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Il divieto dello straniero irregolare di contrarre matrimonio al vaglio della Corte Costituzionale

Il Giudice di Pace di Trento sospende il procedimento procedimento espulsivo a carico di una cittadina cilena cui erano state impedite le pubblicazioni di matrimonio e rinvia gli atti alla Corte Costituzionale.

Una cittadina cilena, priva di titolo di soggiorno, si è vista negare il diritto a contrarre matrimonio con cittadino italiano in virtù del proprio status di irregolare. Come è noto, con la Legge 94/2009 il Legislatore italiano ha introdotto, il reato di clandestinità, contenuto nell’art 10 bis d.LGS 286/98 ed ha altresì modificato l’articolo 116 del codice civile e l’art. 6 comma 2 e 3 del D.lgs. n. 286/98, prevedendo l’obbligo di richiedere l’esibizione dei documenti attestanti la regolarità del soggiorno del cittadino straniero al fine di celebrare il matrimonio e di consentire le pubblicazioni.

In sede di ricorso avverso l’espulsione la ricorrente ha sollevato questione di legittimità costituzionale che è stata accolta dal competente Giudice di Pace il quale ha rimesso alla Corte Costituzionale questione di legittimità costituzionale ex art. 23 della Legge n 87 del 1953 per i seguenti articoli:

– art 10 bis D.lgs 286/1998, introdotto con Legge 94/2009 nella parte in cui non prevede la sospensione del procedimento di espulsione a carico del cittadino straniero irregolare per esercizio del diritto a contrarre matrimonio;

– art 116 codice civile come modificato dalla Legge 94/2009, nella parte in cui subordina il diritto a contrarre matrimonio all’esibizione del nulla osta e del titolo di soggiorno;

– art 6 c 2-3 del D.lgs 286/98 nella parte in cui non prevede la così detta clausola del giustificato motivo, la quale comporterebbe l’ esclusione dell’obbligo di esibizione del titolo di soggiorno per prevalente esercizio del diritto a contrarre matrimonio.

Il giudice a quo pone in evidenza la natura di diritto fondamentale del diritto a contrarre matrimonio, e pertanto, ne sottolinea il carattere di universalità, ricordando come tale diritto possa essere esercitato indipendentemente dalla regolarità del soggiorno e dalla cittadinanza. Il giudice remittente ricorda in particolare come la versione precedente all’entrata in vigore della Legge 94/2009 dell’art 116 codice civile comma 1, richiedendo il solo nulla osta al matrimonio, rispondesse pienamente alla necessità di tutela dell’ordine pubblico. L’attuale versione del citato articolo 116 del codice civile comporta invece una esplicita violazione, in contrasto con le norme costituzionali, della tutela del diritto umano fondamentale a contrarre matrimonio in favore di un eccesso nella tutela dell’ordine pubblico in violazione di norme sovraordinate. I citati articoli di legge si pongono infatti, così come oggi formulati , stante la remissione del giudice a quo, non solo in pieno contrasto con gli articoli degli art 2,3,29 Cost., ma anche con l’art 117 comma 1 Costituzione, questo ultimo per violazione degli articoli 8, 12 Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La tutela del diritto a formare una famiglia e a contrarre matrimonio, così come l’ingerenza della pubblica autorità a favore dell’ordine pubblico sono disciplinati dagli art 8 e 12 della CEDU, l’art. 12 della Convenzione Europea su Diritti dell’Uomo stabilisce in particolare che: “uomini e donne in età adatta hanno diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l’esercizio di tale diritto”. L’art. 8, secondo comma, della CEDU indica quali debbano essere i limiti all’ingerenza da parte dello Stato nell’esercizio a formare una famiglia stabilendo che: “non può esservi ingerenza della Pubblica Autorità nell’esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, il benessere economico del Paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui”.

Ordinanza del Giudice di Pace di Trento n. 680 del 16 giugno 2010

Commento a cura della dott.ssa Claudia Pretto, ASGI Trento