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Il Covid-19 a Calais

Notizie in quarantena dalla frontiera franco-inglese

Photo credit: Care4Calais (Calais, Francia Aprile 2020 Una bambina in un accampamento di Calais in condizioni terribilmente malsane, durante l'epidemia di coronavirus)

A Calais non esiste la normalità. Le persone dormono nei cespugli o in qualche tenda tra gli alberi, si svegliano con in corso un’operazione di espulsione da un terreno melmoso e disabitato, corrono la notte per salire sui camion diretti forse in Inghilterra e le sole cose da mangiare sono fornite dalle associazioni di volontari.

Non è la vita reale, è un sacrificio in attesa di qualcos’altro.

In questo momento che per il resto del mondo è eccezionale, di quarantena e obblighi di restare in casa, di regole da seguire che mai prima avremmo immaginato, a Calais invece tutto continua nella sua anormalità quotidiana.

Le autorità, quindi CRS (Compagnies républicaines de sécurité ) e Gendarmerie, continuano a respingere i migranti dal centro storico verso le periferie della città, dove si trovano ancora diversi accampamenti.

Li’, dove non ci sono testimoni, o quasi, gli atti di violenza e gli abusi da parte delle forze dell’ordine sono ricorrenti, cosi come le espulsioni e diverse forme di discriminazione. Per esempio, la polizia «disperde la folla» in coda durante la distribuzione del cibo lanciando lacrimogeni, rilascia gas lacrimogeno in piena notte in mezzo alle tende in modo da contaminare cibo, coperte e utensili e sveglia a colpi di manganello i ragazzi mentre dormono.

Come se non bastasse, l’autobus di linea ha smesso di effettuare la fermata più vicina a uno degli accampamenti. Nonostante ci siano ragazzi che aspettano, l’autista continua il suo tragitto senza fermarsi.

Tra le autorità e le associazioni sul campo, molte delle quali continuano a distribuire i pasti e fornire accesso all’acqua potabile (nonostante lo Stato non abbia fornito sapone), non corre buon sangue. La Prefettura ha stabilito dei limiti come la «distribuzione prettamente umanitaria», rendendo di fatto proibita la presenza di volontari osservatori del rispetto dei diritti umani. Multe e controlli sono all’ordine del giorno.

In questo momento a Calais si contano circa 1.500 persone migranti, tra cui più di 150 minori, ferme a una delle frontiere più difficili e chiuse d’Europa.

Lo Stato ha organizzato delle operazioni di «mise à l’abri», ovvero alcune persone vengono caricate sugli autobus da Calais e Grand Synthe per essere portate in un centro di accoglienza altrove. Questo tipo di operazioni sono ricorrenti a Calais, solitamente fanno parte della strategia del governo per allontanare i migranti.

Sono sempre le associazioni rimaste a preoccuparsi di informare i ragazzi migranti riguardo al Covid-19.

La prevenzione non sembra essere affare dello Stato: qualche cartello è stato appeso nei punti di distribuzione del cibo, ma vista la rapidità del servizio non sono di facile accesso. Alcune associazioni si sono quindi date per missione di informare le persone ma anche di segnalare potenziali casi di Covid, e di casi sospetti ce ne sono.

Anche a Grand Synthe la situazione non è cambiata nell’ultimo mese di quarantena. Ci sono tra le 400 e 600 persone, tra le quali un centinaio di minori. L’accesso all’igiene e ai servizi sanitari è estremamente scarso : la maggioranza dei migranti, tra cui diverse famiglie, donne incinte e bambini vive in un magazzino abbandonato. Un centinaio di persone dorme nei boschetti circostanti. Sono le associazioni a fornire un po’ d’acqua e generi alimentari, e a testimoniare ancora una volta delle violenze quotidiane commesse su queste persone.

La situazione attuale porta con sé tensioni e difficoltà che si aggiungono all’instabilità permanente, l’incertezza del futuro delle persone che vivono la migrazione.

In questo momento migranti e migrazioni sono spariti dai discorsi ufficiali, rimpiazzata dall’onnipresente Covid-19. Sembra che la vecchia «emergenza migratoria» sia bloccata da qualche altra parte, tra la Turchia e la Grecia, forse.

Nel Mare del Nord, in quel mare che si vede dalla spiaggia di Calais, nella notte tra il 16 e il 17 aprile sono state identificate e soccorse diverse imbarcazioni di migranti, di cui una con a bordo otto bambini.

Quando nel resto del pianeta il mondo si è (quasi) fermato, in ricerca di protezione, le frontiere restano porose e i trafficanti continuano il loro business sulla pelle di chi intraprende la sfida violenta della migrazione, in cui solo alcuni sopravvivono.

Linda Bergamo

Linda Bergamo

Una grande passione per l’Afghanistan mi ha portato a far parte dell'Associazione Cisda ONLUS in sostegno alla Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA).
In parallelo a un Dottorato di ricerca all’Università di Grenoble, lavoro come operatrice sociale con le vittime di tratta degli esseri umani per sfruttamento sessuale.