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Il “modus operandi” dei trafficanti di migranti

Belén Domínguez Cebrián, El País - 17 maggio 2016

Sappiamo tutti che i rifugiati si rivolgono alle organizzazioni criminali per cercare di raggiungere il territorio europeo, e sappiamo che lo fanno in Turchia e in Libia, le due rotte più praticate e che più di 209.707 hanno utilizzato durante i primi mesi del 2016.

Mentre meno conosciuto è l’itinerario che hanno percorso più di un milione di migranti e rifugiati attraverso l’Africa, l’Asia e il Medio Oriente per raggiungere quei luoghi. Schiavitù, violenza, fame, sete, fatica, malattie e tutta un’altra serie di “atti deplorevoli”, secondo Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne, sono alcuni drammi che vivono i migranti prima di attraversare da sud a nord il Mediterraneo.

Frontex rivela nella sua pagina web il modus operandi delle decine di organizzazioni criminali che guadagnano sfruttando questa tragedia umana. Si stima che nel 2015 i trafficanti abbiano ricavato un utile di 4 miliardi di euro, i quali vengono reinvestiti per l’acquisto di armi e droga. Il viaggio che i migranti devono percorrere per arrivare in Turchia o in Libia – dove le organizzazioni criminali fanno cosa vogliono, il più delle volte in alleanza con milizie e gruppi locali che sequestrano le donne e le violentano – è lungo. “Molti trafficanti, inoltre, costringono i migranti (minacciandoli con le armi) a salire su barche di dubbia resistenza, visto il sovraccarico di persone. Il barcone, perciò, affonda e quelli che vi viaggiavano sopra annegano in mare o asfissiati sottocoperta, intrappolati vicino al motore senza un filo d’aria, afferma l’agenzia. Solamente nel 2015, 154.000 persone hanno attraversato il Mediterraneo compreso tra Libia e Italia, e 18.696 nel primo trimestre del 2016.

Varie tappe

Dall’Afghanistan alla Turchia i migranti devono percorrere un lungo cammino. Pakistan, Iran, Iraq e Siria, per un totale di 4.084 chilometri. Mentre nel caso africano, le distanze sono inimmaginabili: dal Mali alla Libia, o, peggio ancora, dalla Somalia alla costa del Maghreb ci sono 7.042 chilometri di distanza, quasi come quella che separa Madrid da La Habana (Cuba). “È impossibile calcolare quanta gente sia morta in questo tragitto”, afferma Frontex per avvisare dei pericoli che comporta la traversata del deserto del Sahara.

Le organizzazioni criminali sono solite operare nelle città e contattano solo coloro coi quali condividono la nazionalità – e la lingua -, secondo un video caricato da Frontex nella sua pagina web. I trafficanti, inoltre, sfruttano l’enorme raggio d’azione che hanno i social network: il video mostra varie pagine facebook utilizzate come “agenzie di viaggio”. Khartum, in Sudan, diventa una specie di hub africano dove confluiscono i migranti che arrivano dalla Somalia e dall’Eritrea, nel Corno d’Africa. Là viene effettuato il pagamento al primo gruppo di trafficanti di uomini che prometterà a queste famiglie disperate una vita migliore sull’altra sponda del Mediterraneo. Li trasferiranno in Libia.

Lo stesso succede ad Agadez, Niger, l’altro centro operativo nell’Africa occidentale. Là arrivano le migliaia di ivoriani, ghanesi, nigeriani e maliani che sperano di trovare nuove opportunità in Europa. Tutti condividono lo stesso destino: la Libia, dove viene effettuato un secondo pagamento per poter imbarcarsi su dei gommoni sovraffollati e rischiare la vita in alto mare per arrivare in Italia, dove i migranti sperano infine di proseguire il loro cammino verso il cuore dell’Unione Europea.