Giovedì 5 agosto il tribunale civile di Caltanissetta esaminerà i ricorsi
presentati dagli avvocati dei 22 naufraghi salvati dalla nave tedesca Cap Anamur
e deportati in Ghana dopo che la Commissione centrale aveva prima concesso
e poi revocato la raccomandazione alla Questura di Caltanissetta per il
rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Pochi giorni fa il Tribunale di Roma ha accertato che le autorità italiane, espellendo
altri 13 naufraghi della Cap Anamur, hanno agito ” con troppa fretta violando
il diritto ad una completa analisi della richiesta di asilo e ad una equa
procedura”.
Intanto in Sicilia continuano gli sbarchi e le deportazioni di profughi ai
quali viene negato l’accesso alla procedura di asilo. Questi profughi provenienti
dall’eritrea, dal Sudan, e da altre martoriate regioni africane, sono trasferiti
con procedure sommarie verso i centri di detenzione amministrativa, insieme
ad altri migranti economici, in Calabria ed in altre parti d’Italia, come conseguenza
della mancata adozione dei regolamenti di attuazione della legge Bossi Fini
e dei ritardi nella emanazione dei decreti flussi per gli stagionali.
Anche l’ACNUR ha denunciato le irregolarità commesse dal governo italiano
nelle procedure di respingimento e di accompagnamento in frontiera dei richiedenti
asilo sbarcati dalla Cap Anamur.
Tocca adesso al Tribunale di Caltanissetta riconoscere i diritti di difesa
e di asilo, oltre che di un giusto processo, finora negati dalle autorità
italiane.
Questo riconoscimento potrà avvenire, in base alla vigente legislazione,
anche se i profughi sono stati già rimpatriati, altrimenti la misura del
rimpatrio coatto realizzato con grande fretta dal governo, si troverebbe
in contrasto violento con quanto riconosciuto dalla Corte Costituzionale
con la sentenza n. 222 di poche settimane fa. I diritti di difesa vanno
riconosciuti a tutti, cittadini e migranti, in modo effettivo e non solo
“cartaceo”, ed anche dall’estero deve essere possibile fare valere le proprie
azioni.
Il 2 settembre la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo valuterà
l’operato delle autorità italiane, anche alla luce delle risultanze documentali
emerse nei procedimenti in corso davanti alla magistratura. Non sarà più
possibile nascondere le carte, come è stato fatto finora. Molto probabilmente
potrà dimostrarsi l’esistenza di un vero e proprio respingimento collettivo,
basato su una incerta attribuzione di nazionalità, senza alcuna certezza
sulla effettiva identità degli espulsi. Si è persino rimpatriato in Ghana un
cittadino della Sierra leone, paese dal quale provengono profughi di guerra
normalmente ammessi all’asilo umanitario.
I tentativi di depistaggio, gli ostacoli burocratici, la negazione della
presenza dei richiedenti asilo agli stessi avvocati di fiducia, ed infine
il loro allontanamento forzato, non devono fermare i controlli di legalità
da parte della magistratura, controlli da esercitare in tutte le direzioni
per salvaguardare i principi fondanti lo stato di diritto.