è visto dalle minacce contenute nel testo, di contrastare con maggiore efficacia, anche con aspre sanzioni economiche, l’attività delle Ong. In proposito si prevede lo stanziamento di tre milioni di euro in tre anni per finanziare l’impiego di agenti di polizia stranieri per operazioni sotto copertura a contrasto dell’immigrazione clandestina. Un’altra parte del decreto è dedicata all’ordine pubblico.

Con l’ennesima conferma dell’adesione all’illusione repressiva, si inaspriscono le sanzioni già esistenti per i reati di devastazione, saccheggio e danneggiamento commessi nel corso di manifestazioni o cortei, e si trasforma da violazione amministrativa in reato le azioni di chi si opponga alle forze dell’ordine con qualsiasi tipo di resistenza, attiva o passiva. Vengono inoltre vietati i fumogeni, i petardi e i materiali “imbrattanti”. C’è poi la norma che Salvini ha presentato come “spazzaclan”, che prevede l’istituzione di un commissario straordinario con il compito di strutturare un programma di interventi per eliminare l’arretrato della esecuzione delle sentenze di condanna nei confronti di imputati liberi e, a tal fine, 800 assunzioni di “personale non dirigenziale”, per una spesa di 25 milioni di euro. Un commissario?

Questa è davvero una norma stravagante, di pura propaganda, che contempla anch’essa un’invasione di campo incostituzionale. Infatti, la competenza della gestione del personale della giustizia è di competenza dei capi degli uffici e dei dirigenti amministrativi, e quella dei servizi della giustizia è del ministero della giustizia (art. 110 della Costituzione). Questa intrusione del ministro dell’interno, tipico esponente dell’esecutivo, evidenzia l’indifferenza di Matteo Salvini per la separazione dei poteri e per i valori costituzionali. Insomma, è pensabile che il consiglio dei ministri possa far suo un simile obbrobrio? Nonostante tutto, forse, per dignità, non si arriverà a tanto.