Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
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da Il Manifesto del 5 giugno 2004

Il mercato degli invisibili di Orsola Casagrande

La chiave di lettura dell’interessante volume curato da Francesca Coin – Gli immigrati, il lavoro, la casa. Tra segregazione e mobilitazione (Franco Angeli, pp. 208, € 17) – è offerta dalla stessa autrice nelle prime righe della sua introduzione: «La logica di fondo delle attuali politiche migratorie è la necessità di inferiorizzare i popoli e i lavoratori del sud del mondo. Una inferiorizzazione che non è il frutto causale di sfortunate congiunture economico-politiche su scala mondiale. Ma che è al contrario centrale per il primato economico e politico dell’Occidente». Una inferiorizzazione che legittima «la diseguale distribuzione delle risorse umane e naturali mondiali» mutando nel tempo solo nelle forme e nei modi di attuazione: «attraverso legislazioni schiavistiche e modelli sociali di brutale segregazione e apartheid durante il colonialismo storico» e oggi «creando le condizioni per lo sfruttamento differenziale intensivo ed estensivo dei lavoratori immigrati» attraverso «politiche di segmentazione del mercato del lavoro e forme più soft di segregazione residenziale e sui luoghi di lavoro». Da questa premessa condivisa si confrontano e si parlano i vari saggi che compongono il libro e che sono stati affidati a ricercatori e operatori come, tra gli altri, Pietro Basso (direttore del master sull’immigrazione dell’università di Venezia), Paolo Attanasio (consulente del comune e dell’osservatorio sull’immigrazione di Bolzano), Paola Somma (docente di urbanistica). Contibuti che arrivano a dimostrare come la condizione abitativa e lavorativa dei cittadini stranieri in Italia sia contrassegnata nel suo insieme dai tratti negativi della segregazione e della discriminazione.

Il testo è scandito in due parti: la prima dedicata al lavoro, la seconda alla casa. Sulle attuali condizioni di discriminazione e segregrazione degli immigrati in Italia Coin tiene a precisare come non dipendano «né da politiche `sbagliate’ o contingenti, né tantomeno dalla `naturale inclinazione’ degli immigrati per lavori di bassa manovalanza». L’inferiorizzazione dello straniero nasce dalla «necessità sistemica di ostacolare l’organizzazione economica, politica e sociale degli immigrati in Occidente allo stesso modo in cui, durante il colonialismo storico, essa era finalizzata a ostacolare l’organizzazione economica, politica e sociale dei nativi americani e dei messicani su quella che era stata la `loro’ terra».

Questo continuo rimando alla natura storica dell’inferiorizzazione è importante per Coin per leggere ciò che sta avvenendo oggi in Italia e non solo. La «valenza politica dell’immigrazione – scrive – dipende dal fatto che la presenza degli immigrati nel `discorso pubblico’ del centro evidenzia di per se stessa secoli di abusi, segregazione, sfruttamento e ‘negazione’ dei diritti e dei bisogni umani delle popolazioni del sud del mondo». In altre parole, l’immigrazione e i cittadini stranieri sono la «prova vivente dell’esistenza parallela e simbiotica di un mondo strangolato sulle cui spalle prospera un altro mondo opulento, di un mondo affamato su cui ingrassa un altro mondo che già `soffre’ di obesità».

E’ per questo, allora, che anche le più piccole rivendicazioni dei cittadini stranieri vanno a minare «le fondamenta stesse su cui poggia l’intero sistema dell’economia di mercato». Chiedere un lavoro tutelato come quello dei lavoratori autoctoni è la dirompente denuncia della «divisione internazionale del lavoro» e della presenza, oggi come ieri, di padroni e schiavi. Chiedere una casa vuol dire denunciare «l’appropriazione da parte dell’Occidente delle `case’ di tutto il mondo». Chiedere il permesso di soggiorno per tutti significa denunciare «il diritto istituzionalizzato delle elite occidentali al controllo economico-politico delle periferie mondiali». E’ per questo, dunque, che la «visibilità politica» degli immigrati in Occidente è «densa di pericoli per la tenuta dell’economia di mercato».

Si parla molto nel libro dei «nuovi schiavi», un sistema istituito a Schenghen (come sostiene il sociologo Valter Zanin). Basso dimostra che la produzione intenzionale di «clandestini» e le politiche italiane ed europee punitive e repressive nei confronti dei lavoratori migranti sono parte integrante (anzi sperimentazioni sulla pelle di questi «non cittadini» immigrati) delle politiche del lavoro degli ultimi vent’anni. La discriminazione sulla casa è l’altra faccia di una stessa medaglia. Per Coin «solo l’iniziativa degli stessi immigrati e di quegli organismi autoctoni o misti che ne sostengono le aspettative» può spingere verso una «emancipazione delle popolazioni immigrate». Interventi che possono rappresentare un modello perché dimostrano che la solidarietà spontanea tra lavoratori del nord e del sud del mondo, nonostante gli attacchi, resiste.