Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Cittadinanza per matrimonio – Applicabile il termine di 6 mesi alle domande presentate prima dell’entrata in vigore della legge 94/2009

a cura dell'Avv. Alessandra Ballerini

Il Tribunale di Genova annulla il decreto prefettizio che rigettava la richiesta di cittadinanza della ricorrente, cittadina ecuadoriana coniugata con cittadino italiano, presentata anteriormente alle modifiche introdotte dalla l. 15 luglio 2009, n. 94, e per l’effetto accerta in via autonoma lo status civitatis della stessa ai sensi dell’art. 5, l. 5 febbraio 1992, n. 91.

Il Tribunale di Genova, con sentenza depositata il 29.02.2012, n. 801 (R.G. n. 14615/2010, Cron. 29) ha annullato il provvedimento di diniego della richiesta avanzata dalla ricorrente in data 15.05.2009 alla Prefettura di Genova e dichiara che la stessa è cittadina italiana.

La sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa al momento della presentazione della richiesta, ovvero la residenza in Italia di 6 mesi successivi alla celebrazione di matrimonio con cittadino italiano, non legittimava il rigetto in base alla lex posterior che, in materia, ha esteso a 2 anni il requisito temporale citato.

La ricorrente vantava infatti già al momento della presentazione della richiesta un diritto soggettivo ad essere dichiarata cittadina, e pertanto il diritto applicabile non poteva che essere quello in vigore in tale momento, in cui il diritto si è formato e cristallizzato definitivamente e la normativa successiva non poteva così incidere retroattivamente, non prevedendo espresse deroghe al principio generale della non retroattività (principio già chiarito, del resto, dallo stesso Ministero dell’Interno con Circolare n. 5377 del 31 agosto del 2008).

Il potere discrezionale dell’amministrazione si esaurisce, in tema di acquisto della cittadinanza del coniuge di cittadino italiano, allo scadere del termine previsto ex lege per la conclusione del relativo procedimento, oggi di due anni. Da ciò discendendo che, come già chiarito dalla Suprema Corte a sezioni unite (Sentenza n. 1000 dd. 27 gennaio 1995), « il diritto del coniuge affievolisce ad interesse legittimo solo in presenza dell’esercizio da parte delle P.A. del potere discrezionale di valutare l’esistenza di motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica che ostino a detto acquisto, con la conseguenza che una volta precluso l’esercizio di tale potere, a seguito dell’inutile decorso del termine previsto per la conclusione del procedimento […], sussiste il diritto soggettivo all’emanazione dello stesso per il richiedente che può adire il giudice ordinario per far dichiarare, previa verifica dei requisiti di legge, che egli è cittadino ».

Il diritto soggettivo all’acquisto della cittadinanza sorge dunque sia nel caso che la P.A. ometta di provvedere nel termine di due anni sia in quello che essa decida di rigettare la richiesta per motivi diversi da quelli inerenti alla sicurezza della Repubblica.