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Il Comune di Barcellona chiude il CIE di Zona Franca

David Bou, Diagonal - 7 luglio 2016

Il Comune di Barcellona, guidato da Barcelona En Comun (BEC), con il sostegno del PSC, si oppone alla decisione del Ministero dell’Interno, guidato dal Ministro ad interim Jorge Fernandez Diaz, di riaprire il Centro de Internamiento de Extranjeros (CIE) di Barcellona Zona Franca, chiuso per lavori di ristrutturazione dal 5 novembre.

Negli ultimi mesi c’è tensione tra il Comune di Barcellona ed il governo centrale, che è rimasto l’unico a sostenere la prosecuzione delle attività di centro di detenzione per immigrati.

A sostegno della chiusura delle attività del CIE, si afferma che la struttura non è in regola con le licenze e con le norme di sicurezza richieste.
La disputa risale all’espediente burocratico che il distretto di Sants-Montjuïc ha messo in opera a fine aprile, dopo aver verificato che il CIE funzionava senza licenza di attività.
Così, il consiglio respinge le accuse presentate dal Ministero degli Interni – proprietario della struttura – e avverte che se si decidesse di riprendere l’attività, verrebbero applicate le misure esecutive previste dalla legge, come l’irrogazione di sanzioni o – in ultima analisi – la chiusura della struttura.

A parte la questione della mancanza della licenza di attività, un rapporto pubblicato dal Servizio di Prevenzione, Antincendio e di Soccorso dei Vigili del Fuoco di Barcellona ​​giunge alla conclusione che gli impianti non sono conformi alle norme di sicurezza e di prevenzione incendi.

Secondo il rapporto, oggi non si dispone di un piano di emergenza che risponda ai requisiti essenziali per la sicurezza dei detenuti e del personale del CIE.

Dalla piattaforma CIE Tanquem – che riunisce le organizzazioni come SOS Razzismo, Migra Studium, Cerramos los CIE e il centro Iridia per la difesa dei diritti umani – è stato emanato un comunicato che esprimeva soddisfazione per il fatto che figure politiche di varie istituzioni, come il Parlamento della Catalogna e lo stesso Comune di Barcellona, tra gli altri, sostenessero la chiusura del CIE “non fermandosi a dichiarazioni simboliche ma intraprendendo azioni concrete in questa direzione“, mentre si rallegrava che “le autorità pubbliche assumano come priorità la responsabilità di difendere i diritti umani e, quindi, utilizzino tutti i mezzi a loro disposizione per prevenirne le violazioni“.

Ricorda inoltre che, al di là “delle questioni della licenza commerciale o delle violazioni della sicurezza” il CIE “non può riaprire, perché è un luogo in cui vengono violati i diritti umani, che criminalizza i migranti e li priva della libertà.

D’altra parte, poche ore prima che fosse reso pubblico che Comune avrebbe tutti i mezzi legali per fermare la riapertura del CIE Zona Franca, il Sindaco di Greuges, Rafael Ribó, in una apparizione davanti ai media, ha spiegato di avere intrapreso una nuova investigazione ufficiale – la decima negli ultimi anni – per scoprire se gli impianti soddisfino le condizioni per essere aperti a breve, come l’amministrazione statale insiste a voler fare.